Gentile Redazione,
la bellissima riflessione della Sig.ra Brancato sul DNA dei messinesi mi spinge a fare alcune considerazioni sulla nostra comumità che sembra abbia smarrito per sempre la sua identità. Pare che nello Stretto si aggiri una strana forza dinamica, una specie di virus che decodifica i neuroni del cervello che, invece di recepire le informazioni alla velocità della luce, fanno arrivare i messaggi in ritardo, facendo sballare il sistema di pensare dei messinesi odierni. Questa malattia ha colpito la nostra città da oltre 50 anni ed ancora nessun dottore è riuscito a trovarne la cura.
In verità il senso della fatalità c'era anche prima, ma sicuramente era maggiore la voglia di fare che non di stare a guardare sentendosi impotenti e in completa balia del destino. Prima , si ricercava meno l'interesse personale e si favoriva il benessere della collettività, con molta più solidarietà di quanto ce ne sia oggi. Ricordiamoci che si usciva da una terribile guerra che sicuramente aveva messo le basi a questa voglia di aiuto reciproco. C'era più moralità, quindi forse era meno evidente il lato negativo dell'indolenza e del senso del fatalismo del messinese. Tutti noi eravamo fieri del fervore artistico e culturale di Messina. Nasceva la Gazzetta del Sud, poi la Rassegna che ospistava artisti di caratura internazionale. Chi non ricorda Litz Tylor e Richard Barton nell'intramontabile scenario dell'Irrera Mare? Messina è stata il crocevia dell'Europa! Infatti con la conferenza del 1955 per volontà di Gaetano Martino, i ministri degli esteri d'Europa decisero di dar vita al " Mercato Comune Europeo". Poi piano piano siamo stati privati di tutto, ed è stata veramente una perdita imperdonabile! Occorreva difendere in tutti i modi quel patrimonio.
Sia gli amministratori che i cittadini avrebbero dovuto lottare e non stare a guardare! Gli operatori economici insieme agli uomini politici avrebbero dovuto mettere i loro capitali al servizio della comunità e non invece mettersi in evidenza solo per i propri interessi per poi arrivare a Roma e dimenticarsi da dove erano partiti e di chi li aveva sostenuti. Ma soprattutto i cittadini, si sono lasciati oscurare la mente da un pseudo progresso economico che non essendo sostenuto dalla laboriosità e dall'impegno, alla fine si è rivelato un fantasma. L'Italia usciva da una guerra e da una dittatura. Ero un giovane adolescente allora. Vedevo intorno a me e dentro di me una grande foga, grande entusiasmo, grande vitalità. Ma quella gioia di vivere fremeva in tutta la città, che proliferava di iniziative lavorative e culturali. Nascevano i primi locali di ritrovo, il famoso Carnevale Messinese, momento di grande allegria e mai di volgarità, i balli alla Camera di Commercio, la Fiera con l'Irrera Mare, il teatro dei dodicimila a Piazza Municipio, e tante altre iniziative degne di nota.
Il passato non può più tornare e non possiamo vivere di sogni e di ricordi. Però i luoghi sono sempre lì a disposizione di tutti noi come semplici cittadini, come imprenditori, come amministratori, come politici. E allora perchè non far risplendere quei luoghi che un tempo furono belli e illustri? Tutte le volte che scendo a Messina, provo una grande tristezza e mi stringe il cuore pensando a ciò che siamo stati un tempo e ciò che siamo oggi. Cordialmente
Emanuele Ferrara da Prato