Quanto accaduto in occasione della visita di Renzi a Messina sabato 22 ottobre ci impone il dovere di non stare zitti, per il rispetto che abbiamo nei confronti dei nostri lettori e ascoltatori e per il rispetto che merita la nostra professione.
In entrambi gli eventi in programma, la firma del Patto per Messina all’Università ed il comizio del premier al Palacultura, l’accesso agli operatori dell’informazione è stato organizzato in modo tale da IMPEDIRE e vietare in qualsiasi modo il contatto diretto dei giornalisti con il premier. Non soltanto non è stata organizzata alcuna conferenza stampa, né è stato consentito ai giornalisti di avvicinarsi a Renzi, ma, in entrambi gli eventi, la stampa è stata appositamente relegata il più lontano possibile dal presidente, fotografi ed operatori tv compresi, alla stregua di appestati, contestatori o portatori sani di domande inopportune.
Nell’Ateneo addirittura i giornalisti sono stati separati dai cameraman e costretti a seguire in un’altra sala, al piano di sopra, in streaming, quanto stava accadendo nell’Aula Magna, impedendo così l’accesso diretto al luogo dove si stava svolgendo la cerimonia. Fotografi e cameraman, per impedire anche a loro qualsiasi contatto ravvicinato, sono stati allocati in fondo all’Aula Magna, rendendo disagevole il loro lavoro. Nessuno è stato fatto uscire dall’Ateneo fin quando il premier non era già “sano e salvo” e al riparo da “incursioni” giornalistiche, al Palacultura.
Anche lì la situazione non è stata così diversa: i giornalisti sono stati relegati al piano superiore, senza che alla stampa fossero stati riservati uno spazio o posti a sedere. L’indicazione dell'organizzazione nazionale è stata: accomodatevi al piano superiore e non spostatevi di là. Persino quanti, tra fotografi e cameraman, si sono azzardati ad avvinarsi al palco, sono stati riportati alle postazioni originarie. Alcuni giornalisti, con tanto di pass a vista, entrati dalla porta al fianco rispetto a quella destinata al comizio, sono stati bloccati dagli addetti alla sicurezza e costretti a tornare indietro e a rifare la fila insieme al pubblico che assisteva al comizio, nonostante avessero precedentemente già fornito i propri riferimenti e fossero stati identificati.
Anzi, la differenza con il pubblico “plaudente” è stata proprio questa: gli unici identificabili erano proprio i giornalisti per via dei pass rilasciati dopo l’accredito. Viene da pensare che evidentemente gli accrediti sono stati richiesti per rendere la stampa “visibile” e quindi renderla “innocua”. Paradossalmente se, invece di un microfono o di un taccuino, avessimo avuto un pomodoro, un mitra o un telefono per fare un selfie, avremmo avuto più possibilità di accesso.
In entrambi gli eventi i giornalisti, che di norma vengono forniti di lasciapassare per meglio ottemperare al proprio dovere, non hanno potuto seguire le manifestazioni neanche alla stregua del “pubblico plaudente”. La stampa è stata volutamente discriminata rispetto a chiunque altro si sia portato in qualità di spettatore nei due contesti che hanno visto la presenza del Premier. Ci chiediamo il perché di questa allergia alla stampa. Di questa intolleranza alle domande dei giornalisti.
Fatto ancora più increscioso, è stata concessa una sola intervista in esclusiva del Presidente del Consiglio e non alla Rai, ma ad un’emittente televisiva locale. Un botta e risposta di alcuni minuti, evidentemente concordato e non certamente casuale e improvvisato, come si evince dal video trasmesso dalla stessa emittente.
Ci chiediamo come abbia fatto a superare i controlli degli addetti alla sicurezza e dell’ufficio stampa, che invece ha relegato i colleghi sui gradini del piano superiore del Palacultura. Ci chiediamo quali criteri siano stati adottati per la scelta di una sola emittente locale. E’ stata estratta a sorte? C’è un’affinità zodiacale col premier? Come da codice deontologico abbiamo rispettato le regole che l’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio e dell’organizzazione ci hanno dettato, ma a quanto pare la nostra correttezza è stata scambiata per dabbenaggine.
Se è questo il concetto di libertà di stampa, di diritto all’informazione che ha il Pd e questo governo, ce ne dogliamo, ma non intendiamo alle prossime manifestazioni far da “pubblico plaudente”, né fare da megafono a dichiarazioni rese sul palco senza contraddittorio.
Siamo consapevoli che questo non turberà i sonni del Presidente del consiglio, ma lo dobbiamo ai nostri lettori ed ascoltatori e lo dobbiamo anche al rispetto della nostra professione che, sia pure dalle “periferie dell’impero”, dalle piccole realtà di provincia, ci vede impegnati ogni giorno per raccontare la verità. E la verità non si racconta solo mandando lo streaming di un monologo, ma facendo domande.
Messina, 24 ottobre 2016
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