Giacomo D’Arrigo, lei e Antonella Russo siete i due esponenti messinesi nella segreteria siciliana del Pd. Come pensa di dare il suo apporto?
“Per il Partito democratico è un momento difficile: due sconfitte elettorali e la fase congressuale in corso con la litigiosità che questa comporta. Mi è stato chiesto di dare una mano e provo a fare la mia parte a una condizione: occuparmi di temi e contenuti e dell’iniziativa politica, aspetti che nel confronto congressuale vanno tenuti al riparo. Se ci chiudiamo solo nelle liturgie congressuali la gente non capisce e giustamente non ci segue. Il primo impegno secondo me deve essere duplice: far maturare un’idea condivisa di comunità; dare un profilo chiaro al partito. Per chiunque vinca il congresso nazionale questi due aspetti saranno centrali”.
Il Pd sembra afono come partito, in una crisi cittadina, regionale e nazionale che appare irreversibile…
“Il Pd non sembra ma è afono. Inutile nascondere la realtà. Un pugile stordito, con un tessuto sfibrato e personalismi perenni. Sta a noi affrontare l’appuntamento del congresso per rigenerare idee, persone e profilo. Se ci si limita alle procedure, o al gioco delle figurine del “chi sta con chi”, sarà solo un’occasione sprecata. La crisi appare irreversibile ma non lo è: FdI era al 4% e adesso guida il Paese, il Movimento 5 Stelle un anno fa era dato per spacciato e invece ha poi ottenuto un buon risultato al voto. La volatilità degli elettori è forte e il Partito democratico ha dalla sua una forza di resistenza non comune”.
Come invertire la rotta?
“Serve l’impegno di tutti e la rotta si inverte facendo ciascuno la propria parte. E non aspettando che cada la manna dal cielo o sperando nel fallimento di fazioni avverse. Questo è il momento in cui tutti devono dimostrare di avere a cuore il partito prima delle proprie carriere. Ho già riunito due volte i dipartimenti e non avveniva da anni, con l’intenzione di rimettere in circuito attività e impegno e coinvolgendo tutti senza preclusioni. Stiamo lavorando a diverse iniziative di proposta, apertura e presenza territoriale”.
Lei per chi voterà al congresso del partito?
“Questi sono giorni di rifllessione per me. Il 6 gennaio andrò alla commemorazione di Piersanti Mattarella, a Palermo, e farò il punto della situazione. Presto io e molti altri esponenti politici decideremo chi sostenere”.
Lei è stato direttore generale dell’Agenzia nazionale giovani, 2013-2018, e il primo dei non eletti alle politiche del 25 settembre 2022. Il nuovo ruolo in segreteria è un segnale d’attenzione per le nuove generazioni?
“Più che altro lo spero: tra i tanti limiti del Pd di oggi vi è quello del ricambio dei suoi dirigenti. Servono sia contenuti che visi nuovi e il Partito democratico è un giacimento di energie spesso inutilizzate. Personalmente, dal 2018 non ho nessun ruolo a nessun livello nel partito. Potevo dire: “Io non ho avuto responsabilità di gestione e quindi non è colpa mia”. Ma per dirla con Don Milani “a che serve gridare di avere le mani pulite se le si tiene in tasca?”. Nel passato delle vacche grasse in molti hanno fatto la corsa a stare negli organismi, ma è nel momento difficile che serve dimostrare l’attaccamento alla maglia. Per me, già solo aver potuto competere per il Parlamento della Repubblica è stato un grande privilegio e il risultato raggiunto in provincia di Messina mi lusinga in un contesto che era difficilissimo”.
Un giudizio sul fenomeno De Luca?
“Cateno De Luca è stato bravo a raccogliere un consenso trasversale e ha avuto una forte parabola di crescita, ma all’appuntamento su cui ha puntato tutto (le regionali) ha fallito. Adesso dovrà decidere se essere stampella più o meno dichiarata di Schifani o opposizione, con noi che, ricordo, siamo il secondo gruppo al Parlamento nazionale e regionale. La corsa solitaria non dà buoni frutti”.
E la giunta Schifani e il governo Meloni?
“Schifani e Meloni sono agli inizi e vanno giudicati sui fatti, certo i primi passi non sembrano dei migliori. Il Pd sta all’opposizione e i nostri deputati a Palermo e Roma hanno già preso il ritmo di questa condizione che ci aiuterà a rigenerarci”.
Una valutazione della Giunta Basile?
“Il sindaco di Messina Basile non ha alibi per il governo della città avendo anche la maggioranza consiliare. Messina è una grande Città metropolitana ma questo ruolo non emerge”.
Come valuta l’operato del segretario provinciale del Pd Nino Bartolotta?
“Bartolotta ha guidato il partito in una fase difficile, con il Covid e tre turni elettorali (comunali, regionali e nazionali). In queste condizioni, l’obiettivo di tenere il partito,in piedi, dopo che nel tempo abbiamo avuto due importanti fuoriuscite (l’ultima quella di Navarra), è stato centrato anche con il suo impegno in prima persona. Ricordo che candidarsi nei momenti di difficoltà ha ancora più valore e, anche per questo, sono tra coloro che hanno chiesto a Bartolotta di continuare a fare il segretario. Adesso però serve uno scatto di attività e contenuti: una nuova organizzazione, con nomi, temi e proposte che ci rendano subito identificabili. Questo aspetto non è più rinviabile. Servono un esecutivo e un segretario cittadino nuovi e operativi da subito. Si è votato il 25 settembre e adesso siamo in piena fase congressuale: prima il partito è messo nelle condizioni di operare meglio è”.
Che ne pensa dell’addio dell’onorevole Pietro Navarra?
“Navarra è andato via quando ha scoperto di non essere candidato alla Camera e poco dopo ha partecipato a una manifestazione con Schifani. Già questo dice tanto. Forse era convinto che senza di lui il Pd non esistesse e invece siamo qua (l’ex deputato ha esposto le sue ragioni su questo giornale, n.d.r.). Questa vicenda ci deve aiutare però a capire che anche a Messina il partito padronale di uno solo non esiste. Vale per il passato quanto per il futuro: siamo una comunità, certo ammaccata e con mille limiti, non un gruppo che risponde al capo di turno”.
Nascerà il Partito democratico a Messina?
“Sì, partendo dalla realtà: alle elezioni di soli tre mesi fa, esclusa la lista principale di De Luca che ha raccolto un grande consenso – fatto su cui dobbiamo interrogarci anche noi – in città siamo il secondo partito. Considerando la provincia, siamo il terzo, a un’incollatura dal primo. Vi sono poi circa 10.000 voti sul nostro simbolo senza alcuna preferenza a candidati. Due segnali che giudico di attenzione al Pd e che dobbiamo essere capaci di comprendere. Si potrebbe dire che è una risposta positiva a una domanda che abbiamo posto male. Senza nulla togliere alla sconfitta, due dati su cui riflettere”.
E nel concreto?
“Nel concreto, auspico: un segretario cittadino nuovo e legittimato; un supporto reale a Felice Calabrò e Antonella Russo (due colonne del partito che non possono essere coinvolte solo nelle fasi elettorali) e agli eletti nei Quartieri; un raccordo con quanti si sono candidati al Comune e nelle Municipalità, senza essere eletti. Il tutto lavorando con la consapevolezza che le elezioni durano 30 giorni, poi ci sta un percorso da costruire, avendo chiaro, come diceva Churchill, che il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta“.
Che ne pensa delle critiche sotterranee nel Pd al deputato regionale Leanza? Si fida della sua lealtà al partito?
“Mi fido totalmente di Calogero e non solo delle sue parole ma dei suoi gesti concreti. Due su tutti: il modo in cui sta portando avanti la sua posizione di opposizione in raccordo con il partito e con attenzione al territorio. E la scelta di candidarsi nel Pd quando qualcuno scappava e altri mettevano in discussione pure il seggio. Bartolotta e il presidente dell’assemblea provinciale Antonio Saitta hanno dimostrato nel concreto di non chiudere il partito alle filiere tradizionali, ma, anzi, aprirlo anche a energie come Leanza, che si è conquistato sul campo Sala d’Ercole. Delle critiche dico di non curarsene: per troppo tempo personalizzazione e litigiosità hanno caratterizzato il Partito democratico e più ancora quando qualcuno è chiamato a svolgere ruoli. Dovremmo invece impegnarci tutti a cambiare abitudini. Adesso sta a lui scegliere se essere un bravo solista o giocare in squadra. Mi sembra abbia deciso”.
Quali temi portare in agenda nel partito?
“Idee e proposte non mancano, ne cito tre a livello regionale e tre a livello provinciale. Per la regione: fare in modo che la nostra insularità non sia un limite e combattere il caro voli non solo per le feste. Il segretario regionale Barbagallo, con i parlamentari del Pd, ha già avanzato proposte in tal senso. Verificare che il Pnrr (Piano nazionale per la ripresa e resilienza) venga attuato per la Sicilia senza che un solo euro vada perso, realizzando attività e infrastrutture che ci spettano. Cambiare la legge elettorale che alle amministrative assegna la vittoria con solo il 40% dei voti, una soglia sotto la metà degli aventi diritto che, con la sempre più bassa affluenza, assegna il governo delle città a minoranze”.
E a livello provinciale?
“Occorre rimettere al centro l’idea di sviluppo legata all’area metropolitana dello Stretto, una specificità solo nostra su scala europea; coinvolgere gli amministratori locali in modo strutturato nel rapporto con il partito e favorire l’investimento sul capitale umano, supportando le istituzioni a questo preposte. L’idea che qualcuno possa dire “il Pd contro l’Università” non penso che possa più avere cittadinanza tra le nostre fila”.
Ma secondo lei perché il partito continua a essere lontano dalle persone e dalla vita reale?
“Per troppo tempo siamo stati abituati a sovrapporre la politica con il potere. Impegnarci a sviluppare la prima, e lasciare la gestione del secondo, ci farà bene come partito. Più idee, militanza e impegno e meno gestione del potere: ecco che cosa serve. Il Pd deve, secondo me, trovare il coraggio di non limitarsi ad un cambio di leadership ma ripensare sé stesso nella dimensione di futuro e innovazione che serve al nostro campo e all’Italia”.
Riuscirete a ridurre gli eccessivi conflitti interni?
“Dobbiamo farlo. Bisogna smettere di litigare sempre e spaccarsi su ogni cosa: serve lavorare insieme, anche criticandoci tra di noi senza infingimenti ma sulle cose concrete. E nei limiti del decoro di chi comunque aderisce allo stesso partito. Non dobbiamo per forza passare le vacanze insieme ma almeno avere un po’ di rispetto per elettori, circoli e simpatizzanti è il minimo sindacale. Smettendola di parlare sempre di noi ma ascoltando e guardando fuori. Abbiamo cinque anni per costruire una proposta credibile e alternativa. Non sprechiamoli”.