Perché no: basta coi carrozzoni pubblici. E lo Stato non ha risorse

In Italia serviranno 100 miliardi di euro nei prossimi anni per modernizzare la rete idrica (ma anche la filiera della gestione dei rifiuti): una cifra che il pubblico non può più garantire. E’ questa una delle motivazioni principali che i comitati del “No” mettono sul tavolo a proposito del quesito numero uno del referendum. Un “No” che si basa su un concetto: «Il processo di industrializzazione delle reti idriche – spiega il comitato nazionale – non può essere fermato. Farlo imporrà solo l’aumento delle tasse ai cittadini, con maggiore incidenza proprio sulle fasce più deboli della società, senza migliorare la qualità delle risorse e del servizio. La rete italiana perde fino al 60 per cento delle risorse idriche, per ammodernarla occorre favorire l’ingresso di soggetti privati di adeguate dimensioni finanziarie e manageriali. Con la vittoria dei “Sì” la gestione sarà affidata nuovamente nelle mani delle caste della politica municipale. Si gioca, dunque, una partita decisiva per il futuro dell’Italia». C’è anche chi, come il presidente di “Fare Ambiente” Vincenzo Pepe, ritiene «demagogici» i quesiti referendari proposti: «I carrozzoni pubblici non garantiscono più economicità, efficienza e qualità. Come affidare il servizio ai privati? Attraverso una procedura a evidenza pubblica che consente alla pubblica amministrazione di scegliere tra i vari contraenti quello più economico o efficiente, garantendo la partecipazione volontaria del massimo numero di possibili fornitori con un’adeguata pubblicizzazione della gara, al fine di garantire sempre e comunque trasparenza».