Mentre i medici si consultano il paziente muore. Parlando del destino dell’ospedale Piemonte il detto popolare calza a pennello, perché mentre fazioni opposte litigano da un anno il rischio è che, esattamente come annunciato dal dg Michele Vullo, il 4 agosto del 2014 in Consiglio comunale il Pronto soccorso chiuda sul serio ed a seguire anche l’intero nosocomio. La situazione del presidio sanitario è ormai talmente aggrovigliata e al centro di una confusionaria contesa che il rischio di trovarci di fronte ad un ospedale Margherita bis diventa sempre più concreto.
Nei giorni scorsi, in seguito anche all’esposto presentato dal Comitato salvare il Piemonte (vedi articolo allegato) nel mese di giugno, la Procura ha acceso i riflettori sulle condizioni del Pronto soccorso e sulla reale capacità di fronteggiare l’emergenza-urgenza in seguito ai recenti provvedimenti adottati dal manager del Papardo-Piemonte in applicazione del decreto Balduzzi e in base al piano di riordino della rete ospedaliera regionale.
Proprio in seguito alle richieste della Procura il direttore generale del Papardo-Piemonte ha inviato ai direttori delle unità operative una nota con la quale li invita a presentare una relazione dettagliata. Si tratta di una richiesta urgente di relazione in merito al possesso dei requisiti strutturali, tecnologici, impiantistici, organizzativi e funzionali del Pronto soccorso del Piemonte, a garanzia delle condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza dei pazienti e degli operatori.
“Dovendo riscontrare nel più breve tempo possibile la richiesta della Procura della Repubblica per tramite il Reparto operativo, Nucleo investigativo-scrive Vullo- a seguito di attivazione di procedimento penale si dispone che le SS.LL. ciascuno per la parte di competenza e con i dati in loro possesso, relazionino con carattere d’urgenza sul possesso dei requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi e funzionali del P.O.Piemonte a garanzia ed in linea alle norme vigenti in materia igienico-sanitaria, di sicurezza e di gestione del rischio clinico, per la tutela dell’utenza, degli operatori e della qualità dell’assistenza offerta”.
Destinatari della missiva sono il direttore medico di presidio Francesca Parrinello, il direttore Uoc Mcau Clemente Giuffrida, il direttore Uoc Chirurgia generale Antonino Gullà, il direttore anestesia e rianimazione Giuseppe Luppino, il direttore ad interim ostetricia e ginecologia Melchiorre Aversa, il risk manager Giuseppe Franciò, il direttore Uoc settore tecnico Vincenzo Pernice, il responsabile SPP Alessandro Giardina. La nota, per conoscenza, è stata trasmessa all’assessore regionale alla salute Baldo Gucciardi che non appena si è insediato ha trovato sul tavolo la patata bollente del Piemonte e del ddl sulla fusione con i Neurolesi. Lo scontro ha di fatto stoppato il percorso del disegno di legge esitato dalla Commissione Ars e pronto per essere discusso in Assemblea. L’assessore si è detto pronto a valutare le diverse posizioni e ad affrontare sul piano tecnico le soluzioni alla luce, è bene ricordarlo, di un decreto Balduzzi e di un riordino della rete ospedaliera, che già lo scorso agosto avevano “segnato” un solo destino per il nosocomio: la chiusura. Il 4 agosto dello scorso anno infatti, nel corso di una rovente seduta consiliare aperta (vedi articolo correlato), emerse chiaramente il destino del Pronto soccorso del Piemonte, definito dallo stesso Vullo “pericoloso per i pazienti” e quello del punto nascita, dapprima destinato al trasferimento al Papardo e poi, in seguito alle proteste, rimasto lì fino ad oggi ma con il foglio di via. Un anno dopo ci ritroviamo allo stesso punto di partenza ma in una situazione ancora più grave, perché la classe dirigente litiga e si è divisa sulle soluzioni per il “paziente”, e nel frattempo, i provvedimenti di taglio dei doppioni vanno avanti, così come le denunce e la Procura, interpellata, ha aperto un fascicolo. Inevitabile immaginare quale sarà la fine del capitolo. Le relazioni che i dirigenti trasmetteranno in Procura, così come richiesto, fotograferanno gli ultimi giorni di un presidio ormai allo stremo tra un futuro incerto, un presente drammatico ed un passato che non conta più per chi prende le decisioni.
Il rischio più grande è che alla fine, mentre i “medici” litigano su diagnosi, cura e fisioterapia, il paziente-Piemonte tiri le cuoia. E le responsabilità saranno di tutti in quota parte ma soprattutto di quanti non vogliono che a Messina “si faccia qualcosa”. Il verbo fare a Messina è visto come il peggiore dei peccati.
Rosaria Brancato