MESSINA – A tre anni dai clamorosi avvisi di garanzia e perquisizioni, arriva al capolinea l’inchiesta sulla Banca di credito peloritano, commissariato poi restituito agli investitori con un nuovo asset di gestione.
Il sostituto procuratore Alessandro Liprino, titolare del caso, ha tirato le fila degli accertamenti della Guardia di Finanza e ristretto il cerchio degli indagati, che adesso sono 9 e non più 17. Rispetto alla rosa iniziale, escono dal calderone di questa tranche di inchiesta alcuni personaggi sospettati di legami con la malavita locale e restano sotto la lente della Procura, che ora valuterà il da farsi, alcuni dei grossi azionisti iniziali e i garanti dei conti. Nel frattempo la banca ha patteggiato la sua posizione, uscendo definitivamente dalla vicenda penale.
L’avviso di conclusione degli accertamenti è stato perciò siglato per il gruppo Giordano e quelli che ruotano intorno alle principali operazioni messe in campo dall’imprenditore che è anche il costruttore del prestigioso stabile, sede storica del Banco, in corso Cavour di fronte al Duomo.
Riciclaggio, elusione delle misure di prevenzione, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e truffa i reati contestati, a vario titolo, ad Antonino Giordano, Mario Arena, Andrea Caristi, Sergio Gentilepatti, Roberto Rodilosso, Placido Arrigo, Giuseppe Denaro, Giuseppe Latella e Oscar Papalardo.
Tocca ora ai legali, gli avvocati Isabella Barone, Domenico Cavaliere, Elena Montalbano e Nicola Giacobbe, una volta consultati gli atti di indagine, decidere se depositare un proprio dossier e chiedere un primo confronto col sostituto procuratore, o prepararsi a difendersi durante il vaglio del giudice.