“Ora è l’inverno del nostro scontento, gloriosa estate col sole di York”. Questa famosa frase è l’incipit della tragedia portata in scena dal rampante direttore artistico Rupert Goold all’Almeyda Theatre di Islington (Londra), con gli eccelsi Ralph Fiennes (nel ruolo principale del monarca malvagio) e Vanessa Redgrave (nella parte della regina Margherita) e arrivata anche sugli schermi messinesi presso il cinema Lux e il multisala Iris.
Trattasi dell’ultima delle opere teatrali della tetralogia di William Shakespeare sulla storia inglese – dopo l’Enrico VI, parte prima, Enrico VI parte seconda e Enrico VI parte terza – composta secondo acclarati studiosi negli anni 90 del '500 e dunque da annoverare fra le produzioni giovanili dell’autore. La prima rappresentazione avvenne nel 1633 e fra gli adattamenti illustri si citano quegli del 1955 e del 1995, non dimenticando Riccardo III – Un uomo, un re di e con Al Pacino, del 1996. Figlio di Riccardo, duca di York e fratello del re Edoardo, il protagonista fu re d’Inghilterra dal 1483 fino alla morte. La scena in realtà inizia con riprese documentaristiche di un parcheggio di Leicester ove nel 2012 sono stati ritrovati da un’archeologa, nel corso di scavi, i resti reputati riferibili a Riccardo III. Ritroviamo personaggi come la regina Elisabetta, Edoardo IV, i principini, Buckingam, Clarence, Ratcliffe, Lord Hastings, re Enrico, la regina Margherita, Lady Anna, etc. La messinscena è minimalista con piccoli e potenti effetti scenici e illuminotecnici e, pur con tocchi brevi e essenziali, riesce a render molto bene l’atmosfera dell’opera, il finale si apre invece con un combattimento degno di un eccelso film in costume e si cita, essendo di segno differente, anche la scena in cui Riccardo/Ralph mostra il braccio deformed and unfinished maciullato, con effetti sorprendentemente realistici. Certo, il teatro londinese è al top quanto agli aspetti tecnici, anche se non sempre si va mai veramente oltre la forma, per interrogarsi davvero e riuscire a resuscitare: ciò vale soprattutto in questi tempi bui di Brexit, preceduti dalla recessione dal 2008 e da nuove politiche populiste e nazionaliste in ambito internazionale. I conflitti inglesi nascono storicamente molto prima del tempo in rappresentazione, per la “guerra delle due rose” bianca e rossa, fra le dinastie York e Lancaster, che avrà termine con la sconfitta di Riccardo III ad opera di Richmond. Riccardo, figura emblematica di crudele, deforme, malvagio, immorale, con una mente perversa e una sete bramosa e sfrenata di potere, alla morte del re diviene reggente, fino al raggiungimento della maggiore età del nipote successore legittimo. Proprio la smania di conquistare prima e preservare (poi) il potere lo porterà a commettere crimini su crimini, fino a divenire vittima della sua stessa efferatezza. È una potente figura di eroe negativo, probabilmente venuta fuori da un’esagerazione della realtà storica. Il pugno serrato di Riccardo che sta per prendere la corona segna l’intervallo della rappresentazione. Affascina, nella seconda parte, il sogno/incubo di Riccardo, con le sue vittime che, ad una ad una, scagliano contro di lui maledizioni, in vista dell’imminente combattimento, e che possono sintetizzarsi nella frase arcinota Domani nella battaglia pensa a me che ha dato peraltro il titolo al testo formidabile di Javier Marias. Altra famosa frase attribuita al personaggio principale dopo essere stato abbandonato dai suoi e aver perso la battaglia di Bosworth nel 1485 ”un cavallo, un cavallo! Il mio regno per un cavallo”.
Tosi Siragusa