REGGIO CALABRIA – Al Palazzo della Cultura Pasquino Crupi della Città Metropolitana si è svolta l’inaugurazione della mostra d’arte “Tre sale cablate” di Salvatore Minoliti, curata da Angela Pellicanò. Nella conferenza stampa, di fronte ad una sala gremita, il consigliere delegato metropolitano alla Cultura Filippo Quartuccio ha spiegato che l’evento si inserisce in una programmazione più ampia ed articolata e segna una delle fasi più interessanti del percorso di sviluppo culturale intrapreso dalla struttura.
In particolare viene ricordato l’impegno istituzionale per far sì che Palazzo Crupi e le sue opere valichino i confini territoriali per un viaggio di “andata e ritorno”, in termini di immagine e valorizzazione culturale, che coinvolgerà importanti Comuni del nord Italia in collaborazione con il Ministero della Cultura. Nelle scorse settimane, nell’ambito del Salone del Libro di Torino, era stato presentato il Catalogo delle opere di Palazzo Crupi, pubblicato da una nota casa editrice nazionale; un altro prestigioso ed importante traguardo che offre visibilità al patrimonio custodito di questa importante struttura. L’artista Minoliti ha voluto affidare ai suoi lavori ogni tipo di descrizione demandando all’arte il ruolo che le compete: “parlare” e comunicare l’invisibile; ovvero ciò che non trova sufficiente espressione nelle parole.
La curatrice Angela Pellicanò, con grande puntualità, ha offerto degli strumenti di lettura ed interpretazione del ricco lavoro di Minoliti esposto in queste “Tre sale cablate”; spiegandone e declinandone il concetto ispiratore di fondo. Citando Georges Braque, infatti, la Pellicanò esordisce con “L’arte è una ferita che diventa luce”. E prosegue “Le opere di Minoliti si riconoscono in questa visione, trasformando le ferite dell’esistenza in lampi di luce che possono illuminare il cammino ma anche ferirci mostrandoci una verità non filtrata. La sua arte svela la bellezza nascosta nella consunzione degli oggetti, ci ricorda che la vita è un gioco assurdo e grottesco, assiepata tra matasse di nervi e filamenti miologici e impara la libertà ridendo o aggredendo volumi pressati nelle teche o tra le impenetrabili e ambigue forme. Più si avvicina la forma, più si allontana il soggetto. Più si allontana il soggetto, più la capacità di non farsi ingabbiare, opera su qualcosa che va oltre il sé Minoliti. Di questo groviglio si nutre l’opera dell’artista; da questa ambizione nascono le sue opere”.
La Pellicanò chiude con “L’artista non si limita a manipolare la materia, ed il risultato è un’arte viva, pulsante, a tratti cinica, mai debole. Cavi un tempo simbolo di connessioni con il mondo esterno, transito immaginifico, semplicemente, una volta dismessi, diventano dispositivi di volontà contro estetiche dominanti e omologazione. Cosa significa essere connessi oggi ha la stessa valenza dell’esserne consapevoli”. Al taglio del nastro si sono presentati in moltissimi, cittadini e appassionati di arte ma anche tanti turisti provenienti da varie parti d’Europa che in questi mesi stanno affollando i siti culturali della città. Un avvio che già parla di successo.