Platone fa giungere fino a noi una delle tesi più famose di Socrate, quella della docta ignorantia, nella quale egli sostiene che, se esiste un motivo per il quale l’oracolo di Delfi lo ha indicato come il più saggio tra gli uomini, questo motivo è proprio la consapevolezza della sua stessa ignoranza.
Socrate racconta che si recò dai politici più affermati, dai poeti più ispirati e dagli artisti più abili, sicuro di trovare in loro persone sapienti, più sapienti di lui.
Quello che trovò parlando con ognuno di loro fu che quasi tutti loro sapevano molto sulla loro specialità, ma ciò dava loro una sicumera che li portava ad arroccarsi su ciò che sapevano, arrogandosi la pretesa di sapere molto anche su questioni che, in realtà, non conoscevano affatto.
Questo atteggiamento saccente non solo conferiva loro poca umiltà, ma li portava ad essere ciechi a tutte le conoscenze che ancora non avevano, a tutti i misteri di cui la vita brulica.
C’è un universo sconfinato, fuori dal limitato pezzetto di realtà che i nostri sensi possono cogliere in una vita intera.
Saggio è colui che se ne rende conto ed ammette che tutte le sue conoscenze sono nulla al confronto di quello che non sa, ciò lo rende umile, pronto a guardare con occhi nuovi e curiosi la realtà.
Guardare alla realtà sapendo di non sapere, vuol dire approcciarsi ad essa con tutta la curiosità e l’apertura mentale che servono per imparare.
Se Socrate tornasse tra noi e rifacesse il suo esperimento, troverebbe che, in realtà, anche “i sapienti” odierni sono molto spesso solo saccenti. Troverebbe che è frequente per noi uomini di oggi nascondere la nostra ignoranza, vergognandocene o, peggio, camuffandola dietro finta conoscenza.
Basta aprire la tv e ci metteremo pochi secondi a trovare un “tuttologo” che, appunto, sa tutto su ogni argomento.
Ma anche le persone comuni adottano lo stesso stile, sia che si tratti di esprimere un’opinione su scottanti questioni di geopolitica, sia che si tratti di millantare competenze professionali che non si hanno.
Nessuno sa tutto, ma ognuno di noi può scegliersi un piccolo campo di conoscenza da esplorare in profondità, consapevole della limitatezza del proprio sapere ed ancor di più della vastità del proprio non-sapere.
Fingere di sapere tutto o, peggio, crederlo davvero, ci rende persone spocchiose e ci porta a non ampliare le conoscenze necessarie al nostro lavoro o a formarci un’opinione accurata su un argomento sul quale vorremmo dire la nostra.
Ammettere di non sapere qualcosa, ci dà la possibilità di prenderci il tempo di andarla a conoscere, almeno parzialmente, almeno quel tanto che ci è utile.
Riconoscere la provvisorietà e la parzialità delle nostre conoscenze non deve però portarci a pensare che esse siano inutili, Tutt’altro. Ogni pezzetto di conoscenza che acquisiamo è essenziale al migliorare del nostro sapere e del nostro agire.
La prossima volta che non sappiamo qualcosa, ammettiamo a testa alta di non saperla e rivendichiamo il diritto di prenderci il tempo necessario di scoprirla, ricordiamo che, prima di noi persino Socrate agiva così e lasciamo arroganti e tuttologi a crogiolarsi nel loro inconsapevole ed inveterato non-sapere.
“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.