Il diritto di sbagliare: elogio dell’imperfezione

Cosa vuol dire “perfetto”? Significa senza nessun difetto, completo, portato a termine.
Finito.
Qualcosa è perfetto quando non ha più limiti da superare, difetti da colmare, quando giunge al termine del suo percorso evolutivo. Un’altra parola ha pressappoco lo stesso significato: morto.
Se perfezione e morte vanno a braccetto, lo stesso si può dire della vita, che cammina fianco a fianco con l’imperfezione. Ciò è talmente vero da aver posto le basi per il noto paradosso, detto “della perfezione”: la più grande perfezione è l’imperfezione, poiché essa consente il cammino verso la perfezione, lo sviluppo.
E’ l’imperfezione che dà senso e movimento alla vita.
Perfetta può essere un’idea, oppure un’opera ormai compiuta, alla quale non c’è più nulla da aggiungere Tutto quello che sta nel mezzo, cioè il fluire della vita stessa, è imperfetto.
Cristoforo Colombo scoprì l’America per errore: fino alla fine dei suoi giorni rifiutò l’idea di aver scoperto un nuovo continente. Preferì difendere la perfezione delle sue teorie piuttosto che ammettere la portata straordinaria del suo errore. E’ forse il più famoso esempio di serendipità, che altro non è che l’attitudine (che Colombo non ha avuto) a considerare il lato creativo degli errori, è ciò che porta gli uomini d’ingegno a capire di aver trovato qualcosa di importante mentre cercavano tutt’altro.
Popper pone alla base del pensiero scientifico, ma soprattutto umano, il progredire della conoscenza del mondo attraverso il metodo ipotetico-deduttivo che procede, appunto, per tentativi ed errori.
La parola “errore” trova origine etimologica nel latino erro: vagare, allontanarsi. Il viaggio è metafora di vita e conoscenza. Così come è sinonimo di errore.
Un errore fatale è quello che conduce alla morte. Solo a questo genere di errori non c’è soluzione, tutti gli altri sono errori ai quali è possibile rimediare.
Perché allora, siamo così ossessionati dalla paura di sbagliare? Perché la nostra è una cultura che fa della perfezione il suo mito. Tutti passiamo la vita a cercare di raggiungerla, in ogni ambito, perché se non siamo perfetti non siamo nessuno, non siamo abbastanza. Saremo esclusi.
Se non siamo genitori e partner perfetti non valiamo nulla. Se non abbiamo un fisico perfetto siamo brutti. Se non siamo i primi della classe siamo mediocri. Se non siamo i campioni, siamo dei perdenti.
O siamo tutto o non siamo nulla. Non c’è spazio per tutte le sfumature intermedie.
Non c’è spazio per quello che in realtà ognuno di noi è: imperfetto.
Allora, per non fallire, smettiamo di agire, di pensare: ci rifugiamo stereotipi ideali e in routine di azioni e pensieri che qualcuno ha già pensato e percorso per noi. Per non sbagliare, smettiamo di vagare, di scoprire, di conoscere. Smettiamo di fare tutto ciò che è passibile di errore. Smettiamo di vivere.
La scelta è tra vivere sbagliando (avendo l’unica cura di non compiere errori fatali) e illuderci di vivere nella perfezione, senza possibilità di errore, ma nemmeno di crescita.
La scelta è tra la vita e la perfezione, tra l’errore e la rinuncia, cugina della morte.
Serve altro a chiarire il perché è nel diritto di ognuno di noi agire secondo le nostre inclinazioni, pur sapendo che potremmo sbagliare?

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
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