REGGIO CALABRIA – Niente da fare.
L’ex sindaco di Calanna Luigi Catalano ne era convinto: il verdetto della sezione di Reggio Calabria del Tar calabrese non ha “fatto Giustizia” per questioni di mera forma sui presunti brogli elettorali alle Comunali del settembre scorso, aveva affermato “a caldo”. E il responsabile regionale di Nuova Italia unita (altri d’area-centrodestra con lui), così come il legale del Niu Giacomo Falcone, s’era detto certo che il Consiglio di Stato avrebbe suonato tutta un’altra partitura.
Invece, anche il verdetto di seconda e ultima istanza da parte del massimo organo della Giustizia amministrativa ha detto altro: almeno per quanto attiene agli aspetti elettoral-amministrativi -appunto – nulla quaestio. Ricorso respinto per Catalano e per il leader dell’opposizione a Palazzo San Giorgio, Antonino Minicuci, anche a Palazzo Spada.
Insomma, “si sgonfia” e di molto la campagna politico-mediatica che aveva fatto seguito alle misure cautelari disposte nel dicembre scorso per i presunti brogli alle Comunali del settembre 2020 (con coda al ballottaggio che ha visto il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà riconfermato con ampio margine sullo sfidante, l’oggi consigliere comunale leghista Nino Minicuci).
Cosa fondamentale da chiarire: in ogni caso, resta del tutto impregiudicata l’amplissima portata penalistica della questione (gli ex aventi diritto al voto defunti prima del settembre 2020 che “avrebbero espresso il loro voto” ugualmente e così via) collegata ai presunti brogli elettorali dello scorso anno.
Ciononostante, la botta per i detrattori di Falcomatà & C. appare forte: specialmente considerando che il presidente Diego Sabatino e gli altri giudici amministrativi di seconda istanza, in sentenza, parlano con chiarezza di «palese infondatezza dell’appello».
Di fatto, nel merito delle altre censure al verdetto da parte della sezione reggina del Tar della Calabria non si entra proprio: resta il macroscopico – secondo il collegio giudicante, almeno – vizio di forma, che hanno portato all’irricevibilità e inammissibilità del ricorso già in primo grado di giudizio.
Al punto che le eccezioni pregiudiziali su questi due nodi non vengono neppure vagliate, come si legge nel verdetto: siamo di fronte a una sorta di lite temeraria.
Del resto, evidenziano i magistrati di Palazzo Spada, le indagini penali in corso «non sono chiaramente idonee a dimostrare l’illegittimità dell’atto amministrativo impugnato, in quanto non vi è ancora alcuna pronuncia giurisdizionale di merito e ancor meno definitiva».