Lo confesso, la sola idea dell’approssimarsi di un altro Natale mesto, di crisi buia, in una città senza luci e colori, mi sembrava un macigno. Il magro budget che avevo stanziato per i regali se ne è andato per Tari e Tasi (imposte che abbiamo alla soglia massima, perché non siamo ufficialmente in default ma paghiamo tasse come se lo fossimo) e sapere di far parte di quei 6 milioni di italiani che farà doni solo ai bambini non mi faceva sentire meglio. Poi, improvvisamente, ho sentito un “friccicorìo”, scusate il termine ma non me ne viene uno migliore, una specie di calore, che non è frenesia da shopping ma qualcosa di diverso e di meglio. Il friccicorìo mi è venuto perché tutto intorno stava cambiando qualcosa. Il friccicorìo, per dirla tutta, è contagioso e quando arriva non puoi far altro che aprirgli la porta. Perché,come citava un vecchio spot, “il Natale quando arriva arriva…”. Non sono cambiate le cose “fuori”, sono cambiate dentro. Una mia carissima amica, di origini pugliesi, ma che vive al nord,mi ha detto che dopo aver pagato una Tasi da paura, oltre 500 euro, per Natale regalerà orecchiette fatte con le sue mani e che secondo me piaceranno molto più della maglia griffata comprata in fretta e furia. Il friccicorìo mi è venuto accorgendomi delle prime timide luci che gli esercenti (categoria coraggiosa che sta combattendo contro una guerra mondiale) hanno scelto per rendere più accoglienti i negozi. L’anno scorso Messina a Natale era grigia, quest’anno i messinesi hanno avuto paura di vederla dello stesso colore ed ognuno nel suo piccolissimo e con il suo piccolissimo, ha preso pennelli e barattoli di pittura per illuminare il cielo. La festa dell’accensione voluta dalla Confcommercio e realizzata grazie ad alcuni privati che hanno messo mano al portafoglio, con gli alberi illuminati allo stesso orario è un altro friccicorìo. L’albero di Natale di Piazza Cairoli, con il taglio del nastro della Miss Italia Giulia Arena ci ha ricordato che tutti noi siamo bellissimi anche se siamo vestiti di stracci, basta dire “vestiti, usciamo..”. Poi è stato tutto un fiorire di iniziative di beneficenza e non, musicali, artistiche, culturali, tombolate solidali, il presepe vivente di Montalto affidato ai diversamente abili, mille piccole e grandi feste, mostre, mercatini di Natale, il IV quartiere con l’invito ad addobbare l’albero con i biglietti dei desideri per la città. Sembra di essere tornati al dopoguerra, quando c’erano le macerie ma grande era la voglia di ricostruire, ognuno con le sue braccia. Prendete l’Help center di Piazza Stazione, che in un anno e mezzo ha totalizzato 5 mila visite, il che equivale a dire che ci sono 5 mila persone, quelli colpiti dal fulmine mentre camminavano per la loro vita, che solo grazie a 30 medici volontari coordinati dal dottor Francesco Certo, hanno avuto assistenza. Per comprare altri farmaci ed un ecocolordoppler metteranno in scena domani sera al Vittorio Emanuele il musical di Madre Teresa. L’incasso andrà in beneficenza. I biglietti costano solo 10 euro. Facciamoci un regalo: a chi amiamo, anche se non abbiamo soldi, regaliamo il biglietto per il musical e faremo un dono alla città. E’ nei momenti più bui che Messina dimostra di avere un cuore più grande di quello che pensiamo. Proprio ieri Carmelo Picciotto mi faceva un esempio: se per lavoro dobbiamo scopare un pezzo di strada e capita di dover pulire un metro quadrato in più non tiriamoci indietro dicendo: non mi compete. Puliamolo quel metro quadrato in più, rendiamo più bello non solo il nostro angolino e cresciamo insieme.
Questo Natale sta accomunando i negozi della via dei Mille e dell’isola pedonale a quelli della via Palermo, di Provinciale, Ganzirri, Giampilieri perché siamo tutti nella stessa barca e l’amarezza e lo sconforto di quelli della via Giordano Bruno è uguale a quella di un esercente del corso Garibaldi. Mi fa rabbia la storia del regolamento per l’occupazione suolo e della Cosap con canoni da Oxford Street di Londra. Messina non vive né di industria, né di agricoltura, né più di posto pubblico. Invece di sparare sulle saracinesche non sarebbe meglio metterli in grado di operare? Un altro friccicorìo me lo ha dato lo shopping tour, Luca Blandina ed il gruppo, Proposta turistica 3.0, Puleo viaggi, che senza aspettare la manna dal cielo hanno deciso ad ogni sbarco di turisti di non farli fuggire verso altre mete ma portarli a far shopping in città. Un’idea che non costa un euro al pubblico e che non ha portato nessuno a bussare alla porta di un assessorato. Ho avuto un friccicorìo nel sapere che i 17 ex Servirail, quelli che nel 2012 hanno trascorso il Natale sul campanile del Duomo adesso hanno un lavoro vero e che queste feste per loro avranno un sapore diverso.
Questo Natale è servito a farci capire che manna dal cielo già non ne pioveva prima figurati adesso che se non stai attento ti piovono sassi, ma che dobbiamo imparare a piantarci da soli la manna e a innaffiarla ogni giorno. Non voglio fare un torto a nessuno perchè le iniziative fioriscono come i pacchi sotto l’albero e per me hanno tutte lo stesso valore, e spiace per quelle che non sto citando. E’ come se avessimo allestito un enorme albero invisibile e lo stessimo addobbando ognuno con quello che ha, con quello che può, pur sapendo che è ancora tempo di stringere i denti. Ieri mattina ho dedicato un po’ del mio tempo, troppo poco, per impacchettare regali, insieme all’instancabile e vulcanica Cristina Rossitto Puglisi (appena nominata assessore alle politiche sociali del Comune di Valdina, brava, se lo merita) e Teresa Destefano per il Natale in Galleria. Peluche, macchinine, barbie, libri, che decine di famiglie hanno voluto dare ai bimbi, perché i nostri figli sono tutti uguali, non pesano di più o di meno in base al conto in banca o al lavoro del papà. Sono centinaia di piccoli pensieri che Babbo Natale distribuirà oggi nella Galleria Vittorio Emanuele. Siamo tutti consapevoli che non c’è un euro e neanche un tallero peloritano, però, proprio per questo Messina sta riuscendo a vivere il Natale lo stesso, con le luminarie, gli addobbi semplici ma dignitosi, senza sfarzo, con il cuore che non ha la targhetta del prezzo. Non so quanto spenderemo, ma so con assoluta certezza che il 7 gennaio saremo tutti più ricchi perché avremo imparato il messaggio del Natale, che non è la corsa allo shopping. No, è l’attesa di qualcosa che ti riempie il cuore, l’avvento di qualcosa che ti cambia la vita. Considero la festa che ci apprestiamo a vivere la festa dell’Uomo, quello con la U maiuscola che non è solo Gesù, ma è ognuno di noi quando pur senza speranze, senza soldi, si rimbocca le maniche e aiuta il vicino, quando rinuncia a qualcosa, anche ad un’ora del suo tempo, alla bambola dell’infanzia, alla bottiglia di champagne per donare ad un altro, per sorreggerlo nel momento in cui inciampa. Uomini sono i volontari delle mense dei poveri, dei centri di aggregazione, delle case famiglia, delle mille forme di assistenza, siamo ognuno di noi quando ci spogliamo dell’arroganza e della superbia e torniamo ad essere umanità. Vorrei essere brava come la mia amica pugliese Maria e fare le orecchiette per donarle a Natale invece dei dopobarba, vorrei saper dire a mio figlio che andrà meglio il prossimo anno. Ma so che a lui va bene anche così, perché in fondo a questa crisi nera in questa città grigia abbiamo trovato la luce che ci ha spinti a vedere la parte migliore di noi.
E forse sì, non sarà il Natale a Miami, ma il 7 gennaio saremo tutti più ricchi.
Rosaria Brancato