Il progetto definitivo è stato approvato dalla società Stretto di Messina il 29 luglio 2011 ma il parere del Ministero dell’Ambiente non è mai arrivato. Con la legge 221 del 2012, del governo Monti, si è prodotta la decadenza dei rapporti di concessione col contraente generale, Eurolink. Fino a poco tempo fa il tema Ponte sullo Stretto sembrava caduto nel dimenticatoio, prima di tornare alla ribalta con le dichiarazioni di diversi esponenti del governo Renzi, a partire dal premier. Un coro di sì ma subordinato alla realizzazione di altre opere considerate prioritarie. Un rinvio a tempi indefiniti che non sta bene ai più convinti assertori del Ponte. Nello scorso mese di marzo, i deputati di Area Popolare, Lupi, Garofalo, Scopelliti, Pagano, Minardo, Bosco e Misuraca, hanno avanzato una proposta di legge per riprendere il progetto Ponte sullo Stretto e farlo diventare una priorità.
E’ anche la volontà della Rete civica per le infrastrutture nel mezzogiorno, che ha organizzato un convegno per spiegare le ragioni del sì. Anzi, più ancora, per “smontare” le ragioni del no, anzitutto tramite un documento distribuito ai partecipanti, in una Sala Visconti gremita.
“Manca l’acqua e vorrebbero fare il ponte – vi si legge – è l’ultima trovata degli avversari del ponte. Un enunciato razzista che finge di ignorare che i soggetti che avrebbero dovuto salvaguardare l’acquedotto nulla hanno a che vedere con chi ha progettato il ponte. Vale per Messina ma non per altre città. Nessuno ha osato dire che i genovesi, inondati dal Bisagno, non avevano bisogno del terzo valico dei Giovi; o i romani, travolti dagli scandali, il Giubileo; o i veneziani, sempre allagati, il Mose”; stesso principio rispetto al doversi occupare prioritariamente del dissesto idrogeologico, “va fatto a prescindere, le due cose sono indipendenti e non contrapponibili. E’ un ragionamento strumentale, si potrebbe pure affermare che, prima del ponte, bisogna migliorare la sanità o le scuole o anche eliminare la mafia e il terrorismo”; si dice che le priorità sono strade e ferrovie regionali. “E’ vero che il Ponte, da solo, è insufficiente – è il succo del discorso – ma anche i collegamenti interni lo sono, servono entrambe le cose”; e ancora, i proventi del pedaggio non ripagano l’investimento. “Uno studio dell’Università Bocconi dimostra che l’opera è finanziariamente sostenibile. Salini Impregilo ha dimostrato che gli introiti statali durante la costruzione compensano l’intero esborso. Ovunque nel mondo è stata l’opera a creare il traffico, non viceversa. Già pochi anni dopo l’inaugurazione, il ponte dell’Oresund incassava il triplo rispetto alle previsioni più ottimistiche”.
La Rete per le infrastrutture contesta anche l’irrealizzabilità dell’opera a causa di terremoti e vento. “Obiezioni sempre ridicolizzate dai progettisti. La sismicità dell’area è inferiore a quella di altri posti al mondo dove sono in funzione grandi strutture. Simulazioni eseguite dagli scienziati dimostrano che, in caso di sisma di intensità pari a quello del 1908, il posto più sicuro è il ponte, che non sarà chiuso nemmeno con venti ben più forti di quelli rilevati sullo Stretto negli ultimi vent’anni”. Sul fatto che sarebbe meglio aumentare il numero di traghetti, si ribatte che “non esiste, in tutto il mondo, un’isola con più di 100mila abitanti e distante meno di tre miglia dalla terraferma che non sia unita in modo stabile. Oltre a causare inquinamento, il traghettamento è un insuperabile limite alla rapidità e alla quantità di merci in transito”.
Il Ponte non unirà due coste ma due cosche, si sente ripetere da anni, “altra affermazione razzista, considerato che è assodato che la delinquenza organizzata opera ovunque e su ogni opera. In realtà l’asservimento al potere mafioso è favorito dalla mancanza di lavoro”. Ed a proposito di lavoro, “le imprese costruttrici del ponte e delle opere connesse non hanno alcun interesse ad assumere solo personale proveniente da lontano, al quale pagare vitto, alloggio e trasporto, quando lo possono trovare in loco”. Infine l’aspetto ambientale: “Il ponte riduce l’inquinamento perché consente di trasferire su ferro parte del traffico gommato. Quanto alla presunta strage di uccelli migratori causata dai piloni, i rilevamenti eseguiti hanno dimostrato che il numero dei volatili a rischio d’impatto in un anno è minore rispetto a quello degli uccelli che perdono la vita in un giorno lungo le autostrade italiane”.
Tutti temi ripresi dal presidente della Rete per le infrastrutture al sud, Fernando Rizzo, che ha focalizzato l’attenzione sulla “tragica” situazione occupazionale in Sicilia e Calabria e sulle possibilità di sviluppo per i porti del territorio, al momento “surclassati” da quelli del nord Europa. Rizzo contesta anche la volontà di non impiegare fondi pubblici sul progetto. “Si dice che non ci sono i soldi – afferma – ma quanto ha speso lo Stato per altre grandi opere al centro e al nord Italia?”. E via con l’elenco: 5,3 miliardi per il Mose di Venezia, 4,1 miliardi per la variante di valico tra le province di Bologna e Firenze, 9 miliardi per gli aerei militari F 35, 8,9 miliardi per il tunnel Torino – Lione, 8,5 miliardi per la Tav Napoli – Bari, 5,5 miliardi per la metro C di roma, 4 miliardi per la metro di Napoli, 1,5 miliardi per il passante di Mestre, 8 miliardi per la prima galleria del Brennero, 6,3 miliardi per la Tav dei Giovi Genova – Milano.
La Rete per le Infrastrutture al sud ha trovato un altro alleato, il rettore dell’Università di Messina, Pietro Navarra, che, in apertura di convegno, ha sponsorizzato la realizzazione dell’opera. “Si parla sempre dei risvolti economici durante i lavori ma non è mai stato fatto uno studio approfondito sul dopo – ha affermato -. Il ponte non deve essere costruito per chi oggi ha 60 anni ma per chi ne ha 20 o 30 perché i benefici si vedono nel tempo. L’Italia è un Paese con la sindrome del consumo e non considera l’importanza degli investimenti. A prescindere dagli effetti immediati, che possano portare posti di lavoro o altri vantaggi, è importante capire cosa lasciare in mano alle nuove generazioni. Bisogna andare nelle facoltà di Ingegneria e di Economia per parlare con i ragazzi perché si parla del loro futuro e loro sono il miglior veicolo informativo. Ci tenevo ad esserci oggi – ha concluso – per dare una scossa e far sì che si passi alle cose concrete. Se ne parli ancora per poco di ponte, poi si faccia. Altrimenti ci mettiamo una pietra sopra e pensiamo ad un altro modello di sviluppo per questa città. Ma io non ne vedo di migliori”.
Dopo un filmato sui ponti costruiti nel mondo dal 1870 ad oggi, la parola è passata al prof. Alberto Zasso, prof. di Ingegneria meccanica e responsabile della Galleria del vento del Politecnico di Milano, che ha studiato l’interazione del ponte coi venti e il passaggio dei veicoli. Il Ponte sullo Stretto – ha spiegato – è progettato per restare aperto 365 giorni all’anno 24 ore su 24 e le tecnologie odierne consentono di farlo. Poi altri interventi tecnici da parte di Caterina Caminiti, già responsabile degli studi ambientali sul ponte, Giovanni Caminiti, già dirigente dell’Ufficio ponte del Comune di Messina, e Giacomo Guglielmo, esperto nella gestione dei fondi europei.
(Marco Ipsale)