Cateno De Luca show. Nella sfida per il seggio che fu di Berlusconi, al Senato, provincia Monza-Brianza, 22 e 23 ottobre, la sua partecipazione non è rimasta inosservata. Oltre al favorito Galliani, per il centrodestra, e lo sfidante Cappato, per il centrosinistra, sul piano mediatico si è ritagliato un ruolo di rilievo. Nel frattempo, il leader di Sud chiama Nord rilancia il tema del referendum sul ponte sullo Stretto in Sicilia, nella sua ultima diretta e durante il finale della campagna elettorale. E contesta il ministro Salvini: “Volevamo il ponte nel 2006 perché ci battevamo per il corridoio Berlino-Palermo, finanziato al settanta per cento dall’Unione europea e non con le tasse degli italiani. Un progetto che finanziava l’alta velocità da Salerno a Villa San Giovanni”.
Insomma, De Luca flirta politicamente con Bossi e il leghismo autonomista, contro “Roma padrona”. Fa lo show con le sagome di Cappato e Galliani. Sceglie come “nemico” Salvini e annuncia un dossier all’Ars sul ponte sullo Stretto. Progetto che arriverà “ai 20 miliardi”, dichiara. Da qui il lancio del referendum per mettere in discussione l’attuale disegno del centrodestra.
E, ancora, sempre in questo periodo, il libro per Mondadori in cui si racconta (“Non tutto è successo!”); la narrazione dei sacrifici del padre emigrato in Lombardia, in baracca, nelle immancabili dirette. Momenti social, nel suo stile, tra confessioni private e feroci invettive contro gli avversari, gli esami al Conservatorio e le espressioni colorite.
L’idea del referendum piace al portavoce del Gruppo +Europa Messina Giulio Perticari: “Un ottimo strumento di democrazia partecipativa. Meglio tardi che mai, nell’ambito della Regione siciliana. Al Comune di Messina, invece, vige uno statuto che elenca una serie di strumenti di democrazia partecipativa (compreso il referendum) che sono rimandati ai regolamenti per la loro attuazione. Regolamenti che non sono mai stati realizzati. A Federico Basile, sindaco di Messina, desidero ribadire che anche risolvere questa questione rientrerebbe nel meglio tardi che mai“.
E, a proposito dell’amministrazione Basile, la maggioranza del Consiglio comunale di Messina si è ridimensionata e il partito mostra parecchie crepe. Ecco il punto debole politico del Cateno De Luca show, da Messina a Taormina e alla Brianza: il fallimento o l’attuale insuccesso è nella costruzione di un partito slegato dalla figura, “dittatoriale” secondo Musolino, del lider maximo. Dopo le regionali, il capo di Sud chiama nord e Sicilia Vera aveva evidenziato: “Il movimento non si chiamerà Cateno De Luca, si aderisce, ci si iscrive, si deve formare una classe politica, voglio tornare ai meccanismi dei partiti di un tempo, coinvolgendo in una lista i giovani. Voglio formare la classe dirigente del futuro, con percorsi di militanza. Iscrizioni, gruppi di liberazione, dibattiti, manifestazioni per scendere in piazza”.
Tuttavia, De Luca ha imposto la sua tendenza di eterno candidato e sindaco e il resto della classe dirigente, a parte qualche singolo, stenta ad affermarsi. Il tutto in attesa di capire, in vista delle Europee, se la sua forza politica rimarrà in ambito regionale o sarà anche nazionale.
Nel frattempo, si moltiplicano gli attacchi dell’ex assessora e senatrice Dafne Musolino. Qualcosa, decisamente, non ha funzionato nella gestione politica dopo i successi elettorali del 2022.