Il Quartetto Werther, interessante gruppo formato da talentuosi giovani musicisti – Misia Jannoni Sebastianini, violino; Martina Santarone, viola, Simone Chiominto, violoncello e Antonino Fiumara, pianoforte – ha presentato sabato u.s., per la stagione musicale delle Associazioni Musicali Riunite Accademia Filarmonica, V. Bellini, un interessante programma, che ha prima reso omaggio alla celebrazione dell’anniversario del 250° della nascita di Ludwig Van Beethoven, per poi affrontare un difficile brano di musica contemporanea di Aaron Copland, e concludere con uno dei capolavori assoluti della musica composta per questo organico (trio d’archi e pianoforte): Il Quartetto per archi e pianoforte Op. 47 di Robert Schumann. Beethoven, grandissimo compositore sia nel campo del quartetto d’archi che in quello della musica pianistica, curiosamente non ha dedicato la sua eccezionale capacità creativa al quartetto con pianoforte, genere nel quale già Mozart aveva lasciato due capolavori, e che connoterà la parabola artistica di diversi musicisti successivi a Beethoven, quali Schumann e soprattutto Brahms. Anche l’unico Quartetto d’archi con pianoforte da lui composto, è in realtà una rielaborazione di un Quintetto giovanile per quattro strumenti a fiato e pianoforte, Op. 16, brano senza troppe pretese, lontano dal grande capolavoro per lo stesso organico composto da Mozart (K 452). Beethoven, evidentemente, non trovò ispirazione nel comporre brani per organici “contaminati”, prediligendo il quartetto d’archi puro. Il brano, in quattro movimenti – Grave, Allegro ma non troppo; Andante cantabile; Rondò – eseguito con maestria dai giovani musicisti del Quartetto Werther, contiene nondimeno alcune amabili melodie, ed è senz’altro di gradevole ascolto, privo tuttavia di quelle idee rivoluzionarie e profonde che già sono presenti, per es., nella coeva Sonata per pianoforte Op. 13 “Patetica”. Il Quartetto per piano e archi di Aaron Copland, nei tempi Adagio serio; Allegro giusto e Non troppo lento, trae spunto dalla musica dodecafonica della scuola viennese (Schonberg) soprattutto nel primo movimento, mentre nel secondo, dall’andamento fortemente ritmico ed accentuato, è evidente la lezione di Stravinski. Eccellente l’esecuzione da parte del quartetto di questo interessante brano di raro ascolto. Il Quartetto per archi e pianoforte in mi bemolle maggiore Op. 47 di Robert Schumann, al quale è stata dedicata interamente la seconda parte del concerto, è considerato uno dei più riusciti brani cameristici del compositore tedesco e di tutto il romanticismo musicale. Si avverte in ogni momento di questo capolavoro la predilezione di Schumann per il pianoforte, strumento al quale il compositore ha affidato le sue pagine più ispirate. Il Quartetto si articola in quattro movimenti: Sostenuto assai. Allegro, ove si manifesta la fondamentale ascendenza beethoveniana sulla musica di Schumann; Scherzo. Trio I e II, accattivante brano dal carattere misterioso e fantastico; Andante cantabile, il cuore dell’intera composizione, pagina di struggente afflato romantico, vera poesia in musica, di una dolcezza inesprimibile e toccante; Finale, dal carattere impetuoso, ove si possono ravvisare addirittura reminiscenze della Sinfonia Jupiter di Mozart. Molto applauditi i giovani quartettisti, che hanno mostrato un affiatamento fuori dal comune, e notevole sensibilità interpretativa. Un bis dal secondo Quartetto di Faurè, da loro recentemente inciso, ha concluso degnamente la serata.