Il dado è tratto (o, almeno, così sembra): il vivace dibattito in merito ad un utopico riordino dei giochi terrestri, che nell’ultimo anno e mezzo ha infiammato gli animi durante gli innumerevoli incontri della Conferenza Stato Regioni, è recentemente sfociato in una normativa che, seppur prevedendo l’auspicata rottamazione di un ingente numero di slot machine e la riduzione dei punti gioco entro il dicembre 2019, ha destato il tripudio delle istituzioni a scapito del malcontento dei più.
Addentrarsi nei meandri della delicata situazione è fondamentale per cogliere il nocciolo della questione: nel pomeriggio di giovedì 7 settembre, dopo agguerrite trattative tra enti locali e Governo, è stata sancita da un voto unanime l’ambita intesa in tema di gioco d’azzardo che, in un’ottica di prevenzione della dipendenza e di lotta alla ludopatia, ha sigillato e previsto il dimezzamento sostanziale delle sale da gioco terrestri, il riposizionamento delle stesse a distanza di sicurezza da luoghi sensibili quali scuole, ospedali e impianti sportivi, nonché sistemi di videosorveglianza ed accesso selettivo per mantenere alti gli standard di qualità e sicurezza delle slot machine.
Ebbene, stando a quanto pattuito, gli odierni 96.800 punti di gioco sparsi su tutto il territorio scenderanno a 48mila e, tra questi, anche bar e tabaccherie dovranno adeguarsi a quanto stabilito per sale da gioco e centri scommesse, garantendo non solo un adeguato collocamento delle slot machine in sale ridimensionate ma anche il serrato controllo degli accessi tramite documento identificativo per scongiurare il rischio di accogliere, inconsapevolmente, anche minori. Le new slot (Awp), invece, a seguito di un taglio percentuale del 35%, scenderanno da 400mila a 265mila e Regioni e Province autonome saranno libere di prevedere forme maggiori di tutela per la popolazione stabilendo orari di apertura e fasce orarie di chiusura, inibendo inoltre l’esposizione di immagini o slogan che inducano al gioco d’azzardo.
La situazione parrebbe dunque risolta eppure è singolare come come le posizioni di Governo, associazioni e gestori continuino ad esser contrapposte: l’entusiasmo col quale il sottosegretario all’economia Pierpaolo Baretta accoglie questo “primo significativo tassello di una strategia complessiva di riforma del settore, che sancisce una vera inversione di tendenza e rende la tutela della salute, la sicurezza pubblica ed il contrasto all’illegalità un obiettivo generale del Paese”, mal si concilia con quelle che sono le convinzioni e le dure critiche espresse da Alberto D’Urso, presidente del Comitato Nazionale Antiusura, che tuona una pesante accusa affermando che la manovra del Governo mira all’aumento delle entrate erariali nonché al profitto delle concessionarie dell’azzardo, a scapito dei poveri “italiani che sono stati ristrutturati come massa di giocatori patologici, senza che la politica tutelasse l’ordine pubblico”.
Quanto disposto non convince neanche il presidente di Sistema Gioco Italia, Stefano Zapponi, secondo il quale “l’accordo non raggiunge gli scopi che ci si era prefissati, ossia la tutela dell’ordine pubblico, degli investimenti industriali, di una corretta gestione del gioco legalizzato e la tutela della salute delle persone. La direzione in cui bisogna andare è una: l’espulsione del gioco lecito dall’Italia”.
Il riordino e la redistribuzione dell’offerta di gioco diffusa sul territorio, così come partoriti dopo la lunga gestazione e le estenuanti trattative tra Stato, Regioni ed Enti locali in Conferenza Unificata, entusiasma invece a livello locale i Sindaci, che vedono enormemente accresciuto il proprio potere grazie all’elevato numero di facoltà loro concesse. Ad entrare nel merito della questione è Antonio Decaro, presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, il quale sostiene che, finalmente, “come sindaci abbiamo ottenuto quello che volevamo, quello che le nostre comunità, le associazioni attive sul territorio, la rete del sistema sociale che ha a che fare ogni giorno con la ludopatia, ci chiedevano”.
Le trattative, insomma, paiono concluse. Peccato che lo stesso non possa dirsi per quanto riguarda polemiche e dissapori.