E’ molto più che simbolico il primo atto della giunta Musumeci: è un gesto concreto in totale discontinuità con il governo Crocetta. E per la verità è anche di più, perché è un modo per ribadire la specialità della Sicilia e la sua potestà statutaria.
Il neo governo regionale infatti presenterà ricorso davanti alla Corte Costituzionale contro l’impugnativa del governo Gentiloni sulla legge d’agosto che ha ripristinato il voto diretto nelle ex Province.
Un atto che dimostra l’intenzione di non accettare supinamente i voleri del governo centrale che in questi anni ha utilizzato, spesso e volentieri, la Sicilia, come “granaio” e colonia, grazie all’eccessiva accondiscendenza di Crocetta, che ha fatto come i cosiddetti “cani da balcone”: abbaiano quando sono a debita distanza, ma quando scendono in strada ritornano miti e silenziosi.
Il ricorso alla Consulta per dire no al governo centrale è un modo per ribadire quanto prevede lo Statuto siciliano in merito alla potestà legislativa in alcune materie (come appunto l’ordinamento degli Enti locali), ma anche un atto che riafferma quanto legiferato dall’Ars ad agosto con una legge che ha mandato in soffitta la riforma delle ex Province. L’Ars ha bocciato la riforma lumaca, quella annunciata nel 2013 in diretta a L’Arena da Crocetta, dicendo no all’elezione di secondo livello, che prevede che ad eleggere il vertice delle Ex province siano gli stessi sindaci e consiglieri dei Comuni facenti parte dell’Ente locale intermedio. Anche la riforma nazionale delle ex Province, la Delrio, prevede solo l’elezione di secondo livello. L’Ars, tenuto conto anche dell’esito del Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016, che soprattutto in Sicilia con oltre il 70% di no ha fatto capire che i cittadini non gradiscono gestioni di casta, ha bocciato ad agosto la riforma. Sono state così ripristinate le elezioni dirette, che avrebbero dovuto tenersi a febbraio 2018 dopo 5 anni di commissariamenti.
Ma il governo Gentiloni l’ha impugnata davanti alla Corte Costituzionale.
Ieri lo scatto d’orgoglio della neo giunta regionale. Vi è da dire che Musumeci, da deputato Ars, ha combattuto da solo contro la riforma Crocetta delle ex Province. Soltanto nei mesi successivi al Referendum Costituzionale la vecchia maggioranza ha cambiato idea, avviando uno scontro con l’ex governatore Crocetta e bocciando la norma. Una vicenda, questa della riforma, che ha del kafkiano ed è un’impresa riuscire a sintetizzare quanto accaduto in questi anni.
Nella nota della giunta Musumeci si legge a proposito della decisione di ricorrere alla Consulta per “tutelare la potestà statutaria della Sicilia in materia di ordinamento degli Enti locali e per difendere il diritto dei cittadini ad eleggere i propri rappresentanti, anche a seguito del voto popolare sul referendum costituzionale dello scorso dicembre e, quindi, nel solco dei principi di democrazia diretta fatti propri dall'Unione Europea”.
Un atto che cambia completamente il percorso finora seguito dall’ex governo regionale, che dall’Autorità portuale di Messina fino al vergognoso accordo col governo nazionale sui conti e sui contenziosi del 2015 (con il quale la Sicilia rinuncia ad una serie di somme in cambio di un piatto di lenticchie per far quadrare i conti), passando per i bilanci commissariati e per battaglie annunciate e mai portate avanti, è stato penalizzato dall’essere dello stesso “colore” politico del nazionale.
Musumeci inizia con un braccio di ferro col governo Gentiloni e lo fa su un terreno che più di ogni altro segna il confine della nostra autonomia.
Lo fa anche difendendo un diritto all’elezione diretta che dovrebbe essere peraltro preso ad esempio anche a livello nazionale.
L’elezione di secondo livello lascia in mano ai partiti ed ai capi partiti, alle cordate, ai gruppi di potere, il totale arbitrio su chi deve amministrare il territorio.
Il ricorso alla Consulta e l’opposizione all’impugnativa del governo Gentiloni sulle ex Province è un atto sacrosanto, legittimo, e fatto in nome di tutti i cittadini.
Frattanto Orlando e Bianco sono tornati alla guida delle Città Metropolitane di Palermo e Catania, con sentenza del Tar. Ma questo è un altro capitolo.
Rosaria Brancato