Nei giorni precedenti all’approvazione dello schema legislativo sulla riorganizzazione delle Autorità Portuali, Confindustria Messina ha presentato alla città il proprio punto di vista in un Position Paper in cui si dichiara di voler utilizzare la possibilità della proroga prevista dalla legge nel tentativo "di limitare i danni di una soluzione che penalizza il territorio messinese". L’obiettivo è quello “di ottenere, per un congruo periodo di tempo, l'autonomia finanziaria amministrativa dell'autorità portuale di Messina" e poi operare una modifica del testo di legge, appena varato dal governo, che riconosca la specificità dell'autorità portuale di Messina. Alla posizione di Confindustria è seguito un coro di adesioni che, senza per la verità entrare molto nel merito delle argomentazioni proposte dall'associazione degli imprenditori, ha ricevuto sostegno dalla stampa locale.
Proviamo a riassumere la posizione di Confindustria per comprendere, in primo luogo, gli eventuali "danni" che potrebbero derivare al sistema portuale locale dall'appartenenza all’Autorità del Mar Tirreno Meridionale e dello Stretto. Messina è il principale porto passeggeri italiano (8,5 milioni di passeggeri) dovuto principalmente alla continuità territoriale e al movimento croceristi. Il traffico Ro-Ro, di grande importanza per l'economia italiana, ha il suo principale punto di forza e di investimenti nello scalo di Tremestieri, infrastruttura che consentirebbe inoltre di razionalizzare l'intero sistema di mobilità cittadina. Milazzo gioca il suo futuro sulla vocazione turistica mentre Giammoro é chiamato a rafforzare quella commerciale. Giammoro, infatti, é il secondo porto siciliano dopo Augusta, specializzato nella mobilitazione di prodotti petroliferi, il 70% del prodotto totale movimentato. Questo, in estrema sintesi, il core business del nostro sistema portuale. Su questi fondamentali, la forza dei numeri qualcuno direbbe, Confindustria non esprime alcuna preoccupazione a motivo dell'appartenenza dei nostri porti all’autorità di sistema di area vasta; Gioia Tauro non costituirebbe, quindi, una minaccia per il nostro core business. L'unica criticità che si delinea nel documento è limitata alla questione del polo cantieristico locale che "rischia di essere ulteriormente impoverito dal costituendo polo cantieristico di Gioia Tauro". Gioia Tauro, infatti, intende realizzare un bacino di carenaggio e un polo di manutenzione navale con un investimento complessivo di 40 milioni di euro. Ma come la stessa Confindustria rileva, tutto ciò appare solo un rischio potenziale. Premesso che nulla può impedire al sistema calabro di realizzare investimenti per potenziare i servizi dei propri scali portuali introducendo elementi di competitività tra i due sistemi portuali locali, c’è da sottolineare come la partecipazione dei nostri porti all'autorità di sistema dello stretto, tuttavia, riduce questo potenziale rischio in quanto la condivisone di una strategia di sviluppo ci consentirebbe di valorizzare le possibili sinergie e complementarietà tra i due poli della cantieristica e/o essere coinvolti direttamente nello sviluppo del polo calabro in virtù delle competenze, del know-how e delle maestranze presenti sul nostro territorio e che Gioia Tauro, al contrario, non possiede e dovrà importare dall’esterno.
In conclusione, quindi, il documento non individua alcun danno certo; nessuna minaccia concreta al core business dei nostri porti derivanti dall'appartenenza all’authority di sistema dello Stretto e da un’alleanza con Gioia Tauro. Gli eventuali rischi per il polo della cantieristica locale, poi, sarebbero notevolmente ridotti, anzi potrebbero trasformarsi in opportunità, se affrontati all'interno di una strategia complessiva di sistema.
Ma quello che più colpisce dalla lettura del documento è l'assenza di riferimenti significativi al business della logistica. Il tema che ha occupato il governo nazionale nei due anni precedenti, attraverso l’elaborazione di piani e di appositi studi e che è all'origine della riforma appena varata, non sembra attirare l'attenzione di Confindustria Messina. Un settore, quello della logistica, per il quale, come è noto, Messina da sola non è in grado di svolgere alcun ruolo e solo un'alleanza forte con Gioia Tauro le consentirebbe di giocare, almeno in parte, questa importante sfida.
Gioia Tauro rappresenta, insieme a quello di Trieste e Genova, uno dei sistemi portuali più importanti del paese e sui quali il governo nazionale intende investire risorse finanziarie significative per rilanciare la nostra competitività al centro del mediterraneo. In tale contesto sarebbe auspicabile la condivisione di progetti, proposte e di una strategia generale che consenta al nuovo sistema portuale di accedere alle risorse finanziarie che il governo nazionale, attraverso appositi accordi di coesione e di programma per la logistica, sta mettendo a disposizione dei territori. Essere fuori dal sistema, infatti, come afferma lo stesso ministro Delrio, significa rischiare di perdere occasioni e anche di ottenere finanziamenti». Invece si propone una sorta di "autonomia autoreferenziale", sganciata da un'ampia e articolata visione strategica, senza alcun accordo con gli altri porti dello stretto, che sancisce di fatto “l’autoesclusione” del nostro sistema portuale dal business della logistica, e quindi dai benefici per il nostro territorio in termini di nuovi investimenti, occupazione e creazione di impresa, peraltro aggiuntivi a quelli derivanti dal core business dei nostri porti. Una richiesta, pertanto, che finisce per essere una mera difesa dello status quo e degli interessi economici in esso cristallizzati.
Giuseppe Fera, Ordinario di Urbanistica UNIME
Michele Limosani, Ordinario di Politica Economica UNIRC