Cronaca

Gli affari dei Romeo nei salotti romani, indagato il milazzese Sergio Chillè

Malgrado avessero grossissimi  interessi nel settore del gioco d’azzardo, anche on line, i Romeo avevano promosso un progetto niente meno che sulla ludopatia. Il loro interesse, però, era tutt’altro che sociale, ma mirava a recuperare denaro per il gruppo attraverso un finanziamento Invitalia. Per ottenere il finanziamento, i Romeo si erano rivolti ad un loro contatto romano, il milazzese Sergio Chillè, noto negli ambienti politici romani ma anche in riva allo Stretto.  Chillè, ora indagato, avrebbe trattato una tangente per favorire il progetto nella graduatoria, trattenendone una parte a titolo di acconto.

Il suo ruolo è svelato dalle intercettazioni telefoniche dei Carabinieri dell’Anticrimine e confermato dal “solito” Biagio Grasso. Per Chillè, Enzo Romeo, Grasso,  N. L. e Michele Spina la Procura di Messina ipotizza il reato di “traffico di influenze illecite” e concorso esterno. Chillè viene presentato al gruppo come dipendente della Camera dei Deputati. Vicino alla vecchia Alleanza Nazionale ed al senatore Domenico Nania, era entrato in rapporti diretti con Ignazio La Russa al seguito del quale resta alla Camera. Proprio subito dopo il nome di La Russa, nell’ordinanza Beta 2, gli inquirenti piazzano un grosso Top Secret oscurando dietro gli omissis le rivelazioni di Grasso.

Alle ultime amministrative la sorella correva per il consiglio comunale di Milazzo ,e Grasso sostiene che Chillè avrebbe chiesto loro supporto elettorale, che il gruppo però non fornì. Dal canto suo il “portaborse” di Montecitorio avrebbe ricevuto da Grasso 5 mila euro, parte dei 20 mila euro che Laganà e Romeo dovevano pagare come tangente per ottenere un posto nella graduatoria, e aggiudicarsi così il finanziamento a sportello di circa 800 mila euro, quasi la metà a fondo perduto.

Il primo incontro raccontato da Grasso avvenne al locale La Bottegaia nel 2015  di Messina. “(…) il Chillè era perfettamente consapevole di chi fossero i Romeo, (…) Spina presentò Vincenzo Romeo come nipote di Nitto Santapaola, nonché rappresentante della famiglia Santapaola su Messina”, ha raccontato Grasso, che ha anche svelato che aveva avuto a che fare con Chillè già nel 2011 quando questi lo mise in contatto con “un sedicente appartenente ai servizi segreti” , poi con un onorevole toscano dell’entourage di An, infine con un altro mediatore per proporgli un affare, sempre passante per una tangente: la partecipazione ad un bando di gara per la costruzione di un palazzo di giustizia a Tirana, in Albania.

Grasso avrebbe voluto partecipare con un’impresa di Carlo Borella, ma l’affare sfumò perché proprio in quegli anni l’ex presidente di Ance Sicilia faceva i conti con i primi problemi giudiziari e le interdittive antimafia.  Come finì il progetto sulle ludopatie, invece, Grasso non lo sa, ma riferisce agli inquirenti che una persona loro vicina aveva consegnato più volte denaro a Chillè “aveva sempre bisogno di denaro” che aveva proposto loro di intervenire per fare approvare una modifica legislativa che gli avrebbe consegnato il monopolio in uno dei tanti business legati al gioco d’azzardo.

Insieme a Sergio Chillè, sono indagati anche N. L., Biagio Grasso. La Procura aveva chiesto l’arresto anche di Eros Nastasi, gestore di un centro scommesse, già coinvolto nell’inchiesta sul calcio scommesse a Messina. Ma il giudice ha rigettato la richiesta.