Cultura e spettacoli

“Quasi amici”: Massimo Ghini e Paolo Ruffini ci insegnano la leggerezza

MESSINA. La pioggia, un parapendio che vola tra i cieli, il vento che aumenta, un tragico incidente e un uomo che, lentamente, si avvicina ad una sedia a rotelle su cui siederà.

Così si presenta, al pubblico del Teatro Vittorio Emanuele, “Quasi amici”. Tratto dal film francese del 2011 (Intouchables) – di Eric Toledano e Olivier Nakache con Francois Cluzet e Omar Sy – il grande successo cinematografico arriva a teatro, grazie alla regia di Alberto Ferrari e ai suoi protagonisti: Massimo Ghini e Paolo Ruffini. Saranno Filippo (Philippe nell’originale cinematografico) e Driss, due uomini tanto diversi, ma uniti da una grande amicizia.

Quasi amici

Così Ferrari descrive la loro storia tra le note di regia: “Due uomini talmente diversi da costituire una teorizzazione dell’antimateria. Due particelle che potrebbero portare a un’esplosione, un annichilimento delle proprie personalità e, invece, avviene il miracolo”.

“Quasi amici” racconta la storia – realmente accaduta – di Filippo (Ghini), un uomo ricco, raffinato, colto, un intellettuale affascinante, costretto a vivere su una sedia a rotelle, divenuto tetraplegico in seguito ad un incidente con il parapendio (quello cui abbiamo assistito a inizio spettacolo). E del suo incontro con Driss (Ruffini), un uomo furbo, forte, sfrontato, che entra ed esce di galera, e che finirà per prendersi cura di Filippo in cambio di benefici assistenziali (nella versione di Ferrari, in particolare, Driss aspira al reddito di cittadinanza).

L’inaspettata amicizia nata tra i due ci mostrerà, però, molto di più su di loro, sulla loro umanità, sulle loro forze e fragilità, in un percorso di formazione, di crescita, nel quale l’uno diviene fondamentale per l’altro.

La regia di Ferrari

La resa teatrale mantiene vivo – al di là del colore della pelle degli attori (il Driss della storia vera è un magrebino alberino e Omar Sy è senegalese) – il senso profondo del loro legame e della sua influenza nel cambiare totalmente le vite di entrambi. Filippo vuole Driss al suo fianco perché Driss non prova pietà per lui, sa ridere di lui, si dimentica della sua sedia a rotelle.

La regia di Ferrari fa forza su queste emozioni, attenzionando minuziosamente la ricchezza di sfumature che caratterizzano entrambi i protagonisti e arricchendosi della potenza di simboli e linguaggi specifici da palcoscenico.

Scenografia

La scenografia, per esempio, è costituita da uno spazio aperto e un piano inclinato che racchiude al suo interno tutti i luoghi della vicenda che si aprono e chiudono, diventando camere da letto, salotto, ristorante.
Sullo sfondo, invece, avviene la magia, grazie all’ausilio tecnico dei video di Robin studio. Immagini e video proiettati sullo sfondo ci trasportano, tra pomeriggi invernali e bellissimi tramonti estivi, da un ambiente all’altro: dall’elegante dimora di Filippo alle notturne vie della città frequentate da Driss; dal museo d’arte pieno di opere (tra Pablo Picasso, Edward Hopper e Andy Warhol) al paesaggio di montagna che i due protagonisti vivranno in volo sul parapendio. 

Era difficile immaginare come trasporre sul palcoscenico alcuni passaggi essenziali del film, ma l’adattamento teatrale non toglie nulla alla storia anzi aggiunge (tra le aggiunte, per esempio, un episodio in cui Filippo sogna di poter camminare).

Geniale la resa scenica del viaggio in macchina tra i due “quasi amici”: due fasci di luce sotto il palco abbagliano il pubblico, ricordando le luci abbaglianti dei fanali automobilistici. Così, questa simbologia efficace funge da espediente narrativo, e tecnico soprattutto, per far salire Ghini nella macchina (rappresentata da due sedili e un manubrio) senza che il pubblico se ne accorga.

L’omaggio a Messina

A dare un tocco in più all’adattamento, sempre fedele al film, è anche l’italianità con cui Ferrari lo arricchisce, rendendolo unico e a noi più vicino. Atmosfere nostrane, battute inedite e nuovi riferimenti – dal Volo ai politici italiani dalle grandi orecchie – aggiungono una verve in più alla narrazione, che diverte senza fermarsi mai dall’emozionare. Non manca neanche l’omaggio alla nostra Messina: alla festa di compleanno di Filippo – uno dei momenti più belli delle pièce, in cui tutti danzano insieme – non può essere assente, infatti, “u pidùni” messinese!

I personaggi

A raccontare la diversità tra Filippo e Driss è, poi, la musica, da grande protagonista. Le sensazioni provate da Filippo sono descritte dalla musica classica, quelle di Driss dalla musica rock, contemporanea (perfino da Tu comm’a mme di Gianni Celeste, il famoso “povero gabbiano”!).

Un’interpretazione intensa quella di Ruffini e Ghini. Ruffini incarna a pieno la bonaria insolenza di Driss, il suo carisma, la sua intelligenza di vita e l’assenza di ogni pietismo. Ghini è impeccabile in un ruolo non facile, in cui deve restare immobile sulla sedia a rotelle muovendo solo la testa, e ci mostra un Filippo ancora più profondo e con un mondo tutto personale da regalare allo spettatore. L’intero cast che li accompagna – formato da Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Alessandra Barbonetti e Diego Sebastian Misasi – preciso, ironico e attento, dà forza ai protagonisti e a tutto lo sviluppo narrativo.

La profondità nella leggerezza

La risata e la leggerezza diventano gli strumenti per scoprire quei due molto più che “quasi amici” e la loro bella storia.

Ridere per comprendere le complessità di questi due uomini, la loro forza e la loro tenerezza. Passiamo dalla risata alla commozione, dall’allegria alla riflessione, negando categoricamente ogni espressione politicamente corretta e ridendo non gli uni degli altri, ma gli uni con gli altri.

Filippo e Driss imparano tanto l’uno dall’altro, e noi da loro. Impariamo la leggerezza, scoprendo come in essa si trovi tanta profondità. E se, inizialmente, abbiamo cercato in Filippo la profondità e in Driss la leggerezza, le cose non stanno soltanto così. È Driss a rivelare la verità: “Filippo, Lei mi ha insegnato a Volare!”.
Volare, non solo su un parapendio, ma volare sulle cose, sulle difficoltà, sui dolori, non per fuggire da essi ma per riuscire ad affrontarli.

Si conclude così il loro cammino, con un senso di libertà, finalmente riconquistato. Anche a noi spettatori sembra di aver compiuto lo stesso volo, portiamo la sua leggerezza nelle nostre vite, la custodiamo, la facciamo nostra, almeno per un po’.

𝑑𝑎𝑙 𝑓𝑖𝑙𝑚 𝐈𝐧𝐭𝐨𝐮𝐜𝐡𝐚𝐛𝐥𝐞𝐬

𝑑𝑖 𝐄𝐫𝐢𝐜 𝐓𝐨𝐥𝐞𝐝𝐚𝐧𝐨 𝑒 𝐎𝐥𝐢𝐯𝐢𝐞𝐫 𝐍𝐚𝐤𝐚𝐜𝐡𝐞

𝑎𝑑𝑎𝑡𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒 𝑟𝑒𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝐀𝐥𝐛𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐅𝐞𝐫𝐫𝐚𝐫𝐢

𝑐𝑜𝑛

𝐌𝐚𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐆𝐡𝐢𝐧𝐢 𝑒 𝐏𝐚𝐨𝐥𝐨 𝐑𝐮𝐟𝐟𝐢𝐧𝐢

𝐂𝐥𝐚𝐮𝐝𝐢𝐚 𝐂𝐚𝐦𝐩𝐨𝐥𝐨𝐧𝐠𝐨

𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐜𝐚 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐞𝐭𝐭𝐢

𝐋𝐞𝐨𝐧𝐚𝐫𝐝𝐨 𝐆𝐡𝐢𝐧𝐢

𝐆𝐢𝐚𝐦𝐦𝐚𝐫𝐜𝐨 𝐓𝐫𝐮𝐥𝐥𝐢

𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐨𝐧𝐞𝐭𝐭𝐢

𝐃𝐢𝐞𝐠𝐨 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐌𝐢𝐬𝐚𝐬𝐢

𝑠𝑐𝑒𝑛𝑒 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐂𝐫𝐞𝐚

𝑐𝑜𝑠𝑡𝑢𝑚𝑖 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐢

𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑙𝑢𝑐𝑖 𝐏𝐢𝐞𝐭𝐫𝐨 𝐒𝐩𝐞𝐫𝐝𝐮𝐭𝐢

𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐ℎ𝑒 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐁𝐢𝐧𝐞𝐭𝐭𝐢

𝑎𝑠𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑔𝑖𝑎 𝐂𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐌𝐚𝐥𝐚𝐜𝐫𝐢𝐧𝐨

𝑣𝑖𝑑𝑒𝑜 𝐑𝐨𝐛𝐢𝐧 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐢𝐨

𝑓𝑜𝑡𝑜 𝐂𝐥𝐚𝐮𝐝𝐢𝐨 𝐏𝐨𝐫𝐜𝐚𝐫𝐞𝐥𝐥𝐢

𝑢𝑓𝑓𝑖𝑐𝑖𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑚𝑝𝑎 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐒𝐭𝐫𝐚𝐳𝐳𝐞𝐫𝐢

𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑖𝑎 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨 𝐃𝐞 𝐋𝐞𝐨𝐧𝐚𝐫𝐝𝐢𝐬

𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝐂𝐚𝐫𝐦𝐞𝐥𝐚 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐢𝐧𝐢

𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒𝑠𝑒𝑐𝑢𝑡𝑖𝑣𝑎 𝐌𝐢𝐜𝐡𝐞𝐥𝐞 𝐆𝐞𝐧𝐭𝐢𝐥𝐞

𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝐄𝐧𝐟𝐢 𝐓𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨