Sprofonda in clima surreale la corsa al Rettorato. Un clima reso ancora più complesso e difficile in seguito alla sentenza di primo grado, emessa lo scorso mercoledì dal Tribunale di Messina, che ha condannato il rettore Francesco Tomasello a tre anni e sei mesi di reclusione per aver favorito nel 2007, in un concorso di II fascia, il figlio dell’allora preside di Medicina Veterinaria.
Una sentenza che pone importanti interrogativi ed esige un riflessione interna alla quale non si sottrae il professore Giovanni Cupaiuolo, candidato alla giuda dell’Ateneo peloritano. Il docente di Letteratura latina, all’indomani della sentenza, affida ad un documento autografo le proprie personali riflessioni intorno al futuro dell’istituzione universitaria.
“L’Università italiana sta vivendo uno dei periodi più tormentati della sua storia recente – scrive Cupaiuolo – trasformata, dal potere politico e dai burocrati, in un terreno di periodici esercizi di riforme. Una vittima privilegiata insomma, da sacrificare sull’altare dell’economia perché considerata struttura improduttiva. E nella città dello Stretto la situazione è resa ancora più grave, perché – spiega l’ex preside di Lettere e Filosofia – il nostro Ateneo ha perso di vista le proprie peculiarità ed è venuto meno ai propri doveri istituzionali, preferendo incamminarsi in percorsi non congeniali a questa istituzione”.
Nel merito della vicenda giudiziaria che ha visto Tomasello, condannato in primo grado, esprimere la ferma volontà di rimanere alla giuda dell’Ateneo, questa è la posizione di Cupaiuolo: “Quanto si è consumato mercoledì scorso in un’aula di tribunale – scrive – nel rappresentare una realtà che non appartiene alla tradizione del nostro Ateneo, porta all’attenzione dell’opinione pubblica un sistema di governo teso a favorire gli amici con ogni mezzo, in un totale disprezzo delle norme che devono regolare i rapporti all’interno di una comunità. Gli organi di informazione, puntualmente e con grande risalto – sottolinea Cupaiuolo – registrano così la deriva di un’istituzione ormai avviata ad un declino inesorabile. La possibilità di una ‘amministrazione controllata’, come via per la sua rinascita, non è in realtà che un prodromo alla sua liquidazione. Nessuna meraviglia dunque – apostrofa il latinista – di fronte ad una caduta di prestigio e di considerazione presso l’opinione pubblica: ma non ci si deve e non ci si può arrendere – esorta Cupaiuolo – al contrario bisogna reagire. E’ arrivato il momento di chiamare a raccolta tutti coloro che considerano la nostra Università il bene più prezioso: docenti, colleghi tecnici, amministrativi e quanti operano con l’onestà intellettuale e l’entusiasmo che si addicono al luogo più alto per la ricerca e la formazione. Per non deludere coloro che, affollando le nostre aule, frequentando le nostre biblioteche, i nostri laboratori ed utilizzando le nostre strutture ospedaliere, sono venuti a chiedere l’affermazione di valori di verità, libertà ed etica”.
Il candidato rettore, in conclusione, esorta a reagire e delinea i passi fondamentali attraverso i quali rinnovare l’istituzione universitaria: “È questo il momento in cui la vera Università di Messina, che conosce la sua storia e sa quale sia il suo ruolo nella società, deve riappropriarsi delle proprie prerogative e chiedere con forza un cambiamento radicale nel modo di concepire ed attuare la propria gestione. Un obiettivo che è possibile conseguire – invita Cupaiuolo – attraverso uomini ed idee che non presentino alcun connotato di contiguità e continuità con la recente amministrazione. Un sistema che si è retto – accusa – su prassi consociative, che ha provocato fratture interne ed ha appannato i traguardi delle nostre strutture con il proliferare di inchieste giudiziarie. Pertanto – spiega l’umanista – la strada del rinnovamento, da più parti sollecitata, non può trovare un suo interprete in qualcuno che abbia condiviso responsabilità di governo dell’Ateneo nell’ultimo decennio: solo attraverso un profondo rinnovamento si potranno affrontare le prossime sfide. Per misurarsi con le grandi realtà universitarie del nostro paese – ammonisce Cupaiuolo – è indispensabile recuperare il senso pieno dell’espressione ‘comunità accademica’, abbandonare logiche di gruppi e consorterie valorizzando le migliori risorse scientifiche ed umane operanti nel contesto universitario”.
Per il candidato rettore non ci sono possibilità o percorsi alternativi: “O si avverte la necessità di puntare ad un cambiamento netto di uomini ed idee – conclude – o si rischia di perdere l’appuntamento con il nostro futuro”.
Emma De Maria