Mentre a Messina continua il processo Corsi d’oro, a Roma oggi sono riprese le sedute della Giunta per le autorizzazioni a procedere sul caso Genovese. I parlamentari, come si ricorderà, si erano lasciati prima di Pasqua con la richiesta di una proroga di 30 giorni, istanza presentata dal Pd, e collegata alla necessità ufficiale di acquisire integrazioni di atti. In particolare sono stati richiesti alla Procura gli atti relativi alle ordinanze di custodia ed ai diversi provvedimenti adottati dai magistrati nei confronti degli altri co-imputati, come Elio Sauta e Chiara Schirò, nonché la documentazione relativa alla Training service, ultimo Ente che, secondo il deputato messinese, farebbe ancora a lui riferimento.
La richiesta di proroga dei lavori, approvata dalla Giunta con il solo parere contrario degli esponenti del M5S, era strettamente legata, secondo chi l’ha proposta, alla necessità di verificare se esistano o meno i presupposti di reiterazione del reato da parte di Genovese, ipotesi questa che è all’origine della richiesta d’arresto. Senza rischi di reiterazione del reato, in sostanza, vengono a cadere le motivazioni che hanno portato alla richiesta d’arresto inoltrata dalla Procura alla Camera.
La proroga di 30 giorni, autorizzata dalla Presidente della Camera Boldrini, di fatto fa slittare al 18 maggio il termine ultimo per votare la richiesta d’arresto in Giunta ed automaticamente fa slittare al dopo elezioni Europee del 25 maggio il voto definitivo, quello alla Camera.
La seduta di oggi quindi è servita solo al relatore del caso Genovese, Antonino Leone (Ncd) per illustrare sinteticamente sia le tre memorie difensive presentate dall’esponente del Pd che i nuovi atti trasmessi dal Presidente del Tribunale di Messina su richiesta della Giunta. Mancano all’appello, ma dovrebbero arrivare nei prossimi giorni, i documenti della Training service.
Nel ripercorrere quanto già illustrato da Genovese in merito all’esistenza di fumus persecutionis nei suoi confronti, il relatore Antonio Leone ha ricordato la posizione del collega, che fa riferimento “all'abuso di mezzi investigativi, caratterizzato dall'acquisizione e dall'uso indebito delle intercettazioni; inoltre, vi sarebbero state distorsioni macroscopiche nell'interpretazione delle norme penali applicate, con lo scopo di formulare fattispecie di reato più gravi e, segnatamente il peculato in luogo del reato di truffa ed il riciclaggio”. Nelle memorie difensive Genovese palesa anche la possibile manipolazione di alcune fasi processuali, in quanto la contestazione del reato nei suoi confronti sarebbe dovuta eventualmente avvenire in una fase precedente e non quando effettivamente è accaduto, con lo scopo di affievolire la sua posizione difensiva. “Genovese- ha ricordato Leone- denuncia la sistematica fuga di notizie che avrebbe caratterizzato, anticipandone i contenuti, ogni atto giudiziario, così da sollecitare nell'opinione pubblica la convinzione della colpevolezza degli indagati e rendere doverose le ordinanze di custodia in carcere”. Nelle memorie presentate la tesi difensiva spiega poi come le somme contestate avrebbero una limitatissima incidenza sul patrimonio del deputato, una posizione complessiva maturata in trenta anni di partecipazioni societarie e attività politica e professionale. Quanto poi alla reiterazione del reato l’ex sindaco di Messina ha ricordato nella memoria come ormai Lumen e Aram abbiano cessato ogni attività e come l’unica società a lui indirettamente riconducibile, la Training Service, sta ultimando attività avviate in base a progetti finanziati negli anni scorsi.
Nel corso della seduta sono state esaminate le ordinanze trasmesse dal Tribunale di Messina in merito ai diversi provvedimenti cautelari presi nei confronti di Elio Sauta e Chiara Schirò da luglio fino a marzo nell’ambito dell’operazione Corsi d’oro. La richiesta di acquisizione di questi atti era stata motivata per comprendere in che modo e con quali motivazioni i magistrati messinesi si sarebbero espressi per la revoca o meno degli arresti in base ai rischi di reiterazione del reato. Se i rischi non sussistono per i coimputati a maggior ragione, si chiedono i componenti della Giunta, non dovrebbero sussistere per Genovese.
Nell’intervento successivo a quello del relatore Leone, l’esponente del M5S Giulia Grillo ha ribadito la posizione finora espressa e cioè l’intenzione di votare per l’autorizzazione a procedere, alla luce dell’inesistenza dei presupposti di fumus persecutionis. “Le indagini sugli enti di formazione in Sicilia non si riferiscono solo al Genovese– ha dichiarato la deputata siciliana- perché vi sono altri filoni di indagine che riguardano altri esponenti politici di altre province che evidenziano come il sistema di gestione degli enti di formazione sia particolarmente fallace e si presti ad una concreta possibilità di truffe. Il sistema di acquisizione del controllo degli enti consiste nell'introdurre all'interno del cda persone di fiducia dei vari politici. Diversi esponenti politici hanno infatti operato servendosi degli enti di formazione come bacino di voti, secondo un meccanismo collaudato. Ciò fa comprendere come l'inchiesta che riguarda Genovese non costituisca un fatto isolato. Questo è un elemento oggettivo che esclude la possibilità di ravvisare un'azione persecutoria della magistratura nei confronti di Genovese”.
Secondo la Grillo quindi l’azione della Procura non è un atto rivolto nei confronti del singolo deputato, ma è legata ad una serie di inchieste che coinvolgono un intero sistema in Sicilia. Infine la deputata esclude il fumus persecutionis anche per un altro motivo.” Non si rinviene, infatti, nell'attività parlamentare di Genovese, che non riveste incarichi istituzionali o di partito, alcuna iniziativa di particolare rilievo tale da costituire plausibile motivo di accanimento giudiziario persecutorio nei suoi confronti”. Secondo la Grillo quindi i magistrati non potrebbero materialmente “perseguitare” il deputato per via della sua attività parlamentare perché non avrebbe fatto nulla di particolarmente rilevante. Quest’ultimo aspetto rilevato dalla Grillo viene contestato dalla collega del Pd Anna Rossomando che ricorda come “parametrare l'eventuale sussistenza di un intento persecutorio all'attività parlamentare svolta dal deputato costituisce un argomento scivoloso, sebbene non si possa escludere che l'assunzione di posizioni politiche particolarmente accentuate possa esporre il parlamentare anche a rischi di questo tipo”.
La seduta continuerà domani, anche in attesa degli atti della Training service, ma non si arriverà al voto prima del 18 maggio.
Rosaria Brancato