Politica

Sanità sempre meno pubblica e scuole dimensionate: lo Stato abbandona il sud

Cercasi lo Stato disperatamente. Se si sommano una serie di elementi, è oggettivo registrare un arretramento statale. Un problema nazionale ma le decisioni dei governi centrale e regionale hanno una ricaduta peggiore sul sud d’Italia. Intendiamoci: sono processi antichi, in una crisi che affonda le sue radici nell’ubriacatura liberista dagli anni Ottanta in poi. Ma la presidente Giorgia Meloni sta di fatto consolidando l’idea di uno Stato che arretra ulteriormente, rispetto ad alcuni settori chiave, in un sud privo d’occupazione e di servizi adeguati. La revoca del reddito di cittadinanza e anche le scuole dimensionate sono il segnale di un governo poco attento al sociale e che mette in secondo piano la cura dei territori. E intanto la sanità pubblica, in regioni come la Sicilia, rischia d’essere sempre di più un’utopia.

“Nel nome del risparmio, la Sicilia perderà 92 istituti e la provincia di Messina il prossimo anno ne avrà undici in meno. Un sacrificio troppo alto per la nostra città”, afferma Patrizia Donato, segretaria generale della Flc Cgil (Federazione lavoratori della conoscenza) di Messina. La dirigente evidenzia quanto “questa operazione non tenga conto della complessità territoriale della nostra provincia. Ma soprattutto sembra procedere in direzione opposta alla necessità di preservare i presidi scolastici in una realtà difficile come sono le Città metropolitane”.

Dato che la Regione siciliana non si è opposta a quanto è previsto nella legge di stabilità, con il requisito di almeno 900 studenti per mantenere gli istituti in modo autonomo, si dovrà procedere con gli accorpamenti. Oltre a quello tra “Caio Duilio” e “Jaci”, l’accorpamento tra “Villa Lina Ritiro” e “Battisti-Foscolo”, a Messina, non comporta solo un taglio di dirigente scolastico e direzione dei servizi generali e amministrativi, con figure uniche per entrambi gli istituti. In un territorio che richiede una cura particolare, come quello della scuola in via Alessandro Manzoni, nella zona medio-bassa del quartiere Giostra, perdere un punto di riferimento stabile per famiglie significa indebolire un presidio dello Stato. In questi anni, sono state tante le iniziative dell’istituto “Battisti-Foscolo”, che ha al suo interno 60 alunni con disabilità. E non sempre il risparmio è la scelta più giusta.

Addio alla sanità pubblica

Per quanto riguarda la sanità pubblica, il privato domina sempre di più. Vuoi mettere la possibilità di non fare turni massacranti, di non fare le nottate in ospedale, ancora più pesanti se non sei più giovane, ed essere pagato molto di più? Se si lavora in pochi, nelle strutture ospedaliere pubbliche, senza la possibilità di riposare adeguatamente, i rischi aumentano e la qualità della vita diminuisce notevolmente. Il privato così “conquista” i medici e in tanti abbandonano il pubblico.

Ha commentato di recente il commissario straordinario del Papardo Alberto Firenze: “Sono andati via diversi ortopedici. E da otto siamo passati a quattro, di fatto tre in sala operatoria. E i tre svolgono attività d’ambulatorio, di degenza e operatoria. L’ortopedia è un reparto d’eccellenza, punto di riferimento a Messina e provincia, ma così non può reggere. Avevo avviato mesi fa una riflessione sulla rete ospedaliera da rafforzare e le possibili sinergie con gli altri ospedali. Ma poi le scelte spettano alla Regione e non possiamo essere lasciati soli”.

In questo quadro, non ci si può meravigliare che i tempi d’attesa per un esame nel pubblico siano estenuanti e che si ricorra sempre più al privato. Il modello regionale della sanità è un fallimento e lo Stato dovrebbe riprendersi quella che è stata una nostra eccellenza mondiale. Dov’è finito il progetto di una sanità a misura di territori, per evitare che s’intasino i pronto soccorso?

Il welfare che non c’è: ecco l’incubo quotidiano dei cittadini di un Paese dove le conquiste sociali degli anni Settanta sono a rischio.