La città è talmente devastata che solo chi ha motivi personali per negarlo lo nega. Non vale la pena su questo spendere parole: lo hanno già fatto i pochi turisti giunti a Reggio in questa breve estate, così come gli operatori commerciali, così come i tanti fuorisede rientrati, così come decine di migliaia di cittadini. Reggio è una città piagata non solo per i rifiuti, l’acqua, le strade, i servizi, le tasse, ma anche per un tasso di disoccupazione che dopo il lockdown è di piena emergenza.
Lo avevo già scritto a marzo e lo ripeto adesso, però col senno di poi. L’assenza di trasparenza in tema di gestione ordinaria – e il ricorso costante, con soldi pubblici, a interventi straordinari da parte dell’amministrazione uscente – espone la cittadinanza al solito gioco di clientele e ricattabilità sociale.
Una partita nella quale, come è nell’ordine naturale delle cose, scende in campo la sola forza che occorrerebbe contrastare: la politica clientelare. In questo, al netto di aspetti ideologici che non trovano alcun riscontro nelle concrete scelte di governo della città, i due grandi schieramenti di cdx e csx sono due facce della stessa medaglia. La retorica del voto utile serve solo a chi la afferma: i fatti ci dicono che, per la quasi totalità del mandato, con una maggioranza di governo nazionale, un PD addirittura al 40% per una lunga fase e un governo regionale con le stesse caratteristiche, il Sindaco uscente non è riuscito ad affrontare neanche uno dei problemi della città.
Anzi. Il timore legittimo per una possibile affermazione della Lega nasce prima di tutto da questa inconfutabile verità, senza la quale oggi non saremmo qui a porci come valida alternativa: la gestione di questi sei anni è, a essere buoni, fallimentare. Ma crediamo che la Lega, così come le destre, si possano contrastare solo con un programma chiaro, definito e che decisamente si collochi come discontinuo rispetto all’attuale.
Assistiamo oggi, come avevamo appunto previsto a marzo, a inaugurazioni, installazioni artistiche, recuperi di manto stradale, allacci alla rete fognaria, da una parte; dall’altra, a silenzi imbarazzanti sul presente e sul futuro degli appalti milionari sui rifiuti, nomine di garanti, nomine nelle partecipate del Comune, liste elettorali come se piovesse, silenzio assoluto sulle centinaia di cantieri pubblici fermi e riflettori accesi sui pochi tardivamente attivati…
Improvvisamente vediamo che i soldi c’erano, potevano esserci. Ma adesso vengono spesi in maniera disordinata, senza condivisione con una cittadinanza che è semplicemente spettatrice di una campagna elettorale fatta coi soldi pubblici e in uno scenario di disgregazione sociale inquietante.
Non serve chiudere gli occhi per tornare al passato. È già qui. Con un debito comunale che pare essere di circa 400 milioni e uno stile elettorale del genere, torniamo precisamente a quella stagione che credevamo superata col passaggio dei commissari. Reggio, dopo sei anni, si trova a ripartire da lì. So bene che i sostenitori del “male minore” e del “voto utile” storceranno il naso. Molto semplicemente, dico che il male minore dovrebbe essere la vergogna. Quando entreremo a Palazzo
San Giorgio, in mezzo ai conti di un bilancio mai chiarito, troveremo e recupereremo pure quella.