Di seguito la riflessione di Federico Micari, cittadino milazzese, neo laureato alla Luiss di Roma in Scienze Politiche, in merito alla visita di Salvini ed alle relative polemiche e proteste.
Matteo Salvini è un mio avversario politico. Rappresenta quella destra estrema, regressiva e sovranista contro cui il mondo liberale, progressista, cattolico-democratico e socialista deve costituire un’alternativa e ribellarsi. Detto questo, non sono d’accordo con i fischi, i cartelli e gli insulti che gli sono stati rivolti durante la sua recente visita siciliana. Un politico deve essere contrastato per quello che rappresenta, non con cori e manifestazioni contra personam. Il rischio è quello di legittimare il solito vittimismo suo e dei suoi lacchè, che non fanno altro che dire che i fischi vengono da “ragazzi dei centri sociali, facinorosi, anti-democratici, figli di papà”. Purtroppo questa forma di vittimismo accresce i consensi e viene sempre, ripetutamente usata dal leader leghista in ogni suo incontro. Le stesse Sardine, esempio più vivo e contemporaneo di partecipazione di piazza, hanno più volte esposto la loro volontà di essere un raggruppamento propositivo, senza limitarsi alla sola opposizione e prestare il fianco a facili accuse.
La lega va capita. Se Salvini è un mio avversario, non lo sono le masse che lo votano. Bisogna entrare dentro il disagio che spinge tanta gente non razzista, non sovranista, non estremista a sostenere la Lega (nord), specialmente nel sud Italia, dove il partito ex secessionista cerca di aumentare il proprio bacino elettorale. Prescindendo dai soliti notabili locali, che cambiano partiti come fossero un paio di scarpe, un po’ per convenienza e un po’ per ignoranza (nel senso che probabilmente non hanno idea della storia dei partiti, di ciò che rappresentano, delle loro prospettive e dei valori che ne stanno alla base), esiste una grande quantità di elettori che sono mobili. Votano un blocco, piuttosto che un altro, perché sentono il proprio malessere espresso efficacemente una volta da uno, una volta da un altro. Comprendere a fondo il dramma del paese e declinarlo verso proposte inclusive, di redistribuzione e di sviluppo economico è la vera sfida politica che attende chi sogna un’Italia diversa da quella leghista.
Rispetto a chi ha fischiato in piazza, sono più d’accordo con chi ha scritto di voler rivolgere la propria critica ai signorotti siciliani che hanno organizzato il pellegrinaggio del segretario del carroccio. Quasi tutti, peraltro, sono diventati camicie verdi solo nell’ultimo biennio, in concomitanza con l’exploit che ha portato la lega oltre il 20% su scala nazionale. Sarebbe bene valutare anche il fatto che la Lega non è esente da taluni contatti con le organizzazioni criminali. Solo per citarne alcuni, basterebbe ricordare l’assessore alla provincia di Pavia, Angelo Ciocca, registrato mentre si intrattiene in incontri con il boss ‘ndranghetista Pino Neri. Oppure Giacinto Mariani, esponente politico di Seregno, che ha accompagnato Salvini in diversi comizi elettorali, accusato dalla procura di Monza di aver favorito un imprenditore vicino ad alcune cosche calabresi. La Brianza, territorio del nord Italia dominato dalla Lega, è stata oggetto di 16 inchieste antimafia negli ultimi vent’anni. Per non parlare dei famosi 49 milioni che, secondo alcune indagini, sarebbero stati in parte riciclati verso i paradisi fiscali di Cipro e Tanzania con l’aiuto di uomini vicini al clan di Reggio Calabria. E si potrebbe andare avanti.
Ecco, a prescindere dall’esito delle attività giudiziarie, faccio un’analisi di opportunità politica. Se già il leghismo nel sud Italia è fortemente discutibile, ipocrita sul piano storico, è quantomeno inopportuno che chi professa la lotta anti-mafia a parole organizzi manifestazioni a sostegno di un movimento che ha anche numerose ombre. Ci sono tanti modi per essere convintamente di destra, senza il bisogno di sventolare la bandiera della Lega in Sicilia.