La mezzanotte è passata da quasi due ore, quando il presidente del consiglio Trischitta, che presiede in sostituzione di Previti, assente per motivi personali, dichiara decaduta la seduta per mancanza del numero legale. Sei ore di dibattito dedicate alla delibera sulla “riorganizzazione dei servizi di mobilità urbana”, più semplicemente delibera Atm, non sono sufficienti a mettere d’accordo le parti. Ma le cose vanno alla rovescia, perché ad abbandonare l’aula, fra le urla dei lavoratori, “scortati” dai rappresentanti delle sigle sindacali (Cgil, Uil, Ugl, Fais/Cisal OrSa), è proprio la maggioranza, ma nella componente Pdl. La decisione, inevitabile, presa a mani basse, matura quando la trattazione della delibera entra nel vivo, o meglio nel “cuore”. Perché è proprio al “cuore” che punta una parte degli emendamenti presentanti dall’Udc (dal n° 7 al 15), più oppositore che alleato, che stravolgerebbero del tutto il testo predisposto dall’amministrazione. La richiesta, infatti, di cui il consigliere Melazzo, in qualità di primo firmatario, si fa portavoce, è quella di non permettere la sola trasformazione in Spa dell’azienda, ma avviare contestualmente anche la messa in liquidazione. Passaggio quest’ultimo da “consumare” solo dopo aver proceduto, entro 60 giorni dall’eventuale approvazione della delibera, alla predisposizione del piano industriale e dello statuto della società, e nei successivi 30, sulla scorta appunto di tali documenti, alla delibera di costituzione della società e dunque alla messa in liquidazione.
Il rappresentante centrista, facendo inoltre riferimento ad una nota datata 12 dicembre 2011 ed inviata dalla Regione all’amministrazione comunale, evidenzia come sia lo stesso governo regionale a ricordare a palazzo Zanca la presentazione, non solo del piano di rilancio della società, ma anche del piano industriale «di cui oggi invece si continua a non parlare» ribadisce Melazzo. Appoggiato peraltro dal Pd, che per voce del capogruppo Felice Calabrò, non fa mistero di come il Partito democratico si esprimerà sulla votazione degli emendamenti, ovvero con voto favorevole. E’ lo stesso Calabrò, tuttavia, ad evidenziare cosa ciò potrebbe determinare ai fini dell’approvazione dell’atto: «Se gli emendamenti, rispetto ai quali ribadiamo di trovarci d’accordo – afferma – verranno votatiti, è chiaro che finiremo con l’approvare una delibera completamente diversa da quella presentata dall’amministrazione e che soprattutto non porterà a nessun risultato concreto».
Passaggio colto al volo da Nello Pergolizzi (Fli), che ne approfitta per “insistere” sull’ambiguità dell’Udc rispetto ai rapporti con la maggioranza: «Approvati gli emendamenti presentati dall’Udc chi ci assicura poi che il loro voto alla delibera sarà favorevole?» Rassicura il capogruppo del partito centrista, Cilento: «Ci esprimeremo in modo positivo, anzi a questo punto invito il Pdl ad appoggiare, così come fatto dal Pd, i nostri emendamenti». Ma proprio tra i banchi del Popolo della Libertà comincia a maturare la consapevolezza che la situazione potrebbe essere sul punto di ribaltarsi. A tenere alta la guardia ci pensa l’assessore Scoglio che dopo aver risposto a Pd e Udc, “ammonisce” i suoi: «La decisione finale spetterà al consiglio, ma è certo che se dovessero passare quegli emendamenti, i rappresentanti della maggioranza non dovranno e non potranno votare». Il Pdl chiede dunque una sospensione, che diventa per tutti occasione di rapidi confronti strategici.
Dialogo evidentemente poco fruttuoso per l’Udc, che torna in aula più diviso che mai: il consigliere Ansaldo, arrivato in seconda serata (causa compleanno), chiede al proprio partito di ritirare gli emendamenti presentati, perché dallo stesso non visionati e non sottoscritti, ma soprattutto chiede il rinvio della seduta. Richiesta inattesa da parte del rappresentante dell’Udc, che potrebbe però rappresentare una “pulita” via di fuga per la maggioranza, per cui i banchi sono diventati troppo scomodi. Inevitabile opposizione alla richiesta di Ansaldo arriva da Melazzo «Le assicuro che gli emendamenti possono essere accolti, mi premurerò di spiegarglieli uno per volta, ma trovo poco rispettoso nei confronti di chi è seduto qui da ore, chiedere la stop». Anche Cilento invita Ansaldo a rivedere la sua posizione, ma quest’ultimo non intende cambiare idea, anche perché, come dallo stesso spiegato a “giochi fermi”, l’ipotesi di sospensione sarebbe arrivata dallo stesso Cilento. Ad approfittare dei malumori dell’Udc ci pensano Pd e Fli. Tuona Calabrò: «Sono decisamente contrario a fermare i lavori. Ma la lettera del sindaco che invitava a stringere i tempi sull’Atm l’avete dimenticata?». Favorevole alla prosecuzione del dibattito anche Pergolizzi, che avanza però l’ipotesi del ritiro: «Votare la delibera modificata con tali emendamenti non avrebbe senso, a qual punto tanto vale bocciarla e proporne una nuova. Anzi lo chiedo ufficialmente», posizione condivisa anche dal Pd. Sempre più nette le dichiarazioni di Scoglio: «La delibera rimane così com’è». La proposta di sospensione dei lavori avanzata da Ansaldo viene messa in votazione e respinta (13 no, 13 sì, 4 astenuti). Il dibattito prosegue, ma ancora per poco, perché è a questo punto che la maggioranza abbandona l’aula. Prima della caduta del numero legale viene però approvata una parte dell’emendamento n°7. Accolti nel corso della lunga seduta anche gli emendamenti n°1 (Udc) e n°4 (Risorgimento Messinese/Mpa) che vengono unificati, n°2 (Risorgimento Messinese/Mpa), n°3 (Risorgimento Messinese), n°5 (Udc). Bocciato invece in toto l’emendamento n°6, presentato dal Pdl con l’appoggio della Cisl.
Ancora una volta la maggioranza non riesce a svoltare sulla delibera Atm e l’ipotesi di ritiro, per quanto fermamente osteggiata dall’assessore Scoglio, si riaffaccia alla finestra dell’aula consiliare. Necessario dunque per il Pdl studiare una strategia ben precisa in vista della prossima seduta – ancora da stabilire la data di convocazione – ed evitare un nuovo rischio “cappotto”. Tra le possibilità quella di un riavvicinamento all’Udc, o almeno alla parte “avvicinabile” del partito. Non rimane dunque che attendere, ancora, ma questa volta il pensiero non va ai diritti, per quanto sacrosanti, dei lavoratori, bensì a quei “santi” degli utenti, ugualmente in diritto di avere delle risposte. (ELENA DE PASQUALE)