Vedere le macerie del vecchio Teatro in Fiera non mi dispiace affatto. Ricordo quando con la scuola andammo a vedere uno spettacolo di Giorgio Albertazzi, era la fine degli anni settanta, a Messina non esistevano teatri pubblici, il Vittorio Emanuele era chiuso, ed allora quel teatro, realizzato nello spazio della Fiera Campionaria di Messina, aveva un senso. Ricostruirlo oggi no. Oggi Messina ha recuperato il suo storico Teatro Vittorio Emanuele, e speriamo di poterne presto usufruire ancora, e non avrebbe senso ricostruire nello spazio della fiera, non più campionaria, un teatro che altro non sarebbe se non l’ennesimo esempio di spreco di risorse pubbliche, risorse che invece potrebbero essere utilizzate per “liberare” quegli spazi e offrirli al godimento 365 giorni all’anno ai cittadini messinesi.
Pensate come sarebbe bello se quegli spazi fieristici fossero messi a disposizione dei commercianti e dei ristoratori messinesi, immaginate come sarebbe bello cenare in quegli spazi con vista Stretto e col passaggio delle navi a 10 metri da te che sembra quasi poter toccare.
Oggi Messina è una città morta, che vive solo di ricordi e che non sembra avere alcuna prospettiva. Le nostre migliori forze, i nostri giovani sono costretti ad andar via, e non credo il problema sia di chi governa o ha governato questa città, rammento a me stesso infatti che in democrazia i governanti sono scelti dai governati, e quindi il problema siamo essenzialmente noi, che o schiavi del bisogno o con una visione miope e limitata al nostro piccolo orticello, abbiamo permesso tutto questo.
Non credo nelle rivoluzioni improvvise, quei tempi sono finiti, credo invece nelle piccole cose di ogni giorno, nella goccia costante che giorno dopo giorno finisce col bucare la roccia, e allora proviamo ancora una volta, e poi ancora e ancora ancora a risollevarci, proviamo a riconquistare un pezzo, uno dei più belli, della nostra città, e se proprio il Teatro in Fiera deve essere ricostruito, chiediamo di spostarlo, magari anche all’interno degli spazi della fiera, ma in un posto dove non impedisca ai messinesi di vedere il mare e di sperare ancora in un futuro diverso, che non è detto che sia migliore di quello che stiamo vivendo, ma comunque diverso, poi spetterà a noi renderlo migliore.
Proviamo a godere delle bellezze che Messina offre, l’unica strada che può far rinascere questa città. Messina non è una città a vocazione industriale, non è più la porta della Sicilia, bypassata da Palermo e Catania, è una città che deve invece valorizzare la sua vocazione commerciale, il suo clima, la sua posizione stretta tra il mare e la montagna, la sua vocazione culinaria (l’arancino e non l’arancina è nostro e ce lo siamo fatti scippare, così come la pignolata, la granita caffè con panna), Messina, i messinesi devono insomma creare quella simbiosi tra lidi, alberghi, ristoranti, tour operator, che deve far ripartire questa città, riscopriamo quell’artigianato che si è perso, combattiamo insomma la nostra battaglia per la nostra rinascita, con le armi che abbiamo e che sappiamo usare meglio, senza rincorrere culture e tradizioni che non ci appartengono e che altro non possono generare se non l’ennesimo fallimento.
Avvocato Vincenzo Messina