di Marco Olivieri
MESSINA – Una città sospesa. In un clima d’incertezza, il ministro Matteo Salvini sbarca a Messina, accolto dal senatore Nino Germanà, candidato alle europee, e dalla Lega in prima fila. Una città divisa tra chi pensa che il ponte sullo Stretto sia lo shock economico necessario per far ripartire Messina e chi ne coglie tutti i problemi e le implicazioni. Comunque la si pensi, e considerato che la grande opera segue una logica nazionale ed europea, e non locale, va detto che rimane la sensazione di un azzardo. Senza entrare nel merito di aspetti tecnici, che non competono a chi scrive, è tale la complessità delle ricadute ambientali, sociali e abitative, legate alla viabilità e e all’organizzazione della città, da far tremare i polsi.
Oltre agli enormi costi e alla discussa operazione politica avviata dal centrodestra, nel riesumare la società “Stretto di Messina”, questa spada di Damocle rischia di condizionare il già fragile presente e l’incerto futuro di una città che ha bisogno di riprendersi. Mentre è agli sgoccioli una campagna elettorale per le europee davvero deludente, si ha bisogno di rilanciare in chiave contemporanea la questione meridionale. E capire come infrastrutture, trasporti e modernizzazione si possano realizzare su territori fragili, come quello messinese, in maniera più armonica e meno invasiva. Il tutto potrà avvenire se si affronteranno i tanti nodi economici e sociali, senza mettere la testa sotto sabbia, come si sta facendo adesso.
Un altro futuro è possibile per Messina, la Sicilia e il sud? Sì, se ci saranno idee e contenuti concepiti e portati avanti da uomini e donne credibili. Anche la stessa analisi sul “ponte sì” e “ponte no” avrebbe meritato spazi e tempi d’elaborazione differenti, senza questa corsa politica. Una corsa, osservazioni e valutazioni d’impatto ambientale permettendo, che non aiuta a fugare i moltissimi dubbi.