Messina come paradigma dell’attuale shock economy. La ricerca nel mondo dell’edilizia messinese dal dopo terremoto ai giorni nostri che ha intrapreso il ricercatore dell’Ateneo Peloritano, Pietro Saitta, vuole collocare la nostra città non come pedina periferica dello sviluppo nazionale e mondiale, ma direttamente al centro dei processi del neo capitalismo. Un vero e proprio laboratorio sperimentale di quella che viene chiamata “l’economia dei disastri” che ha fatto di Messina l’incubatrice di quello che sarà il modello di sviluppo intrapreso dal ventesimo secolo ai giorni nostri. Tutto questo a partire dagli interventi straordinari ed emergenziali attuati all’epoca del drammatico terremoto del 1908, che distrusse quasi interamente la nostra città, sfregiandola profondamente con ferite ancora oggi fin troppo evidenti. Quest’analisi ambiziosa ed originale è raccontata nel libro: “Quota Zero. Messina dopo il terremoto, la ricostruzione infinita”, pubblicato per Donzelli Editore. L’opera ha già riscosso un discreto interesse anche a livello nazionale e ieri sera è stata presentata alla libreria Feltrinelli di Messina dall’autore, insieme al professore Berardino Palumbo, antropologo dell’Università degli Studi di Messina, dall’architetto Carmelo Celona e dal segretario generale della Fillea Cgil, Biagio Oriti, cha ha scritto la prefazione del volume. Insieme, i relatori hanno dato vita, per l’occasione, a un seminario intitolato: “Disastri e i nuovi ordini sociali. Shock economy, subalternità, questione postcoloniale e… Messina (1861-2013)”. L’incontro è stato moderato dal sindacalista Daniele David.
"Quota zero" è uno studio sulla lunga durata di un disastro e sull'ordine sociale derivato da un evento apocalittico come il terremoto di Messina del 1908. La città dello Stretto viene qui vista come uno dei primi spazi di applicazione di quella shock economy che, secondo orientamenti prevalenti, sarebbe tipica della contemporaneità e del neoliberismo. Secondo l'autore, però, molte delle forze attive nel contemporaneo capitalismo dei disastri sarebbero state all'opera nella città siciliana già all'inizio del secolo scorso. Al punto che Messina ha finito con l'anticipare di decenni tutte le contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Pietro Saitta ripercorre la storia di Messina, dei suoi abitanti marginali e del Mezzogiorno, alla luce di categorie analitiche mutuate dagli studi postcoloniali e subalterni, oltre che dalle teorie sul sistema-mondo. Testimoni privilegiati e diretti sono differenti generazioni di reietti dei cantieri edili, di abitanti delle baracche e simili figure ugualmente impegnate a sopravvivere e "resistere", sfruttando gli interstizi lasciati liberi da un sistema pervasivo e spietato che si rinnova da decenni. Quel che discende da questo sforzo è una visione intorno a un evento centrale della storia nazionale, delle utili osservazioni comparative sulla gestione dei disastri nel nostro paese e l'avanzamento di una proposta metodologica nei termini di un approccio alla ricerca sociale teso a coniugare storiografia, sociologia.
“L’idea di fondo – ha commentato Saitta – consiste nel considerare il terremoto un evento che anticipa il presente perché consente il primo esperimento di quella che oggi è stata definita ecomomia dello schok, ovvero la creazione di un clima di emergenza, che allo stesso tempo si fonda su una serie di combinazioni come il fare volontariamente perdurare sul territorio uno stato d’eccezione dilatato appositamente per incrementare un tipo di economia della ricostruzione e dell’emergenza”.
(E.C.)