Chissà cosa avrebbe detto Nicola Giunta ieri, seduto tra gli amici che Fulvio Cama ha scelto (pochissimi in tempo di covid e con tutte le dovute precauzioni) per presentare alla città il suo ultimo lavoro, il cd autoprodotto “Cu cunta menti a giunta”. Quel Giunta che rappresentò nella sua produzione poetica, con ironia senza filtri e senza mezze misure, la sintesi dei vizi e delle virtù del popolo reggino. E in più l’arte della rappresentazione ora in versi dialettali, ora in soggetti di teatro della storia dell’uomo che non ha mai smesso di suscitare dibattiti, attenzione fino a questo ultimo lavoro musicale tanto originale quanto fedele allo spirito del poeta.
13 tracce, 13 poesie quelle che sceglie il musicantore di Reggio, forse i versi più significativi per irridere (insieme a noi e ancora con Nicola Giunta) della pochezza degli uomini. Quelle parole che Giunta non usava come lamento, ma come denuncia ironica di un modo di essere quasi “antropologico”.
Presenti, nella sala del vicesindaco di palazzo Sa Giorgio, lo stessoTonino Perna, lo storico Daniele Castrizio, l’assessore Demetrio Delfino, il dottore Edoardo Lamberti Castronuovo, il grafico Dave Autellitano e l’erede indiscusso di Giunta, il poeta Giuseppe Ginestra che tra un ricordo e l’altro ha richiamato la vita, il carattere di un “reggino antico e potente” un reggino che “voleva stare solo da solo” e che ha lasciato un’eredità importantissima, ancora attuale. Ogni poesia, infatti, sembra porti la data del 2020 e non quella del secolo scorso.
“E’ il mio regalo alla città. Un lavoro lunghissimo e complesso. Mentre lavoravo ogni poesia chiamava la sua musica che doveva essere coerente, pregnante, aderente alle parole del poeta. Un regalo che ho deciso di fare soprattutto ai giovani perché capiscano il valore e il potere del dialetto che ci rende unici, ma anche dell’ironia. Un progetto che omaggia uno, se non il più importante, poeta reggino del secolo scorso. Un poeta che prima di tutto era un uomo. Amante straordinario di Reggio e per questo “giudice implacabile dei vizi. Amico paterno quindi e non nemico della città” conclude l’artista Fulvio Cama.