“Ancora una volta la compagine dell’ex amministrazione Accorinti sotto le spoglie del movimento MessinAccomuna (del quale siamo ancora in attesa di conoscere chi sia il legale rappresentante, dove abbia la sede sociale e altri particolari che qualsiasi associazione ha il dovere di rendere noti quando manda una nota alla stampa, ma che per MessinAccomuna sembrano essere dei meri dettagli di poca importanza) tenta di attaccare il sindaco De Luca con la solita miscellanea di false accuse, ricostruzioni dei fatti difformi dal vero, paragoni con altre realtà senza tenere conto delle situazioni di partenza e un generale inno alla approssimazione politica amministrativa della quale, a dire il vero, hanno dato ampia e coerente esibizione per tutti gli anni del loro governo”.
L’assessora Dafne Musolino replica alla nota in cui MessinAccomuna rivendicava che era stato Accorinti a portare la raccolta differenziata a Messina, con un servizio “regolare e diffuso”.
“Dopo cinque anni di loro amministrazione – dice la Musolino – la differenziata veniva svolta solo in alcune parti del primo e del sesto quartiere, altro che regolare e diffuso, e si arrivava con difficoltà al 10% o 12%. Formalmente poi la differenziata era stata avviata anche per gli esercizi commerciali già dal 2016 ma i fatti di questi ultimi giorni ci hanno dimostrato quello che avevamo sempre sostenuto: si trattava di un servizio farlocco, al quale si sottraevano facilmente tutti coloro che ne avevano la possibilità”. Per farlo – spiega la Musolino – gli esercenti che non volevano attuare la differenziata ricorrevano “all’uso dei cassonetti stradali che l’Amministrazione De Luca ha eliminato, dotando ogni utenza, domestica e commerciale, di mastelli e carrellati che sono stati acquistati dalla Messinaservizi grazie alle dotazioni economiche di cui è stata destinataria da parte del Comune.
Affermare, come fa il gruppo di MessinAccomuna, che l’Amministrazione Accorinti avrebbe realizzato la differenziata a Messina, con un servizio ‘regolare e diffuso’ ‘recuperando e completando i finanziamenti regionali’, conferma che l’autore della nota non sa di che cosa scrive: il finanziamento regionale recuperato dalla giunta Accorinti servì a fare arrivare a Messina 34 costipatori (i cosiddetti mezzi pescespada) che svolgevano servizio solo in alcune zone della città (parte del I e del VI quartiere) e i mastelli sottolavello che venero distribuiti dalla amministrazione precedente su base volontaria (cioè vennero consegnati a chi si presentava e si dichiarava disponibile a prenderselo) e senza alcun registro di consegna, di fatto non è stato possibile sapere quanti di questi kit siano stati effettivamente distribuiti, mentre si è accertato che in alcune famiglie ne erano stati consegnati anche più di uno e ad altre famiglie nessuno, alla faccia dell’organizzazione, del management e del piano industriale, che non è mai stato redatto dal precedente direttore generale il quale è stato licenziato per l’evidente incapacità nella gestione della azienda, il cui cda ha già avviato le procedure per la nomina del nuovo direttore generale che si concluderanno a breve”.
“I paragoni con le realtà delle altre città sono sempre ammessi – prosegue la Musolino – e costituiscono motivo di sprone a fare meglio degli altri ma, per potere essere utilizzati ed essere utili allo scopo, devono reggersi su fondamenti oggettivi: quindi paragonare Verona a Messina non apporta alcun contributo al dibattito se non si tiene conto che ancora a dicembre 2018 la Messinaservizi si presentava come una scatola vuota, una società fotocopia di quella fallita, con un parco mezzi vetusto e in parte inutilizzabile, incapace di gestire il servizio che le era stato affidato per la semplice ragione che non ne aveva né i mezzi né le risorse per farlo.
MessinAccomuna farebbe bene a ricordarsi che al momento della sua istituzione Messinaservizi aveva un capitale sociale di appena 300mila euro, che le è stato anticipato dallo stesso Comune. E’ ovvio che una società in quelle condizioni non avrebbe mai potuto operare, e men che meno raggiungere i risultati raggiunti, se il socio unico – ossia il Comune di Messina – non avesse fornito le risorse necessarie a: acquistare/noleggiare i mezzi (per fare la differenziata sul territorio comunale ne vengono utilizzati ben 163), dotare la società della forza lavoro necessaria a svolgere il servizio con l’assunzione di 150 dipendenti che si occupano solo della raccolta differenziata, implementare le isole ecologiche e crearne di nuove, acquistare i carrellati e i mastelli da distribuire alle utenze, prevedere e sostenere il costo degli ulteriori servizi previsti nel contratto ma per i quali la precedente amministrazione non aveva previsto alcuna risorsa: basti pensare che per la gestione delle discariche post mortem (Portella Arena, Tripi modulo secondario, Valdina e Vallone Guidari) nel piano economico varato da Accorinti erano previsti solo 100mila euro pur sapendo che la spesa era decisamente più elevata. Solo per lo smaltimento del percolato di Portella Arena il Comune di Messina ha speso quasi 2 milioni di euro nel 2019… e non ci risulta che a Verona la società di gestione dei rifiuti faccia anche queste attività. Del resto a Verona non devono garantire la pulizia di 56 km di spiagge e siamo sicuri che a Verona non ci siano torrenti, così come siamo quasi certi che i cittadini veronesi non abbandonino rifiuti, creando delle vere e proprie discariche, negli alvei dei torrenti e sulle spiagge rendendo necessaria l’esecuzione di interventi che hanno interessato aree di diverse migliaia di metri quadri con relativo impiego di mezzi e di personale. Però ci rendiamo conto che MessinAccomuna tutto questo non lo poteva tenere in considerazione per la semplice ragione che questo tipo di interventi prima che arrivasse la giunta De Luca non venivano eseguiti…”.
“In conclusione, passando alle motivazioni dell’aumento della Tari, osserviamo che gran parte dell’aumento della Tari per il 2021 è da imputarsi ai criteri dettati da Arera, che ha imposto ai Comuni di inserire nella tariffa anche il costo della gestione delle discariche post mortem, i crediti di dubbia esigibilità, il costo delle bonifiche delle discariche su suolo pubblico che prima venivano sostenuti con fondi a carico del bilancio. La ragione di tale diverso assetto è di matrice comunitaria, costituisce una diretta applicazione del principio sancito dalla Direttiva del Parlamento Europeo 19-11-2008 numero 2008/98/Ce, ‘chi inquina, paga’ e dunque viene applicato come una sorta di sanzione anticipata, per cui i cittadini sono messi a conoscenza del costo del servizio aggravato dalle condotte illecite, nell’ottica di sensibilizzarli e farli migliorare.
Dunque l’aumento del 9% è dovuto in parte ai servizi che di fatto vengono espletati (e che non sono previsti ad esempio a Verona) ed in parte al diverso criterio imposto da Arera ma rappresentano un aumento che, se confrontato con altre città, è davvero ridotto (per l’anno 2021 a Genova la Tari è aumentata del 21%, a Palermo è stato previsto un aumento del 23% con un servizio il cui costo è stimato in oltre 150 milioni l’anno). Non di minore importanza è il fatto che sul costo della tariffa incide anche il costo del trattamento della frazione umida del rifiuto (cosidetta Forsu) che, a causa della assenza di impianti disponibili, viene trasportato fino a Mantova con un costo di 230 euro a tonnellata… Ma anche questo MessinAccomuna non poteva saperlo, per la semplice ragione che, prima della giunta De Luca, nel piano economico del contratto di servizio non era stato previsto il costo per lo smaltimento dell’umido. Alla faccia del servizio diffuso e regolare…
Rammentiamo a MessinAccomuna che negli anni di amministrazione Accorinti, quando ancora il servizio di nettezza urbana era gestito da Messinambiente, dal 2013 al 2014 si registrò un incremento tariffario del 8,66 % che di certo non servì né ad aumentare i servizi né a ristrutturare la società, che infatti nel 2018 è stata dichiarata fallita nonostante i tentativi dell’amministrazione di farla ammettere ad un concordato preventivo fallimentare inattuabile come sancito dalla dichiarazione di fallimento del Tribunale.
Le percentuali di differenziata raggiunte a Messina fino ad oggi, e che si attestano al 40% (con un 35% di media) costituiscono un significativo risultato che conferma che le scelte intraprese dall’Amministrazione e portate avanti da Messinaservizi sono state efficaci ed efficienti, prova ne sia il fatto che Messina è l’unica città metropolitana della Sicilia in cui la differenziata è svolta su tutto il territorio comunale, mentre a Palermo (dove la differenziata è al 15% circa) viene servita meno della metà della popolazione residente e a Catania il servizio riguarda solo il centro storico con una differenziata ai minimi nazionali (appena il 9%).
Ma ancora, volendo fare paragoni con altre città d’Italia, ci sembra corretto rammentare che Torino, che ha avviato il servizio di differenziata oltre dieci anni fa, serve solo il 35,6% del territorio comunale e ha raggiunto il 50%. I confronti, quando sono onesti e tengono conto dei dovuti distinguo, ci confortano sulle scelte operate e sul percorso fin qui seguito. Infine, non si confonda MessinAccomuna: i servizi di gestione del verde pubblico e di igiene ambientale non fanno parte del servizio di raccolta rifiuti e il personale impiegato per questo servizio non è distolto da altre attività per la semplice ragione che si tratta di servizi distinti, resi con personale diverso. Quanto al randagismo, non è mai stata un’attività prevista nel contratto della Messinaservizi”.