“Caino. Homo necans”: le luci e le ombre dell’animo umano

Due fratelli tanto diversi, ma così simili, opposti e speculari, il giorno e la notte, la luce e l’ombra: Abele e Caino. Abele (Livio Bisignano), così biondo e armonioso nel suo modo di offrire le carni di vitello in sacrificio a Dio, alza le braccia e protende il viso verso il cielo, forte e sicuro. Caino (Oreste De Pasquale), così scuro e sgraziato nell’offrire i frutti del suo lavoro, il grano che con tanto sacrificio ha estratto dalla terra, che lo sporca; incapace di protendersi verso il cielo, così legato al basso, alla terra, “Caino non è come sembra. Caino non deve essere toccato”.

Delle voci “diaboliche”, superegoiche, dalla mente di Caino riflettono le sue angosce e il suo profondo senso di inferiorità verso quel fratello così perfetto, così amato da Dio; ma questo fratello che “conosce la fatica” e vive nella luce, quanta morte ha addosso? Mentre Caino chiede a Dio la vita, che lui conosce attraverso i frutti della terra, Abele la distrugge, macchiandosi le mani del sangue, colpendo con pietà – forse – ma con ferocia la bestia, chiedendo di essere bagnato dalla luce divina ancora e per sempre.

La vita di Abele è una piena contraddizione per il fratello, che non può emularlo sino in fondo: la sua natura glielo nega. Abele, sotto la luce divina, porta la morte, lui che è luce. Un fiore bianco, che Caino, lui, così simile ad una bestia, curava con un amore disperato, è stato calpestato da Abele. Perché lui non può abbassarsi al livello del fratello – che odia e teme – guardando la terra.

Ecco che luci e ombre si confondono. “A te non è dato colpire”, è detto a Caino, “costretto” ad essere il fratello coltivatore. Ma chi ha condannato Caino, condanni Abele per essersi accecato con troppa luce.

Caino. Homo necans” ci illumina su una figura maledetta dalla storia, eppure così meritevole di pietà. Gli attori, che hanno recentemente già lavorato con la regista Auretta Sterrantino nello spettacolo “InSomnium”, lavorano nello spazio con atti speculari, in una lotta spirituale e fisica. I gesti sono molto intensi, l’opposizione è sentita, e lo studio sul movimento e l’appropriarsi dello spazio dà i suoi frutti. Tuttavia in certi punti si rasenta un’enfasi eccessiva, soprattutto nelle ripetizioni del testo, che, forse troppo abbondante, anche nella scrittura scenica, tende ad essere appunto in eccesso, quando bisognerebbe invece alleggerire il carico del verbo, dando così più libertà alla recitazione.

Caino” è il primo atto di una trilogia sul tradimento e sulla colpa, che vedrà successivamente le figure di Giuda e Gesù.

Lavinia Consolato