Difficile considerare l’azione di tagliarsi i baffi come qualcosa di spericolato e trasgressivo, anche se questi accompagnano il proprio volto praticamente da sempre. Eppure, quando il protagonista del romanzo intitolato proprio I baffi, terza opera di Emanuel Carrère, prende questa decisione, dà il via a una vera e propria discesa all’inferno.
L’uomo elimina i propri baffi in apertura del romanzo, per la curiosità di scoprire come sta senza, e per fare una sorpresa alla moglie Agnès che lo ha sempre visto baffuto. Da solo, attende le reazioni altrui – insieme ad Agnès stanno per andare a cena da una coppia di amici – con la stessa emozione di un bimbo che ha commesso una monelleria e sa che è solo questione di tempo prima di venire scoperto.
Il protagonista non sta nella pelle; riceverà complimenti? Verrà preso in giro? Sarà sgridato dalla moglie? Semplicemente, non accade nulla, ed ecco che altre domande si alternano: davvero nessuno se ne è accorto? O gli stanno facendo a loro volta uno scherzo?
Né l’una né l’altra. Agnès si dichiara sicura del fatto che lui non abbia mai avuto i baffi. E questo è solo l’inizio, perché in un crescendo di tensione e disperazione la donna smonta altre certezze del protagonista.
Che fare, adesso? Si potrebbe ricorrere alla psichiatria, l’ipotesi viene vagliata e quasi accettata, ma il protagonista sente di non essere pazzo, pur riconoscendo che qualcosa nel suo mondo si è spezzato. Rimane allora la fuga, ultima speranza per un’esistenza che sia, se non felice, almeno serena, anche se in fondo sia il protagonista, che i lettori seguendolo, immaginano che ormai la pace non sarà mai più possibile.
I baffi, come detto in apertura, è una delle prime pubblicazioni di Carrère, risalente al 1986. Facile però immaginare che la stragrande maggioranza dei lettori italiani vi arrivino – grazie alla pubblicazione di quest’anno curata da Adelphi – dopo i libri, cronologicamente successivi, che hanno reso lo scrittore francese celebre in tutto il mondo.
Il tentativo di risolvere il dubbio su cosa stia accadendo tramite ipotesi surreali, e soprattutto il senso di disgregazione della realtà, per esempio, richiamano evidentemente Ubik di Philip K. Dick, di cui Carrère si è occupato con Io sono vivo e voi siete morti.
Anche sui temi della psicoanalisi e del viaggio Carrère si è soffermato spesso (vedasi Vite che non sono la mia, Un romanzo russo, e, in un certo senso, anche L’avversario).
Ne I baffi non mancano momenti di azione – la fuga del protagonista, appunto, o i suoi precedenti movimenti per la città – e di confronto personale – di grandissimo impatto la descrizione del rapporto sessuale tra l’uomo e la moglie in un momento di crisi di entrambi –, ma a predominare sono le costruzioni mentali del protagonista. Costruzioni e distruzioni, in realtà, perché Carrère dimostra tutta la sua padronanza della scrittura elaborando teorie apparentemente inattaccabili, salvo poi farle distruggere lui stesso dalle successive, a loro volta destinate a uguale sorte, e questo moto oscillatorio si trasmette anche al lettore, che si troverà ora tenuto per mano, ora lasciato al proprio destino.