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Il Quartetto d’archi della Scala incanta il pubblico del Palacultura

MESSINA – Un altro prestigioso Quartetto d’archi, dopo il Kelemen Quartett, esibitosi domenica scorsa per la Filarmonica Laudamo, ha entusiasmato il pubblico del Palacultura, questa volta per la stagione musicale delle Associazioni musicali riunite Accademia Filarmonica. V. Bellini.

Si è trattato del Quartetto d’archi della Scala, composto dalle prime parti dell’Orchestra della Scala di Milano, – Francesco Manara, Daniele Pascoletti, violini; Simonide Braconi, viola; Massimo Polidori, violoncello – integrato, nella seconda parte del programma, dal primo clarinettista della Scala – Fabrizio Meloni – per un concerto di altissimo pregio, sia per la scelta dei brani, due sublimi capolavori della musica da camera, sia per la perfetta esecuzione da parte di questi eccellenti artisti.

Il concerto è iniziato con uno dei capolavori cameristici di Dmitry Shostakovich; II Quartetto n. 8 in do minore Op. 110. Shostakovich rappresenta probabilmente, insieme a Bela Bartok, il massimo rappresentante della musica da camera, e del quartetto d’archi in particolare, del Novecento. II Quartetto in do minore fu composto nel 1960 in occasione di un viaggio a Dresda, ove il musicista era stato inviato dal regime sovietico per comporre le musiche per il film “Cinque giorni-cinque notti”. Impressionato alla vista della bellissima città tedesca completamente distrutta dai bombardamenti anglo americani, il compositore russo trasmise tutto il suo dolore in questo capolavoro, che infatti reca la dedica “In ricordo delle vittime del Fascismo e della guerra”. Tutto il Quartetto è pervaso da una profonda e lacerante angoscia, i movimenti lenti – i due “Largo” finali in particolare – hanno un carattere funebre, e lo stesso Shostakovich affermò che mentre scriveva quello che un suo amico definì il suo epitaffio funebre, non poteva trattenere le lacrime.

Tutta la lugubre tensione del Quartetto è stata resa in maniera magistrale dai musicisti della Scala, che hanno mostrato, tra l’altro, un perfetto affiatamento. Quasi a spezzare l’atmosfera angosciante della musica di Shostakovich, il complesso d’archi ha poi eseguito il Quartetto per archi “Rimedi per l’anima”, del musicista contemporaneo Nicola Campogrande, un brano brillante, dalle tipiche connotazioni novecentesche, ove il ritmo forsennato, le dissonanze, le arditezze armoniche prendono il sopravvento sull’elemento melodico pur mantenendosi nell’ambito della tonalità. L “Allegretto” iniziale è caratterizzato da un tema energico, fortemente ritmato, con abbondante uso del pizzicato.

Il secondo movimento “Andante”, misterioso e carico di tensione, precede l’”Allegro” conclusivo, una sorta di moto perpetuo dal ritmo vertiginoso, senza tregua fino alla fine. La seconda parte della serata è stata dedicata interamente al Quintetto in Si Minore op. 115 per clarinetto e quartetto d’archi di Johannes Brahms. Al pari di Mozart, Brahms amava particolarmente il clarinetto, grazie anche alla conoscenza di Richard Muhlfeld, celebre clarinettista dell’epoca. A questo strumento Brahms dedicò preziose pagine di musica da camera, composte tutte negli ultimi anni della sua parabola compositiva: il Trio per clarinetto, pianoforte e violoncello Op. 114, le due Sonate per clarinetto e pianoforte Op. 120, e il celeberrimo Quintetto in Si Minore op. 115 per clarinetto e quartetto d’archi. Degno erede dello straordinario Quintetto di Mozart – l’altro grande capolavoro composto per quest’organico – è universalmente riconosciuto dalla critica come un sommo capolavoro, un “Miracolo di purezza…le ultime parole di quel lungo diario intimo che è la musica da camera brahmsiana” (Mila).

Il primo movimento “Allegro”, in forma sonata, si distingue per la bellezza melodica dei temi principali, sviluppati in maniera assai libera; splendido il secondo movimento ”Adagio”, un lied dal carattere estremamente lirico, ove il clarinetto può sfoggiare tutte le sue possibilità espressive; dopo il breve “Andantino – Presto non assai, ma con sentimento”, il Quintetto si conclude con il quarto movimento “Con moto”, un meraviglioso tema enunciato dagli archi, al quale seguono delle magistrali variazioni, ognuna tesa a turno a mettere in risalto uno strumento.

Impeccabile l’esecuzione dei solisti della Scala, e in particolare del clarinettista Fabrizio Meloni, protagonista di una performance eccellente, interprete raffinato della partitura di Brahms, della quale ne ha restituito mirabilmente il respiro tenero e tragico ad un tempo. Sublime il bis offerto, il secondo movimento “Larghetto” dal Quintetto per clarinetto K 581 di Mozart, un brano di purissima ispirazione, un vero balsamo per l’anima, un momento di estasi, che questi straordinari musicisti hanno voluto donare ad un pubblico letteralmente entusiasta.