Sono ancora tanti (troppi) i giornalisti, gli intellettuali, i comici e gli artisti che individuano in Berlusconi l’origine di tutti i mali del Paese. Ed esternano questa convinzione sui media che li ospitano; benché il Cavaliere non rivesta più alcuna carica di Governo e il PdL sia un partito in fortissimo calo di consensi.
A riprova del fatto che gli opinion maker nostrani, se privati di un “nemico” potente, al quale attribuire ogni misfatto e ogni stortura di questa nostra traballante democrazia, hanno poco o nulla da dire. Così non sanno far altro che ripetere litanie ormai fuori tempo.
Questo però è solo un aspetto – e nemmeno il principale – di un tema molto più vasto, quello dell’essenza della democrazia. Sappiano tutti che esistono molteplici forme nelle quali il “popolo sovrano”, può esercitare il principio “una testa, un voto”. Alcune funzionano meglio, altre peggio. La storia e il buon senso – nonché approfonditi studi come quello del gruppo guidato da Iain Couzin, della Princeton University, dal titolo significativo “Less knowledge, more power: Uniformed can be vital to democracy” – inducono a ritenere che le fazioni estremiste, altamente politicizzate, impediscono la formazione di maggioranze (e, quindi, di Governi) solide, diventando fattori di instabilità. Ciò anche perché quando riescono a impadronirsi dei media mostrano disprezzo e sufficienza verso le posizioni degli elettori meno informati, ne influenzano gli orientamenti e li spingono verso soluzioni estreme. Sovente antidemocratiche.
Ora, che nell’ultimo decennio la maggioranza di quei giornalisti, intellettuali, comici, etc. abbia fatto di tutto per convincere il cittadino medio – per definizione, mediamente informato – che solo chi era ignorante o in malafede poteva votare Berlusconi (o Lega), è un dato inconfutabile. Migliaia di dibattiti televisivi, di pagine di giornali, di show di comici e di dimostrazioni di piazza stanno a dimostrarlo.
Si poteva stare certi che quasi tutti gli opinion maker, nelle loro prediche, avrebbero prima o poi inserito il nome del Caimano (o di Bossi). In forma fortemente critica, sprezzante o addirittura irridente.
Si poteva essere d’accordo o meno, però si trattava di attacchi al Potere e, come tali, giustificabili in un Paese che ama “correre sempre in soccorso del vincitore”.
Oggi, a mio modesto parere, non sussistono più quelle condizioni. E allora, la contestazione – o, peggio, l’irrisione – dell’avversario non possiede più quel significato di vocazione alla libertà che aveva prima. Al contrario, diventa volgare vanità di chi si accoda al pensiero maggioritario.
La passione civile si trasforma in passione incivile.
Non solo: non può né deve essere obbligatorio diventare cittadini informati e politicamente educati. Rivendico il diritto di essere politicamente disinformato e maleducato. E ho paura di chi vuole indottrinarmi ed educarmi.
A modo suo, naturalmente.
Così, alle prossime elezioni, voterò Berlusconi. Anche se non si candiderà.