Prima del Ponte bisogna pensare alle ferrovie. Ma prima delle ferrovie bisogna pensare alle strade. E prima delle strade alla scuola. Prima della scuola alla pulizia. Prima della pulizia all’acqua nelle case. Prima dell’acqua nelle case alla messa in sicurezza del territorio. Continuando ancora ci sarà sempre un “prima di”.
Benaltrismo, s. m., tendenza a sminuire una discussione dicendo che i problemi o le soluzioni sono ben altri. In un territorio come il Sud Italia, e soprattutto la Sicilia, che ha bisogno di interventi su strade, ferrovie, scuole, reti idriche, messa in sicurezza e tanto altro ancora, dire che prima serve altro risulta solo una giustificazione per continuare a fare poco o niente.
In Sicilia non servono prima le ferrovie delle strade o prima le reti idriche e poi la pulizia. Servono tutte queste cose insieme. Servirebbe anche il Ponte sullo Stretto, se gli ingegneri diranno che si può fare, perché non è altro che un pezzo di strada e ferrovia, in una zona in cui i tempi di passaggio da una sponda all’altra sono troppo lunghi. Per quale motivo una strada interna dovrebbe servire prima del Ponte (cioè un altro pezzo di strada), visto che tra le strade interne siciliane il traffico è minimo rispetto ai milioni di veicoli all’anno che transitano sullo Stretto? Con questa logica, il Ponte dovrebbe servire prima delle strade interne ma è proprio il paradigma ad essere sbagliato: non serve il Ponte prima delle strade interne e non servono le strade interne prima del Ponte, servono entrambe le cose contemporaneamente e prima possibile.
“E vogliono fare il Ponte…” è diventata un’espressione da mettere come il prezzemolo. Qualunque cantiere italiano è in ritardo? “E vogliono fare il Ponte…”. Accade un imprevisto? “E vogliono fare il Ponte…”. Scoppia una pandemia o una guerra? “E vogliono fare il Ponte…”. Nessuno che dica “E vogliono fare la Metro 4 di Milano…”. Intanto la Metro 4 di Milano si fa e il 26 novembre aprirà il primo tratto. Alla fine sarà costata 3 miliardi e mezzo, il 90 % dei quali di fonte pubblica.
A dicembre 2019 sono partiti i lavori per l’alta velocità Brescia – Verona, hanno una durata prevista di sei anni e costano 3 miliardi. Nel 2013 sono iniziati i lavori del Terzo Valico, la ferrovia Genova – Tortona, fine prevista nel 2025, costo 7 miliardi e un’analisi costi benefici negativa quando ormai le opere erano in corso e quindi continuano. 4 miliardi per la pedemontana lombarda (lavori iniziati nel 2010 e finiti nel 2015), 12 miliardi per la pedemontana veneta (lavori iniziati nel 2011 e conclusi a lotti tra il 2019 e il 2022). Quasi tutti soldi pubblici.
Tutte le grandi opere hanno costi elevati, mica solo il Ponte. La differenza è che le altre opere si fanno e il divario tra nord e sud si amplia sempre più.
Si dirà che quelle zone sono più abitate e che quelle opere sono necessarie perché lo sviluppo economico industriale è molto più alto. Ma è un cane che si morde la coda. Più opere pubbliche, più servizi, più lavoro si danno al nord, più quell’area avrà sviluppo e, viceversa, se non si fanno investimenti miliardari al sud, lo spopolamento continuerà. Negli ultimi dieci anni la Sicilia ha perso 300mila abitanti e “prima le strade” o “prima questo e quell’altro” è il più grande autogol che si possa fare. Al nord opere, azioni e cantieri, al sud chiacchiere.
Ed è importante chiarire che le grandi opere non si fanno per dare posti di lavoro. O meglio, quello è un effetto collaterale positivo, ma si fanno perché sono utili. La manodopera non può mai essere solo locale, che comunque in parte c’è, ma anche quella esterna porta economia sul territorio. Non solo il Ponte sarebbe utile ma anche le opere funzionali necessarie, che sono diverse dalle compensative. Per dirne una, forse la più importante, la tangenziale nord da Giostra a Torre Faro, che da sola ha un costo di 400 milioni e sarebbe una manna dal cielo per la zona nord.
I Ponti si fanno in tutto il mondo. Lo scorso 18 marzo, otto mesi fa, è stato inaugurato il Ponte dei Dardanelli, in Turchia, zona sismica, il più lungo sospeso del mondo, con 2023 metri di luce tra le due torri. I lavori sono durati cinque anni. Le attività di questa portata, ad opera di grandi imprese internazionali, paradossalmente di solito si realizzano in tempi inferiori, in proporzione, rispetto ai piccoli cantieri. Ma fare previsioni non è facile e non può essere un limite quello di non fare grandi opere per “paura” che i tempi di realizzazione non siano rispettati. Non fare nulla è sempre la soluzione più semplice ma non la migliore. Basti pensare al tempo perso invano almeno negli ultimi dieci anni.
Il Ponte sullo Stretto di Messina avrebbe una campata unica di 3300 metri, il 63 % in più rispetto a quello dei Dardanelli. E c’è chi dice che al massimo possa essere solo stradale e non anche ferroviario. Le perplessità sono legittime ma è chiaro che la risposta sulla fattibilità (solo stradale o anche ferroviaria) deve arrivare dagli ingegneri e non da chiunque. Il nuovo Governo ha sbandierato l’intenzione di realizzare il progetto, vedremo se si andrà oltre le parole o se la storia infinita continuerà senza fatti concreti.
Il Ponte, ovviamente, non sarebbe la panacea di tutti i mali, la Sicilia ha bisogno anche di tanto altro. Invece di limitarsi alle parole, sarebbe gradito, ad esempio, l’affidamento del progetto e il finanziamento del raddoppio della Messina – Palermo, gli 87 chilometri mancanti tra Patti e Castelbuono, tanto per dirne una importante. Ma non è solo il Ponte o le ferrovie. Alla Sicilia servono investimenti miliardari in tanti settori. Viceversa si continuerà a dire che prima di questo serve quello e non si farà né l’uno né l’altro, come storia insegna.