Ecco le testimonianze choc dei sopravvissuti: “1500 dollari a testa, trasportati in celle frigorifere”

“Circa due mesi addietro ho lasciato l’Eritrea a piedi per raggiungere il Sudan. Poi tramite passaggi sono giunto in Libia. Al confine tra il Sudan e la Libia alcune persone mi hanno tolto tutti gli oggetti che avevo compreso un telefono mobile. In Eritrea ero docente di Economia. Sono stato preso da alcune persone e chiuso in una fattoria dove alcuni Eritrei hanno contattato la mia famiglia che, mediante money transfer, ha pagato 1.600 dollari U.S.A. per farmi venire in Europa. Così venerdì notte con alcune autovetture siamo stati portati in una spiaggia. Alcuni libici dicevano che eravamo a Tripoli, ma non ne ho la certezza. Sono salito su un barcone, lo stesso su cui mi hanno poi trovato i soccorritori”.

Parole disperate, testimonianze strazianti, storie identiche che narrano di “viaggi della speranza” nel Canale di Sicilia, mercanti di morte, celle frigorifere utilizzate per trasportare centinaia e centinaia di persone da un posto all’altro, speranze di “libertà” che costano oltre 2mila euro e talvolta finiscono solo con la morte.

Sono stati raccolti tutti i racconti dei quasi 400 migranti che, lo scorso lunedì, sono sbarcati al molo Marconi del Porto di Messina, dopo esser stati salvati in alto mare dalla nave della Marina Militare "Michele Florio". E’ stato grazie alle loro parole che gli agenti della Squadra Mobile di Messina sono riusciti a ricostruire tutte le fasi del loro “viaggio”, i costi, i meccanismi, i “mandanti”. Ed è grazie a quella costante dichiarazione “lo scafo su cui stavamo era condotto da un tunisino” che i poliziotti sono riusciti ad inviduare in Romdhane Massaoud, 50enne, lo scafista dell’ultima spedizione, che adesso dovrà rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

“Nella notte tra venerdì e sabato – ha raccontato un altro sopravvissuto – un uomo di nazionalità libica a piedi ci ha condotto fino al mare e lì con delle piccole barche siamo stati trasportati sul barcone che successivamente ha preso il largo. Il barcone in un primo momento è stato condotto da un libico, il quale successivamente è salito su una piccola imbarcazione che la seguiva, lasciando il comando del barcone ad altri. Il libico lasciando il barcone ha spiegato ad un soggetto tunisino come si manovrava la barca…Dal momento in cui il tunisino ha preso il comando del barcone fino a quando siamo stati soccorsi in mare aperto sono trascorse circa 8-9 ore”.

Un prezzo della libertà che questi “mercanti di morte” stabiliscono in 1500 dollari per ciascun migrante, il doppio se viaggiano con mogli. Ed a questi soldi vanno talvolta ad aggiungersi i “dazi” obbligatori per passare da Stato a Stato, da città a città.

“Per il viaggio – ha raccontato un altro migrante – i nostri familiari hanno pagato 1500 dollari per ognuno di noi versandoli ad una agenzia di intermediazione finanziaria. Dopo altri 5 giorni circa, verso mezzanotte, è arrivato un uomo di nazionalità libica il quale ci ha fatto salire all’interno di un container posizionato su un camion. Dopo circa 12 ore di viaggio abbiamo raggiunto Tripoli. Preciso che i 1500 dollari, per come riferito da coloro che effettuavano il trasporto erano relativi al viaggio dal Sudan alla Libia; giunti a Tripoli, ci sono stati chiesti altri 200 dollari per ognuno di noi, per effettuare il viaggio fino all’Italia”.

Testimonianze su testimonianze, racconti di uomini trattati come bestie, costretti a spostarsi a centinaia, rinchiusi in celle frigorifere. “Siamo stati condotti a piedi sulla spiaggia – ha narrato un altro profugo – dove con delle barche di piccole dimensioni, siamo stati traghettati sul barcone che successivamente era soccorso in mare. Il barcone nel primo tratto di viaggio in mare è stato condotto da un uomo di nazionalità libica. Il libico ha condotto il natante in mare aperto per circa 3-4 ore e accanto a lui durante questo tragitto vi era sempre un soggetto di nazionalità tunisina. Quindi una barca di piccole dimensioni che ci seguiva da lontano, condotta da un altro libico si è avvicinata a noi e il libico che conduceva il barcone sul quale mi trovavo, passava a bordo dell’altra imbarcazione allontanandosi”.

E mentre per il tunisino scafista si sono già aperte le porte del carcere di Gazzi, l’attività della Polizia non si ferma. Gli operatore della Scientifica con i colleghi dell’Immigrazione stanno continuando l’attività di identificazione e foto-segnalamento. Quasi 150 migranti sbarcati lunedì, dopo esser stati ospitati in città, sono stati trasferiti in strutture della Sardegna con un volo charter, accompagnati dai poliziotti. E stamattina sono ricominciate le operazioni di sbarco per altri 328 migranti, di varie etnie, soccorsi in mare dalla nave militare islandese TYR. Tra di loro, anche 40 minori e 35 donne, tra cui 5 in stato di gravidanza. (Veronica Crocitti)