“Una mente più perversa non avrebbe potuto escogitare un sistema più schizofrenico nel quale tre enti che fanno capo allo stesso soggetto ( il Comune di Messina) stabiliscono un contenzioso legale nel quale sono in ballo decine di milioni di euro”. Parola di Luigi Sturniolo, consigliere di Cambiamo Messina dal Basso. Il sistema chiamato in causa è quello dei rifiuti e delle società partecipate che lo gestiscono. Un’amara riflessione, quella del consigliere, affidata ad una nota corredata da una ricca documentazione, che tocca un nervo scoperto dell’amministrazione comunale, visto il costo, sia in termini di gestione che di debiti. Problematiche dell’attualità a parte– trattative con Tirrenoambiente per l’utilizzo della discarica di Mazzarà Sant’Andrea, delibera Ato3 da riproporre in consiglio e debiti – il consigliere accorintiano punta il dito sul sistema delle società partecipate in generale, che giudica a dir poco fallimentare.
Per spiegare meglio il suo punto di vista Sturniolo si affida all’analisi di Ivan Cicconi, l’ingegnere noto come uno dei maggiori esperti di infrastrutture e lavori pubblici, avendo fornito diversi contributi teorici sui sistemi di corruzione e sui meccanismi di penetrazione delle organizzazioni mafiose in questo settore.
“Secondo Ivan Cicconi – scrive Sturniolo – uno dei maggiori esperti italiani di appalti pubblici, già consulente del ministro Nerio Nesi, stanno accumulando centinaia di miliardi di debiti. Sono le Società Partecipate. Cicconi le interpreta come una evoluzione delle tangenti della Prima Repubblica. In queste società, che operano in un regime di diritto privato e che tendono ad essere fuori dalle regole e dal controllo della contabilità pubblica, la spesa pubblica- a suo modo di vedere- finisce nelle mani delle oligarchie di una partitocrazia senza partiti e di un mondo dell’impresa che sconosce la categoria del rischio. Così, mentre si confondono i ruoli tra tecnici, politici e imprenditori, le attività economiche vengono controllate, determinate e gestite da consigli d'amministrazione nominati dai partiti”.
Caso a parte ed emblematico è quello della gestione dei rifiuti in Sicilia: “ Gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) sono delle Spa a capitale interamente pubblico alle quali i comuni (che ne sono gli azionisti) hanno ceduto i propri compiti e le proprie prerogative. A loro volta, gli ATO appaltano il servizio di igiene ambientale ad altre società di capitale. Nel caso messinese la società incaricata di svolgere il lavoro è Messinambiente (anche in questo caso, a capitale quasi interamente del Comune di Messina)”.
Sturniolo cita anche gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta Pecorella sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Sicilia. Nella documentazione inerente all’inchiesta le società Ato venivano generalmente definite: “strutture burocratiche prive di qualsiasi utilità effettiva e fonte esclusivamente di gestioni clientelari di posti di lavoro”. Il consigliere Accorintiano, quasi stilando una sorta di antologia, ricorda come dei dubbi sulla gestione della discarica di Mazzarà, invece, venivano espressi nel 2009 dal Prefetto di allora, Francesco Alecci che non riusciva a spiegarsi come una società con “un corretto assetto imprenditoriale ordinario”, potesse continuare ad andare avanti pur vantando crediti “per 20 milioni di euro con un ATO e per altri 25 milioni con un altro”. Durissime le conclusioni del Consigliere di Cambiamo Messina dal Basso:
“Insomma, un sistema, quello dei rifiuti, che ha visto negli anni crescere l’infiltrazione mafiosa testimoniata da vari processi e varie condanne che hanno investito, oltre Tirrenoambiente, anche Messinambiente. Il magistrato Guido Lo Forte identifica da questo punto di vista, sempre nel corso delle audizioni della Commissione Pecorella, due livelli di infiltrazione mafiosa. Il primo, riguarda l’imposizione del pizzo e l’imposizione dell’assunzione di soggetti appartenenti all’organizzazione criminale all’interno delle imprese che operano nel settore dello smaltimento e della raccolta dei rifiuti. Il secondo, invece, è emerso nell’ambito dell’ inchiesta relativa alla discarica di Mazzarà Sant’Andrea, in cui le organizzazioni di stampo mafioso mirano ad acquisire il controllo ed a gestire direttamente, per il tramite di proprie imprese, le attività del settore,riuscendo a subappaltare i lavori. Ovviamente, di rifiuti zero neanche a parlarne. Tutto deve essere conferito in discarica. Il che porta ad una ipertrofia della spesa (e, quindi, alla crescita del debito) in concomitanza con un servizio di igiene ambientale fortemente criticato”.