La delibera n.24 della Corte dei conti si è abbattuta come un terremoto sul Comune di Messina , che oggi più che mai sembra condannato inesorabilmente al dissesto (vedi correlato) . Le avvisaglie non erano certo mancate in questi mesi, ma l’atto emesso dall’organo di controllo il 18 marzo 2013, che di fatto boccia in molte sue parti il piano decennale di riequilibrio redatto dai dirigenti dell’area economico-finanziaria Coglitore e Di Leo, con l’avallo del commissario straordinario Croce e dei suoi quattro esperti (Dalmazio, Montalbano, Saccà e Tomasello) ed approvato dal Consiglio Comunale – sembra essere la scossa che non lascia scampo e fa definitivamente crollare qualsiasi speranza di riuscire ad aggrapparsi al Fondo di rotazione istituito dal Governo nazionale per soccorrere, a precise condizioni, gli enti locali sull’orlo del fallimento finanziario. Sembra essere un dettaglio il fatto che la delibera n.24 non è indirizzata al Comune ma al Ministero dell’Interno, alla quale la magistratura contabile “tira le orecchie” per aver richiesto motu proprio elementi chiarificatori per esigenze della sottocommssione (vedi correlato), scavalcando le competenze della Corte dei Conti. Quello che alla città interessa, infatti, è la sostanza di quanto scritto dai magistrati contabili, che “smantellano” il documento di riequilibrio, riducendo al lumicino le possibiltà di salvezza.
A Palazzo Zanca c’ è, però, chi non vuole sentire assolutamente parlare di bocciatura del piano. E’ l’avvocato Nino Dalmazio, che da esperto del commissario Croce in questi mesi ha sempre taciuto, evitando di rilasciare commenti e dichiarazioni alla stampa, ma che in questa occasione, per di più spontaneamente, ha deciso di parlare e “sfogarsi” .
La prima frase è un’ “autodifesa” perché il piano di riequilibrio – come detto – andava bene anche a Croce, che in Commissione bilancio aveva persino elogiato il lavoro di Coglitore e Di Leo, ed ai suoi quattro consulenti : «Il Piano – sostiene Dalmazio – non è stato bocciato e se la delibera della Corte dei Conti fosse indirizzata al Comune e non al Ministero dell’Interno, saremmo in grado di rispondere a quasi tutti i rilievi mossi». Quando gli facciamo notare, a titolo d’esempio, che resta ed è evidente l’incognita dei debiti delle partecipate e che non ci sono ancora i contratti di servizio con Atm e Amam, che andavano allegati al piano, Dalmazio risponde così: «Noi (commissario ed esperti ndr) il nostro compito l’abbiamo fatto ed abbiamo predisposto sia il contratto tra Comune e Amam sia quello tra Comune e Atm, la responsabilità adesso è tutta del Consiglio comunale, che non li ha ancora approvati».
C’è un messaggio che Dalmazio vuole lanciare all’esterno con forza ed è il motivo per il quale probabilmente ci ha fermati per esternare i suoi “pensieri” : la non responsabilità della gestione commissariale di ciò che sta per succedere. «In pochi mesi –ha affermato ancora l’esperto di Croce – abbiamo fatto quello che non era stato fatto in vent’anni. Gli gnomi della politica invece di pensare a fare polemica dovrebbero dire come si è arrivati a questo punto e preoccuparsi di capire come risanare i 392 milioni di euro di debiti del Comune». Insomma, se colpe ci sono, per l’uomo più fidato di Croce queste non appartengono a lui né al commissario né ai suoi colleghi consulenti. Come dargli torto, pur ritenendo doveroso ricordare che Dalmazio – contrariamente al reggente di Palazzo Zanca e agli altri tre esperti – dal 2004 al 2010 è stato al timone di una delle più importanti partecipate del Comune, Messinambiente, prima come amministratore giudiziario e poi come amministratore unico. Forse lui qualche responsabilità in più degli altri ce l’ha. (Danila La Torre)