“Parlano di Piano Marshall, ma la realtà offende tutti noi. E viola i principi che la stessa Europa ha indicato per far sì che il Recovery Fund riequilibri gap tra territori”. La verità è che la montagna ha partorito un topolino ed il rischio è che l’Europa cassi (o bocci) il Piano che il governo nazionale sta predisponendo proprio perché non risponde allo spirito individuato dall’Ue.
Come ha sintetizzato Pino Aprile, che ha preso parte alla conferenza stampa on line, la Germania riparte se riparte l’Italia, ma l’Italia riparte solo se riparte il Sud. Ma la bozza del Recovery Fund si gira dall’altra parte al punto che i 7 governatori del Mezzogiorno trasversalmente hanno presentato un documento di fuoco. E anche la Regione Siciliana ha protestato. E il sindaco De Luca, presente in conferenza insieme alla vicesindaca e assessora alla programmazione Carlotta Previti e il dirigente della Città Metropolitana Salvo Puccio, hanno predisposto una diffida che potrebbe diventare il manifesto dei sindaci del sud.
Le diffide, già trasmesse, sono due: una al governo Musumeci ed una seconda al governo Conte. Sono preparatorie ad un’impugnativa che potrebbe scattare qualora la bozza attuale non venga recepita. Le diffide sono state inviate anche a tutti i parlamentari del sud affinchè nessuno possa dire “io non lo sapevo”.
Per l’Italia sono destinati 209 miliardi (127 dei quali in prestito quindi da restituire con gli interessi). Com’è noto l’Europa ha chiesto che le somme vengano destinate secondo criteri che mirano a riequilibrare i gap dei territori. Invece il governo Conte ha usato il solo parametro della popolazione in base al quale al Sud vanno 71 miliardi (invece di una cifra pari al doppio). Una percentuale del 34% che è pari a quella stabilita a livello nazionale come perequazione e che invece annualmente ci viene data in misura massima del 22% e che, anche in questo caso, si rivelerà ben al di sotto di quella ufficiale. E al nostro Pil farà appena il solletico.
“Non è pensabile che si usi solo il criterio della popolazione, quindi si destini al sud una somma di 71 miliardi invece dei 156 con il criterio della perequazione- ha detto De Luca– Se guardiamo la bozza ci rendiamo conto che non c’è alcuna opera nuova, appena 1 miliardo alle città del sud. E se guardiamo le opere previste si tratta di spese già esistenti, si cambia la forma dei finanziamenti. E aggiungo, ma a questo punto se sostituite una fonte ad un’altra le risorse liberate dove vanno a finire?”
De Luca ha ricordato il fiume di miliardi destinati alle Regioni del Nord, a Caput Mundi Roma vanno 500 milioni di euro, 1 miliardo al porto di Trieste ma gli esempi sono a decine. “60 miliardi sui 209 complessivi hanno un nome e cognome e di questi al sud ne va ben poco. Violano i principi comunitari individuati dall’Europa per la ripartizione e per di più parlano in modo ipocrito di Piano Marshall che offende tutti noi”. Una delle due diffide è per Musumeci che ha trasmesso a Roma un Piano di proposte per le quali Messina non è stata consultata (e neanche l’Anci).
Il Comune ha invece predisposto 9 schede per 632 milioni elaborate tenendo conto di tutti i criteri individuati e richiesti. Alla conferenza stampa è intervenuto on line anche Pino Aprile: “Siamo al paradosso. In Italia arriveranno soldi come mai accaduto prima. Ma Conte non ha fatto i conti, nessuno ha fatto i conti. Li abbiamo fatti noi come Movimento per l’equità territoriale (M24A). E sapete che abbiamo scoperto? Che anche in quel 34% che arriva al Sud in realtà si assottiglia perché in quelle somme c’è un 41% che rientrerà al Nord. E arriviamo a quanto accadde con il Piano Marshall, che stabilì per il sud il 34% di risorse che, con il ritorno indiretto al nord, si ridussero al 22%. Esattamente come rischiamo che accadrà adesso. E in più ci spacciano per risorse garantite quelli che sono diritti. Considerano il sud come uno Stato straniero”. Lo scrittore e giornalista meridionalista ha suggerito l’istituzione di un tavolo unico che veda tutte le voci del sud insieme per protestare in modo corale.
E’ stata la vicesindaca Carlotta Previti ad entrare nel dettaglio dei rischi che l’Italia corre se continua ad ignorare il Mezzogiorno come opportunità e a considerarlo come una palla al piede. “La Commissione europea deciderà se e come assegnare tutti i 209 miliardi destinati all’Italia in base alla rispondenza del Piano ai criteri indicati- ha spiegato Carlotta Previti – Ma il Piano attualmente viola tutti i principi indicati, primo tra tutti quello della coesione. Lo spirito del Recovery Fund è ridurre i disequilibri. Invece in Italia si è fatto l’opposto. E’ stato usato il Mezzogiorno per chiedere il massimo delle risorse, salvo poi usare il criterio della popolazione per ripartire le somme. E non c’è stata alcuna condivisione. Rischiamo o la riduzione dei fondi o anche la bocciatura. C’è una miopia politica che ha spinto a non ascoltare neanche la Banca d’Italia che pure ha lanciato l’allarme”.
E’ stato inoltre rilevato come già adesso, del 34% al sud destinato annualmente, ne arrivi una media del 22%, con un sottodimensionamento degli investimenti. E il rischio è che il Pil del sud resti al di sotto della media europea. Salvo Puccio si è soffermato sui criteri richiesti per inserire le opere nel Recovery Fund e quindi l’esistenza di progetti esecutivi, di cantierabilità, sistemi di controllo e gestione, cronoprogramma, ricadute occupazionali, impatto ambientale. Eppure, guardando gli elenchi, questi criteri non risultano. Invece, come ricordato anche da De Luca, non c’è il Ponte sullo stretto che è l’unico progetto attrattore d’investimenti.
Tra le 9 schede presentate dal Comune di Messina ci sono le opere per il risanamento, l’Hub d’innovazione, le reti idriche, l’innovazione digitale. “Siamo stati coinvolti a settembre dall’Anci – ha spiegato la Previti – e abbiamo fatto un lavoro intenso insieme alle 14 Città Metropolitane. Abbiamo predisposto le nostre schede e siamo risultati, come entità dei progetti, primi, seguiti da Genova”.
De Luca annuncia che l’azione sarà su più fronti: le diffide e l’azione politica. L’obiettivo è evitare di arrivare ad impugnare il Piano ed invece usare la protesta politica coinvolgendo tutti gli attori del mezzogiorno, dai sindaci ai parlamentari, ai movimenti del territorio.