Il secondo quesito si collega inevitabilmente al primo, avendo in comune l’abrogazione della via che porta alla privatizzazione del servizio idrico. Per questo le ragioni del “no” all’abrogazione stessa sono più generali: «L’ordinamento giuridico nazionale – è la posizione del Comitato nazionale – ha scelto l’opzione della proprietà pubblica dell’acqua allo scopo di salvaguardarne l’uso entro limiti di sostenibilità sociale e ambientale. Quando l’ente pubblico affida la gestione del servizio idrico a un soggetto pubblico o privato, non vende l’acqua ma gli affida la gestione delle reti e degli impianti; gestione che, nel rispetto delle regole, dovrà soddisfare diversi interessi, in primis quelli dei cittadini utenti».
«E’ l’autorità pubblica – viene spiegato ancora – che determina la tariffa e ne controlla la corretta applicazione. Il gestore, pubblico o privato, non ha alcun potere d’intervento nel merito sulla tariffa dell’acqua. In questi giorni, maggiori e più ampie garanzie sono state introdotte grazie all’istituzione di un’Autorità sull’acqua: un soggetto imparziale, svincolato dal potere politico, che definirà le regole, ne imporrà il rispetto, vigilerà sulle tariffe, promuoverà l’efficienza, l’economicità e la trasparenza nella gestione dei servizi idrici. Sarà organo indipendente di riferimento a tutela degli interessi del cittadini-utente e costituirà una garanzia per il libero mercato, in modo da favorire nel nostro Paese, non la privatizzazione, bensì la industrializzazione del servizio idrico integrato».