«Può sembrare banale, ma in questo momento nulla lo è. E posso dire a gran voce che il centro Nemo Sud è un’eccellenza assoluta e non deve chiudere. A Messina, e non solo, ritengo sia rarissimo trovare una realtà del genere, e mi auguro che questa situazione possa in qualche modo risolversi». Il giovane fisioterapista messinese Giacomo Mascaro, 28 anni, lavora al centro clinico Nemo Sud dal 2017. Sono circa 5.000 i pazienti seguiti dal Nemo Sud affetti da gravi patologie (SLA, SMA, distrofia muscolare, neuropatie periferiche), e 5.000 famiglie che ora più che mai si sentono letteralmente “abbandonate” dal governo regionale e dalle istituzioni. E rischiano il proprio futuro anche 57 lavoratori, che perderanno il posto nel momento in cui non sarà risolta la situazione. Il 30 giugno il centro clinico Nemo Sud rischia di chiudere i battenti. La Fondazione Aurora Onlus, che gestisce il Nemo Sud in regime pattizio con il Policlinico Universitario “Gaetano Martino”, ha infatti rescisso in modo unilaterale il contratto che sarebbe andato in scadenza naturale nel 2023. Messina si sta mobilitando dopo la frenata sull’ipotesi di un’intesa con l’Irccs per il trasferimento e venerdì ci sarà un sit-in di fronte alla Prefettura. La questione sarà anche posta all’attenzione dell’Ars ed è stata lanciata su change.org una petizione che ha già superato le 7mila firme.
«La nostra è una realtà magica e unica tra Sicilia e Calabria. Quando entro al Nemo riesco a mettere da parte qualsiasi problema, perché nulla è più importante. Mi sono rapportato con persone di qualsiasi età, e con patologie neuromuscolari gravissime. E proprio per queste patologie l’assistenza che offriamo è il massimo che si possa ricevere. Oggi più che mai ci sentiamo un’unica realtà con i pazienti e le famiglie, perché siamo pieni di punti interrogativi e pretendiamo risposte e soluzioni. La nostra è una battaglia che vogliamo vincere, e proprio i nostri pazienti, con le loro famiglie, sono i protagonisti di questa lotta. Nemo rischia di chiudere? Sarebbe una sconfitta per tutti, per la Sicilia, per Messina, e soprattutto per chi è in cura da noi e per chi come me al Nemo Sud ci lavora». Giacomo si è diplomato al liceo scientifico Seguenza ed è cresciuto a “pane e pallone”. Ha militato infatti nelle giovanili di Messina e Catania e ha poi vestito le maglie di Milazzo, Atletico Messina e Riviera. Si è laureato a Messina, e Nemo Sud lo ha “forgiato” come professionista e soprattutto come uomo.
Oggi Giacomo è l’orgoglio della sua famiglia: «Il Nemo Sud è davvero una grande famiglia – afferma – Dagli OSS agli infermieri, passando per i fisioterapisti e gli amministrativi, arrivando ai medici. Chiunque mette piede al Nemo ne esce arricchito umanamente. Perché da noi si tocca con mano la sofferenza, ma con forza e speranza. Io grazie al centro Nemo sono diventato uomo, da anni metto giornalmente “in campo” cuore e passione e ho tantissime storie da raccontare. Non posso dimenticare un bimbo calabrese che ho conosciuto appena nato. Un bambino affetto da SMA 1, la forma più grave di SMA (atrofia muscolare spinale), arrivato da noi completamente immobile, senza alcun controllo del capo, del tronco, e senza alcuna attività muscolare. E questo bambino, con tutte le terapie, la maggior parte innovative, che sta ricevendo, nel corso degli anni ha avuto dei miglioramenti incredibili. Non si muoveva completamente, oggi ha nelle braccia la forza per spingersi sulla carrozzina e riesce a controllare il capo e minimamente il tronco. Questi per noi sono i successi più belli».
Proprio quest’anno, l’Aifa (agenzia italiana del farmaco) ha approvato la terapia genica per l’atrofia muscolare spinale per i bambini fino ai 13,5 kg di peso, senza limiti di età. E in Sicilia soltanto il Nemo Sud ha avuto il “via libera” per somministrare la terapia genica ai bambini siciliani che ne hanno diritto. Cosa accadrà qualora il centro dovesse chiudere?
E non sono mancati neanche i momenti di scoramento, che hanno però contribuito alla crescita di Giacomo e testimoniano ulteriormente la grandezza di Nemo: «Ci confrontiamo giornalmente con professionisti che ci permettono di crescere e migliorare – conclude – ma anche con il dolore e la sofferenza. E così si impara anche a dare il giusto peso alle cose. A vivere con amore. A ricercare la bellezza. Ricordo ancora i miei primissimi giorni al Nemo, ho trattato pazienti con patologie che mai avevo trattato in vita mia. Questo per me è stato un grandissimo onore, ho imparato tanto, sul campo, e sono cresciuto. E proprio nei primi giorni al Nemo ho conosciuto una paziente che mi ha scritto con il comunicatore, poiché non riusciva più a controllare gli arti e la voce, dicendomi che il suo compagno di stanza non c’era più, e che non sapeva se lei ci sarebbe stata l’anno prossimo. In quel momento mi sentivo morire dentro, ma ho cercato di darle forza, rassicurandola e sorridendo. Ma poi fuori sono scoppiato in lacrime. I miei primi giorni sono stati così, alternavo spesso pianti e paure. Ma sono cresciuto proprio grazie alla quotidianità che ho vissuto, che vivo, e che spero di continuare a vivere al Nemo».