A che serve un Assessore alla Cultura che non abbia un progetto condiviso con il proprio Sindaco, che duri quanto un intero mandato? A cosa serve un Assessore alla Cultura se non può parlare di programmi a lunga scadenza? A cosa servono le manifestazione organizzate a macchia di leopardo se non rientrano in un percorso unitario, che abbia obiettivi di grande levatura per la collettività?
Quattro assessori in 3 anni e mezzo di amministrazione son tanti per sperare in un riscatto culturale della nostra Messina; e i sedici mesi rimasti per mettere in moto qualcosa di veramente importante, che abbia un futuro e una ricaduta sul benessere duraturo, intellettuale ed economico, dei cittadini, sono veramente pochi.
La continuità degli Assessori e del loro lavoro è il biglietto da visita con cui si presenta un Sindaco che crede fortemente nella realizzazione di ogni parte del suo programma elettorale.
Se il Premier Renzi avesse avuto, ad esempio, veramente a cuore “la Buona Scuola”, considerata una sua creatura, se avesse voluto vederla crescere, raccoglierne i frutti, valutare pregi e criticità, avrebbe dovuto adoperarsi per dare continuità, nel suo ruolo, al Ministro Stefania Giannini, che l’ha lanciata, e non farla sostituire con l’alquanto discussa nomina di Valeria Fedeli.
Se veramente la Cultura stesse a cuore di un Sindaco (e il riferimento è anche a tutti i sindaci passati), allora “su di essa e per essa” ogni scelta andrebbe fatta in modo oculato e mirato, a meno che ad essa non si sia a priori assegnato il ruolo di “Cenerentola” degli Assessorati.
Un tempo, l’Assessore alla Cultura, per le consistenti somme a propria disposizione, non aveva bisogno di fare grandi sforzi: bastava ricevere, uno per volta, l’interminabile fila di operatori, musicisti, attori, artisti che giornalmente si presentava alla sua porta.
In ogni caso, l’Assessore ne usciva comunque a testa alta; a parte per qualche mugugno di chi non era stato accontentato, la sua immagine risultava esaltata per il ruolo avuto nel proporre calendari di eventi e manifestazioni (più o meno di spessore) nel corso dell’anno.
E, si sa, quando il popolo fa festa poco importa la valutazione dell’operato del titolare dell’Assessorato in questione.
Ma oggi, con il risicato e mortificante bilancio messo a disposizione della Cultura, da parte del Governo e delle Amministrazioni locali, fare cultura è diventato veramente arduo e poco gratificante, a meno che non SI DECIDA SI VOLARE ALTO!
Adesso ci vogliono progetti, ci vogliono programmi a medio e lungo termine, ci vogliono idee e, soprattutto, ci vogliono le persone giuste, che le idee ce le hanno ben chiare e le sanno portare avanti.
Ma attuare un programma elettorale sulla Cultura, che abbia solide fondamenta e obiettivi di spessore, non è cosa da poco!
Presuppone un’analisi dei bisogni, un’idea di fondo, un progetto, un programma e, a fine mandato, una verifica dei risultati raggiunti che diventino l’eredità da trasmettere a chi verrà.
Sotto questo aspetto, è sufficiente frequentare ambienti culturali, sapere organizzare un evento, essere docente/esperto di arte, pittura, mostre e musei per essere nominato Assessore alla Cultura? Oppure basta il titolo di docente universitario, di avvocato, di medico, di storico e, perché no, di guida turistica?
Personalmente ritengo che in cima a tutti i presupposti ci sia bisogno di un Sindaco che metta la Cultura allo stesso piano degli altri punti del proprio programma, che creda nell’utopico sogno di rendere la Cultura “pane per tutti” e sviluppo del benessere economico e intellettuale dei cittadini; “medicina” contro la rassegnazione; attrattore di risorse economiche e di genti che ripopoli una città svuotata di giovani.
Il “prescelto” dovrebbe assumere l’incarico con coscienza e deve sentirsi costantemente addosso la responsabilità di essere stato scelto, per capacità e competenze, con l’obiettivo di portare a compimento una parte importante del programma elettorale del sindaco.
Ma, soprattutto, dovrebbe anche “essere e sentirsi” in costante e perfetta sintonia con chi, nell’affidargli il mandato, crede fortemente, in prima persona, nella Cultura come volano di benessere e di riscatto per una città che, pur avendone i requisiti, non riesce a trovare una sua identità e a riappropriarsi del ruolo che la storia le ha assegnato per la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo.