Piano Atm, versione seconda, riveduta e corretta. La delibera con il nuovo percorso immaginato dall’amministrazione Buzzanca per l’Atm, dopo l’invito a tornare sui propri passi giunto dal consiglio comunale, è ormai pronta. Ed ha recepito, secondo le prime indiscrezioni, le indicazioni dell’Aula: la messa in liquidazione è sì confermata, ma sarà contestuale alla costituzione della nuova Spa, che non viene, dunque, rimandata al termine dello stesso processo di liquidazione; la nuova azienda che nascerà dalle “ceneri” dell’Atm, inoltre, assorbirà il personale esistente. Tutti felici, dunque? Forse. C’è un aspetto del nuovo piano che potrebbe cozzare con quelle che sono, soprattutto, le volontà del sindacato. Stando sempre alle indiscrezioni di cui sopra, l’azienda nascerebbe interamente pubblica ma il Comune metterebbe a gara il 40 per cento della stessa per darla ai privati. A Palazzo Zanca rimarrebbero il 51 per cento delle quote, mentre per il rimanente 9 per cento l’Amministrazione starebbe pensando ad una soluzione “alternativa”: questa parte della nuova società di trasporti, infatti, verrebbe messa a disposizione della “città” nel senso lato del termine, perché no, anche degli stessi lavoratori. Una formula che andrà verificata e studiata nel momento in cui la giunta varerà il nuovo provvedimento da trasmettere, poi, al consiglio comunale.
Quanto sia difficile la condivisione totale coi sindacati è piuttosto evidente in quanto emerge da un documento (QUI L’ALLEGATO IN PDF) sottoscritto dalle sigle Filt Cgil, Uil Trasporti, Ugl, Orsa, Faisa Cisal e Cub (manca, al tavolo, solo la Cisl). Il fronte sindacale chiarisce senza fronzoli che «mai e poi mai avallerà un progetto di liquidazione dell’Atm di Messina. L’Atm , trasformata in S.p.A. dovrà rimanere a totale partecipazione pubblica e dovrà comprendere tutte le attività produttive collegate alla mobilità cittadina. Il nuovo soggetto giuridico dovrà assorbire, all’interno del suo organigramma, tutto il personale in atto in servizio ivi compresi i lavoratori contrattisti e quelli operanti nella Ztl, mantenendo la posizione giuridica ed economica dallo stesso occupata derivante dai vigenti contratti nazionali autoferrotranvieri e dagli accordi di contrattazione decentrata». Una posizione forte e chiara, che i sindacati spiegano nel lungo documento. Qui viene ricordata, ad esempio, l’anomalia della “veste” giuridica dell’azienda trasporti: «L’Atm è tra le poche realtà siciliane e nazionali a mantenere l’anacronistica veste di “azienda speciale” superata sin dall’introduzione della Legge Bassanini e successivamente dalle modifiche apportate dalla legislazione regionale. Ciò fa si che in realtà il rapporto tra l’azienda, il Comune di Messina e la Regione Siciliana, sia viziato nella forma e nella sostanza, tanto che a differenza delle altre aziende, sia pure private, alla partecipata comunale è addirittura inibito il ricorso al decreto ingiuntivo per l’ottenimento delle somme vantate, così come l’addebito di penali nei casi di inadempienze da parte dell’amministrazione comunale. Questa sconveniente condizione è stata più volte segnalata dall’assessorato regionale trasporti che in merito, essendo obbligato dalla legge ad esercitare i compiti di controllo riguardo all’effettuazione dei servizi, ha addirittura avanzato richiesta all’assessorato regionale Enti Locali per la nomina di un commissario ad acta. Sulla questione pesano inoltre gli interventi della Corte dei Conti e dall’assessorato regionale al Bilancio che hanno chiesto di capire come l’Atm intendesse mettersi in regola e non di meno a che titolo fossero ancora corrisposti all’azienda pubblica i finanziamenti».
«Nel corso dell’ultimo incontro – ricordano i sindacati – l’assessorato regionale Trasporti ed infrastrutture ha espressamente indicato nel blocco dei trasferimenti la logica conseguenza al perdurare di questa condizione, dichiarandosi al contempo disponibile a definire con il Comune di Messina un percorso che porti ad una definitiva soluzione». Ma «la mancata approvazione dei bilanci, ripetiamo obbligatori per legge, tutt’oggi è l'unico impedimento ad avviare la trasformazione della veste giuridica dell’Atm in società di capitali, come previsto dalla normativa vigente che richiama espressamente gli ultimi tre anni». Resta una certezza, il no alla liquidazione dell’Atm: «L’ipotesi di avviare le procedure per sciogliere l’Atm, definita nella delibera di giunta inviata al consiglio comunale da parte dell’amministrazione, non avrebbe risolto il problema dell’Atm, ma solo accollato sul bilancio comunale, e quindi sulle spalle dei messinesi, l’intero onere delle perdite, aggravate dai costi di chiusura attività. Lo scioglimento infatti anche producendo i suoi effetti a distanza di mesi, avrebbe forse alleviato le responsabilità del consiglio comunale, che invece di recuperare gli ultimi 8 anni di inadempienze approvando i bilanci sinora respinti si sarebbe limitato a riconoscere come atto dovuto, quanto risultante dalla procedura, ma non avrebbe certamente risolto il nodo di come gestire il trasporto pubblico e soprattutto come coprire i debiti dell’Atm senza sovraccaricare di tasse i cittadini messinesi».
«Per quanto possa apparire strano – si legge ancora nel documento – l’Atm produce meno debiti se non viene liquidata. Con i trasferimenti bloccati e con il debito contratto con l'assessorato regionale trasporti ed infrastrutture l'unica strada per invertire la tendenza ed aumentare i ricavi risiede nell'aumento dei servizi e nel potenziamento della flotta. Una Atm quindi pubblica, unica ed indivisibile, in cui sia garantito il mantenimento della posizione economica e contrattuale dei dipendenti, la loro costante formazione e la crescita professionale per rispondere sempre più alle nuove e diverse esigenze, e che punti realmente al pareggio di bilancio, contribuendo attraverso il potenziamento dei servizi e le maggiori entrate anche all'estinzione della massa debitoria prodotta dai suoi amministratori. Una operazione così importante presuppone però una chiara presa di coscienza da parte di tutti gli organi comunali, ed un preciso e studiato piano industriale che non sia frutto dell'improvvisazione e non scaturisca dalla mente dei soggetti – concludono i sindacati – che nessun titolo possono vantare in merito e che, al contrario, sono stati finora i protagonisti dello sfascio dell'azienda».