REGGIO CALABRIA – Non hanno quasi profferito parola, se si eccettua il “suggerimento” social al sindaco sospeso Giuseppe Falcomatà di dimettersi, da parte del neocoordinatore metropolitano e consigliere comunale di Coraggio Italia Massimo Ripepi.
Loro sono i consiglieri e gli strateghi del centrodestra reggino e calabrese. Che, dopo la sentenza “Miramare”, hanno ben compreso d’avere un pallone piazzato sul dischetto. E che, dagli 11 metri, o fai goal oppure, al di là delle tecnicalità – palo, parata, “liscio”, fuori, sopra la traversa… -, hai perso l’occasione forse irripetibile di vincere la partita.
Ecco allora che su più fronti è nata una “pazza idea”. Avete presente la famosa immagine del coordinatore provinciale e deputato di Forza Italia Ciccio Cannizzaro a Montecitorio con la maglia amaranto della Reggina, vero?
Ecco: indipendentemente dal “bene” della città – concetto molto personale, come già da molti anni si può vedere –, l’idea sorta proprio dal coordinatore provinciale forzista già poche ore dopo il verdetto in aula bunker era di “dare un segnale forte”, facendo in modo che i consiglieri comunali di centrodestra si dimettessero in blocco.
Un’ipotesi di lavoro – per così dire – che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto risolversi nel giro di poche battute mattutine, alla sede provinciale azzurra di via Quartiere Militare. Non è andata affatto così, come vedremo.
Obiettivo delle ipotetiche dimissioni di tutti i consiglieri di centrodestra? Al mio segnale, scatenate l’inferno!, avrebbe detto il Gladiatore cinematografico.
E quindi, in realtà, finalità duplice.
In prima battuta, tentare la classica spallata. Insomma, approfittando dell’enorme caos istituzionale e partitico, provare a scardinare l’Ente comunale e portare allo scioglimento di Palazzo San Giorgio.
In subordine e ben più realisticamente, considerando che né dei vecchi né dei venturi elementi del centrosinistra in Assemblea nessuno ha voglia né motivi di dimettersi (salvo che il Pd non decida l’harakiri, ma è assai improbabile), il tentativo di una “mini-spallata”. Dare insomma un segnale non tanto a una maggioranza più impazzita di una maionese malriuscita, ma più che altro alla città. Un memorandum politico che però, in caso di ulteriori scossoni, potrebbe anche costituire una via indiretta per centrare l’obiettivo maestro, l’impervio tutti a casa.
Ecco allora che nella mattinata di ieri scatta il vertice chez Cannizzaro.
Il coordinatore nazionale per il Mezzogiorno degli azzurri pressa all’inverosimile per le dimissioni generali istantanee: insieme a lui, a parte un po’ tutti i consiglieri comunali di coalizione, ci sono anche gli esponenti apicali. Nel senso che per i berlusconiani c’è il “padrone di casa”; per Fdi c’è il consigliere regionale reggino Peppe Neri, delegato dal coordinatore provinciale meloniano Denis Nesci; a rappresentare la Lega, c’è il coordinatore metropolitano Franco Recupero; Coraggio Italia vanta al timone il neocoordinatore metropolitano Massimo Ripepi, che comunque è pure consigliere comunale.
Davanti a tutti loro, Cannizzaro dà lettura della bozza di un documento politico davvero molto severo, che taccia di «sfascio» durato sette anni il centrosinistra e Giuseppe Falcomatà in particolare. Ma il parlamentare, che sa come van le cose del mondo…, preferisce rinviare l’inoltro del testo. «Ve lo mando», dirà a fine incontro: fatto sta che, a mezzanotte tra domenica e lunedì, praticamente nessun altro lo ha avuto.
Le posizioni sono chiare quasi da sùbito: la stragrande maggioranza dei consiglieri non intende tornarsene a casa e – commenta un po’ pomposamente uno di loro –, «tradire il mandato degli elettori».
Perché poi, argomentano, la vita dell’Ente andrebbe bellamente a proseguire, con altri consiglieri comunali d’opposizione, i primi dei non eletti, cooptati a surrogare i dimissionari.
La logica del segnale forte appassiona solo il giovane capogruppo forzista Federico Milia, peraltro vincolato a Cannizzaro da legame politico sostanzialmente indissolubile oltre che parentale, e (…un po’ meno?) Tonino Maiolino, autore di una prova elettorale maiuscola alle ultime Regionali.
Tutti gli altri consiglieri (incluso l’altro berlusconiano Antonino Caridi) s’esprimono in senso negativo, con un’eccezione: quella di Nicola Malaspina. Il consigliere comunale di ReggioAttiva concorda con Cannizzaro & C., non si può far finta di niente: la città non capirebbe.
Tra i diretti interessati, si distinguono due sotto-posizioni in particolare. L’ex candidato sindaco Nino Minicuci (Lega) è l’alfiere più radicale dell’idea complessivamente maggioritaria: dimettersi sì, ma solo in caso di contestuali dimissioni da parte di un numero di consiglieri di maggioranza tale da poter provocare il diretto scioglimento del Consiglio e il ritorno alle urne. Su questo terreno anche il capogruppo Peppe De Biasi.
Il già citato Ripepi e Gianluca Califano – primo dei non eletti che subentrerà a Saverio Anghelone, anche lui condannato a un anno di reclusione in primo grado per il “caso Miramare” e dunque sospeso da consigliere per 18 mesi – propendono invece per una via decisamente più lunga, ma che a loro avviso lascerebbe un segno molto più forte nella pubblica opinione. Coraggio Italia indica la richiesta di convocare un Consiglio comunale aperto, nel corso del quale i consiglieri di centrodestra presentino le proprie dimissioni simultanee, in modo che l’intera Reggio Calabria possa apprendere le argomentazioni di questo “gesto estremo” dell’opposizione e, perché no?, anche le motivazioni per cui i consiglieri di maggioranza, malgrado le mazzate giudiziario-amministrative, preferiscano mantenere la poltrona.
Tutti se ne vanno dunque senza la bozza di documento congiunto e senza una decisione corale o risolutiva. Ma non tutti insieme…
Accade infatti uno psicodramma dentro Fratelli d’Italia. E qui una premessa è d’obbligo: l’ex consigliere metropolitano delegato Demetrio Marino, da tempo ormai passato nelle fila di Fdi, non ha amato molto il gesto della dirigenza del partito di negargli, di fatto, la candidatura alle ultime Regionali. Una tornata elettorale per la quale Marino si sentiva prontissimo.
Ora, nel corso della discussione Marino ribadisce che non è il caso di lasciare per poi farsi sostituire: non cambierebbe nulla, spiega. Però la linea del partito di Giorgia Meloni, come detto viene espressa in sede di riunione da Peppe Neri. Che – evidentemente, concorde Nesci – aderisce in toto all’idea di Ciccio Cannizzaro: «Occorre dimettersi – spiega –, i reggini debbono vedere una nostra posizione dirompente, “di rottura” rispetto a sette anni di malgoverno e al caos in cui persino le ultime scelte di Falcomatà stanno lasciando Comune e Città metropolitana».
Non ha fatto i conti con Marino, però. Che a questo punto, arrabbiatissimo, prende la porta e fa sapere che, se il partito gli chiederà di lasciare, sarà lui a lasciare il partito.
La verità è che (tanto per cambiare!) anche su questo deciderà Roma.
E già nelle prossime ore si dovrebbero registrare esternazioni ufficiali di Antonio Tajani – per forza di cose –, Matteo Salvini e Giorgia Meloni: un trittico di leader nazionali che, prendendo posizione, “chiuderebbe la partita”.
Nel frattempo, per aggiungere altro sale a una pietanza politica che per salinità ricorda più o meno la salsa di soia…, il centrosinistra ha deciso che no, non bastavano i casini già combinati con la condanna in primo grado al “processo Miramare” di mezza dirigenza tra bi-sindaco (ora bi-sospeso), assessori comunali e metroconsiglieri delegati; la scelta “in solitaria” di Giuseppe Falcomatà di due “effe effe” nessuno dei quali del suo partito, il Pd; gli ovvi “venti di guerra” la spessissima coltre di silenzio che, come la nebulosa di Star Trek, da quel momento in poi ha avvolto l’intera truppa reggina della coalizione…
No: in una situazione incandescente, in cui la città ha le stesse certezze del valore dei pesos argentini al tempo del generale Videla…, bisognava anche tirarla un po’ per le lunghe.
Ed ecco che – malgrado un comunicato ufficiale con cui il Pd calabrese annunciava l’interpartitica per stasera, eh – arriva la stringata, saliente notizia dello slittamento della “resa dei conti” solo per la sera di mercoledì 24.
Fin troppo chiaro che la situazione non sia facile da sbrogliare. E i dati qui sono due: il primo, che c’è un Partito democratico arrabbiato jena-style, dopo l’inopinata detronizzazione dal ruolo apicale in entrambi gli Enti territoriali. Solo per guardare alla Calabria, l’irritazione del capogruppo dèm a Palazzo Campanella Nicola Irto è alle stelle, giura chi lo conosce bene. Il secondo: tra i consiglieri comunali nessuno, ma proprio nessuno, vorrebbe andarsene a casa spontaneamente.
Ecco che alcune domande bisognerebbe porsele. Cosa c’è dietro la ventilata richiesta di molte ma molte più postazioni e deleghe “pesanti” a Comune e MetroCity – ove necessario, previo azzeramento di quanto già attribuito in precedenza dall’allora sindaco in pienezza di poteri Falcomatà – ad opera dei dèm? Soprattutto: cosa c’è dietro questo precipitoso e curioso rinvio?
In realtà, la dilazione di due giorni è dovuta a una discussione particolarmente intensa all’interno del Partito democratico. Che, dice una “gola profonda” molto affidabile, «si sta definitivamente orientando a mollare Giuseppe Falcomatà, preparando ogni tassello necessario per nuove Amministrative a Reggio Calabria». Questo perché, trapela, «a livello nazionale tutte le correnti del Pd si sono espresse e hanno tutte, senza eccezioni di sorta, “affondato” il sindaco sospeso».
Come Tempostretto ha più volte scritto in queste ore drammatiche, il fattore scatenante rispetto a un’ipotetica decisione che risulterebbe inedita e davvero politicamente violentissima è, ovviamente, il solipsismo di Falcomatà.
La sua volontà di decidere tutto, in perfetta solitudine, scardinando il Pd dalla reggenza sia del Comune sia della Città metropolitana sarebbe «vissuta come un affronto» dai vertici dèm.
Da Enrico Letta in giù.
L’inedita svolta – questa lo sarebbe davvero, eh – potrebbe arrivare nelle prossime ore. E in questo senso, i vertici piedini guardano con grande attenzione alle reali determinazioni in seno all’opposizione al Comune…
A quanto si apprende, oggi si terrà infatti una riunione riservatissima in seno al Partito democratico al termine della quale, ecco il motivo “vero” del rinvio…, secondo fonti particolarmente qualificate si andrebbe a chiedere ai consiglieri comunali piddini a Palazzo San Giorgio di «dare la botta finale».
Coraggio? Irresponsabilità? Semplici boatos “tattici”? Atto di forza?
Innanzitutto, occorra attendere che accada.