Sono arrabbiati e amareggiati perché si sono sentiti raggirati, presi in giro, ma quanto accaduto ieri in Prefettura non li ferma. I 41 cassintegrati Triscele, ormai ex lavoratori dell’azienda che è in concordato preventivo e va verso il fallimento, questa mattina si sono riuniti ancora una volta nel saloncino della Cgil insieme ai sindacalisti Enzo Cocivera della Cgil e Calogero Cipriano segretario della Fai Cisl. Il giorno dopo la notizia che dal 31 dicembre saranno licenziati e che per loro inizierà un lungo periodo di messa in mobilità li ha inevitabilmente gettati nello sconforto. Fino alla fine hanno provato a credere che prima o poi quel piano industriale sarebbe arrivato, speravano che avvenisse la delocalizzazione della produzione dagli stabilimenti di via Bonino perché per quell’area il gruppo Faranda aveva chiesto, e dopo un lunghissimo iter, ottenuto il cambio di destinazione d’uso. Loro stessi avevano battuto i pugni quando il consiglio comunale ritardava il voto sulla delibera perché sapevano che da lì dipendeva il loro futuro. Così però non è stato. La Triscele non esiste più, dal 2 gennaio inizierà un nuovo percorso che sarà portato avanti da un curatore fallimentare nominato dal Tribunale, per i 41 ex lavoratori finirà la cassa integrazione e inizierà il periodo di mobilità. Di tutto questo si è parlato stamattina, sono state ripercorse alcune tappe salienti della lunga vertenza Triscele, non è mancato qualche momento di profonda amarezza per quello che è accaduto ad uno dei simboli storici di una Messina che sta perdendo tutto.
Enzo Cocivera racconta che dalla riunione di oggi è emerso chiaramente che i lavoratori non ci stanno a iniziare un percorso da “assistiti” senza fare nulla per riprendersi ciò che hanno perso. Alcuni passaggi saranno obbligati, come la messa in mobilità, l’iscrizione all’Ufficio di collocamento e tutta quella serie di tappe burocratiche previste in questi casi. Loro però pensano già al futuro. Vorrebbero far ripartire la produzione, unire le forze, anche economiche, e dare nuova vita ad un’attività produttiva che al momento è morta. Potrebbero farlo organizzandosi tra loro, creando una cooperativa, oppure sperare in un nuovo imprenditore che abbia realmente potenzialità e interesse nel rilevare un’azienda fallita e rimetterla in piedi per ricominciare a produrre birra.
Oggi però sono solo idee e ipotesi che forse servono più per non farsi sopraffare dallo scoramento. I sindacati hanno già messo al lavoro dei consulenti per vagliare le varie possibilità, una squadra di legali assisterà invece i dipendenti in tutte quelle che saranno le fasi legali che seguiranno da qui in avanti. Il presidio davanti i cancelli in via Bonino però resterà. In queste settimane è stato il simbolo di chi non si è arreso nonostante tutto e forse, oggi più che mai, serve lasciarlo lì.
Sulla vicenda interviene Reset che chiede ora al Consiglio comunale di "revocare immediatamente la delibera che consentiva ai Faranda di rendere edificabile l'area dell'industria in cambio dell’impegno di delocalizzarla. Tale cambio di destinazione urbanistica era subordinato al mantenimento dell'attività e dei livelli occupazionali".
"Anche la questione Triscele – prosegue Reset – segna drammaticamente il fallimento di una classe politica e dirigente responsabile del crollo verticale che la città vive oggi. Non si tratta evidentemente di giudizi di parte ma dell’oggettiva constatazione di quanto giornalmente accade. E pensare che ci sono ancora persone, giovani e non, disponibili a credere, a legittimare ed a farsi prendere in giro".
(Francesca Stornante)