Non è un buon periodo per la Stu Tirone. La società che vede il Comune socio al 30 per cento e altre imprese private dividersi le restanti quote, nata per la riqualificazione (da alcuni ritenuta in realtà una speculazione edilizia) dell’area del Tirone, deve fare i conti con nuovi problemi sorti su fronti diversi. Dei dubbi espressi dall’ingegnere capo del Genio Civile Gaetano Sciacca avevamo già detto nelle settimane scorse: di fatto la conferenza dei servizi tenutasi poco prima di Natale ha “stoppato” il primo stralcio del più ampia programma di intervento proposto dalla Stu. In quella sede si discuteva della palazzina di otto piani destinata ad edilizia residenziale pubblica, sopra la quale, in una seconda fase, sarebbe dovuto sorgere un centro commerciale, con “affaccio” su via Pascoli. Un progetto che, secondo Sciacca, è da ritenere «uno stralcio funzionale di un progetto generale. Pertanto, è necessario che prima venga redatto un progetto generale almeno di livello definitivo per acquisire su questo il parere». Senza contare i dubbi più ampi «tutte le opere di contenimento prevedono interventi invasivi in suoli sottostanti fabbricati privati esistenti, realizzati in epoche diverse e con diverse tipologie strutturali, con possibile preclusione di interventi di recupero sul tessuto edilizio esistente. Manca anche uno studio costi-benefici che evidenzi la convenienza economica dell’intervento per la parte pubblica rappresentata dal Comune». Insomma Sciacca, come è suo costume, dice molto e anche di più.
L’altro problema, non da meno, sorto in seno alla Stu riguarda il partner privato che detiene la fetta più importante della torta, il 30 per cento della quote: è la Demoter di Carlo Borella, che è stata posta in liquidazione. La società è al centro di un’inchiesta della Procura, Borella è indagato per favoreggiamento nell’ambito dell’operazione Sistema II (anche se lui ha negato di aver ricevuto richieste di estorsione) e, soprattutto, la Prefettura avrebbe negato alla ditta la conferma del certificato antimafia. Il che impedisce alla Demoter di avere qualsivoglia rapporto con gli enti pubblici, compreso il Comune. Va da sé, dunque, che quel 30 per cento andrà rimesso sul mercato. Ne ha fatto un breve cenno in consiglio comunale Giuseppe Melazzo, dell’Udc: «Alcune settimane fa – ha detto – nel corso della discussione relativa alla società di trasformazione urbana del Tirone, il sottoscritto aveva fatto richiesta di sospendere la trattazione della proposta in attesa di conoscere se i soci risultassero muniti di certificazione antimafia. L’Aula rigettò quella richiesta di sospensione. Il presidente si era tra l’altro impegnato ad avanzare richiesta presso i competenti uffici per avere notizie sulla certificazione antimafia di cui dovrebbero essere dotati tutti i soci con cui il Comune “fa affari”. Purtroppo, traiamo da notizie di stampa quelle risposte che abbiamo invano atteso dall’ufficio di presidenza».