"Mio malgrado devo, ancora una volta, intervenire sul palazzetto di largo Avignone per precisare brevissimamente (senza tanto girarci intorno e senza voler accendere polemiche ) un paio di cose semplici ed elementari. La prima considerazione , riguarda il modo di concepire il restauro architettonico e l' inserimento del moderno sull' antico . Precisando che per personale percorso professionale – in caso di eccessive lacune , squarci e intere parti mancanti di edifici storici – prediligo il metodo dell' inserimento del moderno sull' antico .Dove, però , la parte originaria dell' edificio risulti la protagonista del progetto (metodo del quale il veneziano Carlo Scarpa fu maestro assoluto) . Per operare tale fusione occorre grande sensibilità ,conoscenza e venerazione assoluta per l'opera antica , cosa che nel caso di specie non mi pare poter rilevare . Nel restauro non mi risulta si intervenga abitualmente con le ruspe ! … qui ,volendo semplificare , l' operazione immaginata sembra essere stata : lasciare tutto all' abbandono e alla severa azione del tempo , sventrare il palazzetto , togliergli le parti interne e quelle laterali ( ritenute di poco pregio ) , rimuovere la sola facciata per rimontarla ( come fosse un poster tridimensionale ) sui piani bassi di un grattacielo, svettante sulle fondamenta di un sito di dichiarato interesse archeologico . Se facendo una trasposizione letteraria ci trovassimo dentro un romanzo "noir" o un libro "giallo" ,l' investigatore del racconto probabilmente avrebbe pensato al "delitto perfetto" . La seconda costatazione – indice che esiste un' altra scuola di pensiero ( non certo minoritaria ) oltre quella che ha fatto dire si all' intervento – è che altre voci autorevoli, più di quanto possa esser questa , hanno contestato aspramente , sia la demolizione sia l' intervento progettuale illustrando per quali motivi l'opera storico/architettonica resta significativa e perché essa andava salvaguardata integralmente .Sotto questo aspetto pertanto, non si ritiene di dover aggiungere nulla ,preferendo fare rimando ai vari ed interessanti contributi , offerti da studiosi , storici ed architetti reperibili in rete sulle varie testate giornalistiche . Andando oltre ,ma senza volersi avventurare giuridicamente nel merito del "piano casa" e sulla sua fattibilità o meno in zona omogenea "A" cosi come definite dall' art. 2 D.M. 1444 del 1968 , ci limitiamo soltanto a porre la riflessione che : se l' interpretazione corretta fosse quella più permissiva avremmo presto una esplosione di funghi di cemento dentro le preziose mura dei palazzi antichi fuori porta , in ragione anche, della straconvenienza sull' abbattimento degli oneri concessori e i premi di cubatura previsti dal Piano Casa . Un rischio enorme per il nostro patrimonio architettonico minore. Davvero ci risulta impensabile che questo potesse essere l' intento del legislatore ! Tornando al punto di prima , a voler attenersi a quanto dichiarato recentissimamente qui a Messina ,dallo stesso Assessore Regionale ai BB.CC. ,credo si sia tutti capito, che, per la Soprintendenza il progetto del grattacielo vada rivisto e rimodulato, prevedendo – questa volta – un numero più che dimezzato di piani. Lo stesso assessore , evidentemente, vedendo i luoghi, ha immaginato un progetto piu equilibrato e più rispettoso ,della parte settecentesca, di quanto non sia stato quello proposto . Mi chiedo allora : " di cosa e di quale progetto stiamo parlando ? " Aiuterebbe il dibattito , se l' Ordine degli Architetti intervenisse ( dando al contempo atto che spesso meritoriamente lo fa ) – oltre che a difesa d' ufficio degli iscritti – anteponendo la tutela della buona architettura : sia essa moderna , sia essa antica, sia essa antica ma diroccata. Ferzan Ozpetek ( regista) : " Si lasciano mai le case dell' infanzia ? Mai: rimangono sempre dentro di noi , anche quando non esistono più anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer … " arch. Enzo Schiera