Se tra i lettori delle mie “chiacchiere” ci fossero soggetti appartenenti alle classi di ferro 37/45 ovverosia 70/80enni, li invito a fare una rivisitazione dei “migliori anni” e rovistare nel deposito delle reminiscenze accumulate nei decenni tramontati, per vedere quanto del loro vissuto possa riflettersi nelle memorie raccontate da un immaginario lettore. “””Erano gli anni 45/50 quando i giornalai esponevano la multicolore stampa su una tavola poggiata su due cavalletti e le Edicole propriamente dette erano rare e comunque situate nelle Piazze centrali, mentre a vendere i quotidiani ci pensavano i “banniaturi” (strilloni) col fascio di copie del Quotidiano sul braccio sinistro piegato a V e la copia col titolo di prima in svolazzo, accompagnate dalla ripetizione sgridata e contorta della notizia di cronaca nera, quale ad esempio – “IL MARIDO MMAZZA A MUGHIERI A COPPA I SCIONA “ (Il marito uccide la moglie a colpi di ascia). E c’erano anche le pubblicazioni settimanali di romanzi a fumetti (il gossip era ancora in embrione) che in quegli anni le donne di casa nostra sfogliavano appassionatamente al ritorno dalla scuola oppure appena finiti i compiti e aiutato la mamma a stendere i panni. Noi giovani maschietti invece, studiavamo di meno e il tardo pomeriggio lo trascorrevamo giocando a carte o chiacchierando di sport oppure della severità dell’insegnante. La sera, il Giornale Radio era un rituale sacro e a tavola, tra un: “Mi passi il sale?” e l’inevitabile rumore di qualche forchetta che finiva a terra, ascoltavamo in (quasi) religioso silenzio i “Qui Londra vi parla Sandro Paternostro” e anche “Qui New York via parla Ruggero Orlando”. Dopo la cena (frugale, perché i tempi erano tristi) tutti messi là ad ascoltare il grande Nunzio Filocamo che con “ Il microfono è vostro” e l’indimenticabile “Miei cari amici vicini e lontani, buona sera” allietava le nostre serate. Nel tempo seguirono Enzo Tortora, Corrado Mantoni e il Maestro Pregadio con “ La corrida”, e altri bravi conduttori che dalle varie piazze o Teatri d’Italia ci intrattenevano con programmi sicuramente nazionalpopolari ma anche genuini, nel senso che la Politica scorreva su strade diverse e la satira era ancora agli albori. Dicevo dunque dei Settimanali con “Romanzi a fumetti” cui le giovani donne non perdevano un numero, che a noi “del sesso forte” interessava solo per la Rubrica “Storie di vita vissuta” presente nella pagina centrale. E proprio per leggere quella, noi maschietti approfittavamo del prima e dopo pranzo o cena quando cioè le donne di casa erano impegnate ad apparecchiare e poi a sparecchiare, per andare di soppiatto a cercare “Sogno” il “Bolero” o il “Grand Hotel” per leggere quella Rubrica, consapevoli che i romanzi – a fumetti o no – hanno da sempre rappresentato fatti e situazioni che il più delle volte raccontano storie che miscelano fantasia e possibile realtà. Le vissute – nella norma e fatte salve tutte le eccezioni che volete – sono quelle che caratterizzano l’infanzia, poi l’adolescenza e poi i vari livelli di studio fino all’acquisizione del Titolo che una volta conseguito, ti costringe a “ispezionare” il mondo che ti circonda, per trovare la strada verso una definitiva sistemazione e, a seguire, la speranza di potere incrociare un soggetto con il quale vivere il grande amore e formare una famiglia. Si tratta di un percorso che per taluni – mi riferisco ai famosi “figli di…” ma non certamente a tutti – è di solito in discesa, mentre gli altri – quelli che non hanno santi in Paradiso – la sistemazione definitiva se la devono sudare. Poi gli anni passano velocemente e può succedere che qualche ottantenne sostenga essere rimasto sempre fedele ad un principio dal quale non ha mai derogato, che è quello di non essere mai ricorso a raccomandazioni da parte di chicchessia e chiarisce di essere rimasto sempre fedele a tale principio, anche quando il “calcio nel sedere” gli avrebbe fatto comodo. Qualcuno potrebbe sospettare trattarsi di un atto di superbia, ma lui – il protagonista della vicenda vissuta – proprio per sgombrare il campo dai sospetti, chiarisce trattarsi di una “fissa”; quella che i latinisti chiamano “forma mentis”. Insomma, nella sua descrizione chiarisce di non avere mai “bussato con i piedi a certe porte” ma che tuttavia – visto come funziona il mondo in certi frangenti – non ha mai biasimato quelli che sull’argomento la pensano diversamente. A seguire il narratore del proprio vissuto fa un salto a piè pari e racconta la fase centrale della propria esistenza. Spiega di avere lavorato quale dipendente del “Ministero Difesa” e poi traslocato nella Polizia Municipale di un Comune della Sicilia, e nell’una e nell’altra, di avere tentato di accedere ai gradi superiori senza mai riuscirci perché gli altri erano tutti più bravi. Quanto al dettaglio ha chiarito di avere frequentato le Medie in un Istituto Religioso, ancora presente nella città in cui vive. Racconta quindi di essersi casualmente fermato nei pressi di tale Plesso scolastico e che dopo avere preso un caffè al bar situato là vicino, gli è venuta voglia, così, all’improvviso, di rivedere l’aula in cui aveva frequentato le Medie. Dopo essersi presentato in portineria, si è incamminato lungo il corridoio di sinistra e giunto davanti alla terza Aula a destra, ha avvertito un aumento del battito cardiaco. Appena aperta la porta, il cuore gli è saltato in gola: cattedra e banchi erano ancora là e quando si è avvicinato al terzo della seconda fila e vi ha appoggiato la mano, gli è parso di sentire una voce flebile sussurrare: “Perché non siedi, perché non ristai”? Per un momento è stato travolto da una particolare emozione; quella che può dare l’abbraccio di un amico d’infanzia che incontri dopo 70anni. E gli è venuto in mente il Carducci del Davanti a S. Guido. “Caro il mio banco di scuola, or non è più quel tempo e quell’età, ormai sono un nonnino, e copie, in specie, non ne passo più”. Vabbè ha scopiazzato il Carducci. Ma solo per trovare la rima. Ha ripreso il racconto della sua vita e spiegato che a Medie ultimate avrebbe voluto proseguire gli studi, anche perché intanto era insorta in maniera pressante la passione per il giornalismo che purtroppo ha dovuto reprimere perché i tempi erano particolarmente difficili e la famiglia aveva bisogno principalmente di qualche supporto economico, perciocché, “obtorto collo” si è visto costretto ad adattarsi a svolgere vari mestieri. Erano i tempi delle vacche magre, nel senso che portare a casa qualche lira era più importante che esibire una Pagella con un bel 9 in latino. Poi alla maggiore età finalmente, l’acquisizione del “posto fisso” e ripresa degli Studi (serali), e accesso alla Facoltà di Giurisprudenza conclusasi dopo due Esami, per la materiale impossibilità di impegnarsi nello studio e frequenza perché nel frattempo incombevano le esigenze delle “tre bellissime figlie” cui ha dedicato tempo amore e fatica e dalle quali è stato compensato oltre ogni aspettativa. Tutte e tre hanno trovato occupazione nel mondo della scuola; due nella pubblica e l’ultima in quella privata. Tutto questo, dopo che nel 1986, ha de deciso di dimettersi dal pubblico impiego, per passare alla libera professione, quale ”Perito Danni Auto” previa acquisizione del titolo, con Iscrizione all’Albo Nazionale e Licenza Prefettizia per “Investigazioni nel settore dell’infortunistica stradale”. Nel 2011 – era ora – ha scritto finalmente la parola FINE alla vita lavorativa””.Ho raccontato a modo mio, una storia di vita vissuta, con i suoi alti e bassi e le” gioie e dolori” che a mio modesto parere rappresentano una dicotomia dalla quale, sono convinto, nessuno al mondo potrà mai affermare di esserne passato indenne, perché: (1)“Per ogni giorno di sole, ci saranno giorni di pioggia, ma è la nostra attitudine che li renderà giorni di felicità o di dolore” (1)”Diario dei pensieri” di J Tolbert
Antonino Marinol