54 anni, avvocato d’affari di prim’ordine, consulente di pubbliche amministrazioni e politici, da stamani l’avvocato Andrea Lo Castro è dietro le sbarre del carcere di Gazzi con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa ed è indagato per intestazione fittizia di beni e concorso in riciclaggio.
Domattina, assistito dall’avvocato Nino Favazzo, comparirà davanti al Gip Salvatore Mastroeni per l’interrogatorio di garanzia e deciderà se rispondere o meno. La sensazione è però che buona parte del collegio difensivo punti già al Riesame.
Il giudice per le indagini preliminari che ha firmato il provvedimento d’arresto, scrive di Lo Castro che “da consigliere si è trasformato in consigliori” di imprenditori la cui provenienza mafiosa era nota, finendo per partecipare in prima persona ad alcun affari più che limitarsi a gestire legalmente i passaggi societari. I
n particolare la Procura di Messina contesta a Lo Castro di essersi intestato un locale del complesso Nuovo Parnaso, mentre in realtà l’acquisto era per conto di Vincenzo Romeo.
Lo Castro è già stato avvisato dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Milano per un suo ruolo nel fallimento di una delle imprese di Borella, un rivolo del crack della Demoter, oggi oggetto del processo in corso davanti al Tribunale di Messina. Proprio una serie di conversazioni tra Borella e il suo braccio destro Biagio Grasso convinse gli investigatori ad approfondire il ruolo del professionista nel crack. Da qui ai rapporti diretti con il catanese Romeo, che avrebbe investito direttamente nelle aziende Borella tramite il geometra Grasso, indicato dagli investigatori come la cassaforte del catanese, il passo è stato breve.
Con la solita abilità, i carabinieri del Ros sono riusciti a piazzare le loro cimici anche nel quartier generale dell’avvocato, lo studio di via Cavour. Qui nel 2014 in particolare hanno registrato parecchie conversazioni tra i tre, e quelle molto riservate tra Romeo e il legale.
Tra queste, una svela i retroscena della vicenda che viene affidata ai magistrati messinesi dai colleghi lombardi, ovvero l’estorsione ai danni del commerciante Nicola Giannetto, in parte già svelata con l’operazione Matassa. E’ stato infatti lo stesso imprenditore, già titolare insieme al socio di storici locali come il Calasole e il Toronero, a denunciare le manovre a tenaglia sia degli esponenti dei clan che di altri imprenditori. Così nel 2014 sul tavolo dell’avvocato Lo Castro arriva il contenzioso tra Giannetto e un importante gruppo nazionale, la Cooperativa Italia Catering di Italo Nebiolo e Mauro Guarnieri (entrambi arrestati stamane).
Giannetto “avanza” poco meno di un milione di euro e minaccia azione legale. I torinesi, che tra i soci hanno anche Romeo e il siracusano Roberto Cappuccio (coinvolto anche lui nella retata) – decidono di contattare direttamente il nipote di Santapaola perché – lo racconterà poi lo stesso Romeo a Lo Castro – sono stati i parenti a far capire come vanno risolte le cose in Sicilia.
Romeo risolve convincendo – o costringendo, a sentire l’interessato – Giannetto a non ricorrere per decreto ingiuntivo, e accettare soltanto 700 mila euro. “Lui è venuto qua perché l’ho mandato io” dice Romeo all’avvocato, e continua a raccontare che Giannetto poi, poiché “è collegato con uno della Polizia…è andato a raccontare tutto”.
Tra i commenti negativi dei due sul comportamento di Giannetto, salta fuori pure che Romeo ha tra gli agenti un informatore il quale gli svela della denuncia dell’imprenditore messinese e lo mette in guardia.
L’attenzione della Procura messinese è però focalizzata su altri passaggi consumatosi nello studio di via Cavour. A partire dal ruolo di Lo Castro nella “operazione Cubo”, ovvero il tentativo di blindare il patrimonio dal fallimento della Demoter, trasferendo parte della società nella Cubo, e magari sottrarre quest’ultima dall’influenza più diretta di Carlo Borella e degli amministratori da lui piazzati. Ruolo che Lo Castro svolge avendo davanti Romeo e Grasso e sapendo, scrivono i magistrati, che attraverso il salvataggio delle riserve della società consentono a Romeo di recuperare i capitali investiti nelle imprese Borella, malgrado non vi compaia ufficialmente: “Attenzione, se questa cosa oggi ci salta dobbiamo convocare l’assemblea ed eleggere un nuovo amministratore di Cubo, oggi stesso”
. Altri passaggi fanno sospettare agli investigatori che Lo Castro direttamente partecipe nell’operazione Cubo. Come quando Grasso e Romeo parlano con lui di un problema col commercialista Salvatore Piccolo di Venetico, amministratore della Cubo, al quale devono dei soldi. Gli imprenditori chiedono al legale di organizzare un incontro per sistemare la vicenda “ufficialmente l’avvocato fa l’avvocato”, chiosa Romeo. Ancora, cercando di recuperare le riserve della Cubo, i tre ragionano di contattare tramite Lo Castro il curatore della stessa società, Angelo Vitarelli, per trovare un accordo prima della ratifica. “se realmente il Vitarelli è disposto a fare l’accordo ci conviene riprenderci l’azienda Andrea”, dice poi Grasso.
Qualche mese dopo, ancora nello studio di Lo Castro, il legale parla con Romeo – e arriva Stefano Barbera – anche di alcuni mezzi della Cubo Spa “custoditi” in Calabria dalle cosche di Platì e non portate in Africa da Borella. Romeo spiega che “lui non è in condizione di uscirli, solo io li riesco avvocato”.
E’ durante questa stessa conversazione che l’avvocato d’affari accenna a Romeo del debito dell’architetto Pasquale La Spina. “Noi qui siamo il vertice”, lo rassicura Romeo. Infine i due parlano dell’appartamento nel complesso Nuovo Parnaso costruito dall’imprenditore Nino Giordano, dove abita la suocera di Romeo. Appartamento il cui preliminare sarebbe stato stipulato dallo stesso Lo Castro, ma i soldi impegnati erano quelli di Romeo e del suocero.
E’ il gennaio 2015 e la conversazione viene fuori perché Giordano era stato arrestato due mesi prima nell’ambito dell’inchiesta Tekno sugli appalti al Cas. La preoccupazione di Romeo è che la suocera perda l’appartamento, e Lo Castro cerca di far fronte alle richieste dell’imprenditore perché non gli venga trasferita ufficialmente la proprietà.
Lo Castro consiglia a Romeo anche come muoversi quando questi, attraverso Stefano Barbera, vende la Botte Gaia, di cui è socio il fratello Vincenzo.
Il nome di Lo Castro è molto noto negli ambiente imprenditoriali non soltanto siciliani. Consulente di pubbliche amministrazioni, personaggi pubblici e imprenditori di ogni settore. Tra i suoi clienti anche la Provincia regionale di Messina che si affidò a lui per il contenzioso coi costruttori Russotti dopo l’acquisto dell’hotel Riviera di viale della Libertà, negli anni '90. Contenzioso perso, con esborso di denaro ancora in corso a favore dei Russotti da parte di Palazzo dei Leoni che a rate dovrà pagare anche la sostanziosa parcella di Lo Castro. Il legale ha accettato sia un abbattimento del credito che una dilazione del pagamento, ma dopo un primo incasso. Di lui negli anni si sono occupati anche gli investigatori.
Il suo nome compare nell’inchiesta sull’affare Villa Melania, i terreni della zona sud cittadina dove sorgono i resti di un’antica villa romana e su cui avrebbe dovuto sorgere un centro commerciale. Come in quella sul successivo fallimento della SpiDa, l’azienda del costruttore Cesare D’Amico interessato all’affare. In entrambi i casi i giudici scagionarono il legale da ogni imputazione. La lente della magistratura si accende anche sui suoi incarichi per Comune e Provincia, poi si spegne in archiviazioni.
Indagato e archiviato anche nell’inchiesta sulla vendita alla Auchan dei terreni a Misterbianco de La Tenutella – un altro progetto di centro commerciale – che due imprenditori messinesi tentarono pur non avendone la titolarità. Il suo nome compare tra le carte dell’inchiesta sulla costruzione del Green Park al Torrente Trapani, bloccata dagli arresti dell’operazione Oro Grigio: non viene imputato ma i magistrati censurano formalmente il suo ruolo.
Infine più recentemente emerge anche sotto traccia nell’inchiesta sulla società immobiliare Italcase, i cui vertici sono ora a processo. Ovvero la stessa società a cui due anni fa si è affidata la Provincia regionale per le trattative preliminari nella vendita dell’hotel Riviera, poi conclusa qualche mese addietro.